Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32655 del 17/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 17/12/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 17/12/2018), n.32655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 81-2017 proposto da:

D.C.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IPPOLITO

NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato FORTUNA ANTETOMASO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PIETRO ALESSANDRINI;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA

CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 41/2016 del TRIBUNALE di CHIETI, del

12/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Il Tribunale di Chieti omologava, come da espletata consulenza tecnica, l’accertamento tecnico preventivo concernente i requisiti sanitari ai fini del riconoscimento della pensione di inabilità L. n. 118 del 1971, ex art. 12, nei confronti di D.C.A.M., liquidando le spese di giudizio in favore dell’Inps e ponendo a carico della richiedente le spese di consulenza;

2. Con provvedimento di correzione di errore materiale il Tribunale precisava che l’indagine sanitaria aveva consentito di accertare la condizione fisica legittimante la prestazione alla data della domanda amministrativa (15/4/2015) fino alla data del verbale definitivo della Commissione medica (1/7/2015), non ravvisando errore materiale nella statuizione relativa alla liquidazione delle spese;

3. Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione la D.C. con unico motivo, illustrato con memoria;

4. L’INPS resiste con controricorso;

5. La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con unico motivo la rìcorrente deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3). Osserva che, considerato che nel decreto di omologa, come corretto, la sussistenza dello stato di inabilità totale è stata accertata dalla domanda amministrativa al 1/7/2015, ella era risultata vittoriosa e, quindi, non poteva essere condannata al pagamento delle spese processualì che dovevano essere poste a carico della parte soccombente, comprese quelle di consulenza tecnica;

2.11 ricorso è ammissibile sulla scorta di quanto già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema in fattispecie analoga (cfr. Cass. n. 6084/14, cui si rinvia in parte qua), perchè il decreto di omologa, nella statuizione relativa alle spese, costituisce un provvedimento definitivo, di carattere decisorio, che incide indubbiamente sui diritti patrimoniali e che non è soggetto ad impugnazione in altre sedi;

3.La pronuncia sulle spese dell’accertamento tecnico preventivo, ex art. 445 bis c.p.c., è esplicitamente prevista dal cit. art., comma 5, ma deve pur sempre coordinarsi con il principio generale della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., comma 1, e con quello giurisprudenziale secondo cui in nessun caso la parte vittoriosa può essere condannata alle spese;

4.In relazione al necessario coordinamento tra condanna alle spese di lite e soccombenza, è stato affermato che “Nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’art. 91 c.p.c., dalla L. n. 69 del 2009, in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., compensare in tutto o in parte le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ma questa non può essere condannata neppure parzialmente a rifondere le spese della controparte, nonostante l’esistenza di una soccombenza reciproca per la parte di domanda rigettata o per le altre domande respinte, poichè tale condanna è consentita dall’ordinamento solo per l’ipotesi eccezionale di accoglimento della domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa” (Cass. n. 1572 del 23/01/2018);

5. E’ stato rilevato in proposito (Cass. n. 21069 del 19/10/2016) che il principio è ricavabile a contrario dell’art. 91 c.p.c., comma 1, dallo stesso periodo secondo, norma che prevede che il giudice “se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dall’art. 92”: se per giustificare la condanna dell’attore parzialmente vittorioso risulta necessario che egli abbia immotivatamente rifiutato l’offerta conciliativa proprio di quanto gli è stato parzialmente riconosciuto, ciò significa che, eccetto tale ipotesi, il sistema processuale impone che, salva facoltà di compensazione, si faccia rigorosa applicazione del principio di causalità e non si condanni mai alla rifusione delle spese chi è stato costretto a innescare la lite in modo fondato anche solo in parte;

6. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con rinvio al giudice del merito che provvederà alla regolamentazione delle spese attenendosi agli enunciati principi.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al

Tribunale di Pescara anche per le spese relative al giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2018

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