Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3266 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3266 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE CARO Mario (DCR MRA 61A18 DOO5N), rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Antonio Giovanni Fusaro, elettivamente domiciliato in Roma, via Cratilo di Atene n. 32, presso lo
studio dell’avvocato Domenico Vizzone;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro tempore;
– intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro, depositato il 22 dicembre 2012.

Data pubblicazione: 12/02/2014

Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 9 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Corte d’appello di Catanzaro, De caro Mario chiedeva la
condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al
pagamento del danno non patrimoniale derivato dalla irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR
della Calabria, sede di Catanzaro nel 1997 e definito con
sentenza del Consiglio di Stato depositata il 17 dicembre
2008.
L’adita Corte d’appello dichiarava il ricorso inammissibile sul rilievo che lo stesso era stato proposto nei
confronti del Ministero della giustizia, mentre legittimato in via esclusiva doveva ritenersi il Ministero
dell’economia e delle finanze.
Per la cassazione di questo decreto De Caro Mario ha
proposto ricorso sulla base di un motivo.
L’intimato Ministero non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.

Il Collegio rileva preliminarmente che non è di

ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza,
alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte.

2

Con ricorso depositato in data 8 aprile 2009 presso la

Invero, l’art. 70, comma secondo, cod. proc. civ.,
quale risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 75
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede

davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla
legge». A sua volta l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n.
12, come sostituito dall’art. 81 del citato decreto-legge
n 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero
presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in
tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi
alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di
cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile». L’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ. stabilisce che «Il primo presidente, tranne
quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374,
assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio».
Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69
del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n.
98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e

che il pubblico ministero «deve intervenire nelle cause

la modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e
390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della
partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si

comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni
di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio
sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013.
Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento
contenuto sia nell’art. 76, comma primo, lett. b), del
r.d. n. 12 del 1941 (come modificato dall’art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013), sia nell’art. 75, comma 2,
citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ.), consenta di ritenere non solo che la detta
sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali
anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si
tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell’ufficio del pubblico mi-

tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo

nistero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma,
cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione
dell’udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre

può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del
ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse
pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai
sensi dell’art. 70, terzo comma, cod. proc. civ.
2. Nel merito, con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione degli artt. 291 cod. proc. civ.
e 4 della legge n. 260 del 1958, rilevando che il ricorso
era stato correttamente proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e solo notificato al
Ministero della giustizia, per errore dell’ufficiale giudiziario. La detta nullità della notificazione del ricorso
avrebbe dovuto essere sanata mediante rinnovazione della
notificazione all’amministrazione correttamente individuata.
3. Il ricorso è fondato, alla luce del principio affermato da Cass., S.U., n. 8516 del 2012, e condiviso dal
Collegio, secondo cui «l’art. 4 della legge 25 marzo 1958
n. 260 deve ritenersi applicabile anche quando l’errore

2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica ben

d’identificazione riguardi distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico ammesse al patrocinio
dell’Avvocatura dello Stato (nella specie, Agenzia delle
Entrate e Ministero della Giustizia),. ma, in forza

dittorio, la sua operatività è circoscritta al profilo
della rimessione in termini, con esclusione, dunque, di
ogni possibilità di “stabilizzazione” nei confronti del
reale destinatario, in funzione della comune difesa, degli
effetti di atto giudiziario notificato ad altro soggetto e
del conseguente giudizio».
Appare evidente l’errore in cui è incorsa la Corte distrettuale, atteso che dalla rilevata erronea notificazione del ricorso al Ministero della giustizia, altra conseguenza non poteva discendere se non quella di concedere
alla parte ricorrente un termine per la proposizione del
ricorso nei confronti dell’amministrazione effettivamente
legittimata e nei cui confronti il ricorso era stato proposto.
Il decreto impugnato deve essere quindi cassato, con
rinvio, per nuovo esame della domanda, alla Corte
d’appello di Catanzaro, in diversa composizione.
Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI

6

dell’ineludibile principio dell’effettività del contrad-

La Corte accoglie il ricorso,
gnato e rinvia,

cassa il decreto impu-

anche per le spese del giudizio di legit-

timità, alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione.

VI-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il
9 gennaio 2014.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

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