Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32656 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. I, 12/12/2019, (ud. 11/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – rel. Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24187/2018 proposto da:

A.D.O., elettivamente domiciliato presso l’avv.

Rosaria Tassinari che lo rappres. e difende, con procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di Bologna, depositato il

17/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/10/2019 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con decreto del 17.7.18, il Tribunale di Bologna rigettò il ricorso proposto da A.D.O., cittadino della Nigeria, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di rigetto della domanda di protezione internazionale e umanitaria, osservando che: il racconto reso dal ricorrente era inattendibile, in quanto fondato su dichiarazioni generiche e incoerenti in ordine ai motivi dell’espatrio, con contraddizioni rispetto a quanto poi affermato in sede giudiziaria; era da escludere, dunque, il riconoscimento della protezione sussidiaria (secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte: qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine – v. Cass. n. 16925/2018; Cass., n. 28862/2018); inoltre dalle fonti esaminate non si desumeva che nella regione della Nigeria, da cui proveniva il ricorrente, vi fosse una situazione di violenza generalizzata; era parimenti da non riconoscere la protezione umanitaria, non sussistendone i presupposti in ordine alle situazioni di seria e grave vulnerabilità, non rilevando a tal fine l’attività lavorativa svolta dallo stesso ricorrente per un breve periodo.

Non si è costituito il Ministero (che ha depositato un atto al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione).

Lo A. ricorre in cassazione con tre motivi.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e art. 5 per non aver il Tribunale esercitato i poteri istruttori d’ufficio in ordine ai fatti per i quali il ricorrente non è stato ritenuto attendibile.

Con il secondo motivo è denunziata la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, per non aver il Tribunale ritenuto la sussistenza di una minaccia grave alla sua vita derivante da una situazione di violenza indiscriminata, non avendo considerato quanto emerge dal sito ministeriale.

Con il terzo motivo è denunziata la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1988, art. 5, comma 6, per non aver il Tribunale esaminato compiutamente i requisiti per la protezione umanitaria, avendo omesso la verifica della situazione di vulnerabilità, mediante una valutazione comparativa tra la condizione d’integrazione raggiunta in Itala e quella che vi sarebbe in caso di rientro (con riferimento a Cass., n. 4455/18).

Il primo motivo è inammissibile.

La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, invero, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) escludendosi, in mancanza, la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti. In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona (Cass. n. 16925/2018; Cass., n. 28862/2018; Cass., n. 3340/2019).

Nel caso concreto, il Tribunale ha diffusamente ed adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali la narrazione dell’istante non è credibile, caratterizzata da incoerenze e contraddizioni ben evidenziate, nonchè generiche.

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto il Tribunale ha esaminato vari recenti report (UNHCR; HUMAN RIGHTS WATCH; EASO) dai quali si evince che nella regione della Nigeria di provenienza del ricorrente non ricorreva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato tale da porre in pericolo la popolazione civile.

Il terzo motivo è parimenti inammissibile, non avendo il ricorrente allegato specifiche situazioni integranti i presupposti della protezione umanitaria, genericamente lamentando un’omessa verifica, da parte del Tribunale, della situazione personale di vulnerabilità.

Al riguardo, questa Corte ha affermato che la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela situazioni di vulnerabilità anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico” (Cass., n. 3681/19; n. 27336/18).

Nulla per le spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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