Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3264 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3264 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

ha pronunciato la seguente

riparazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LA PORTA Antonino (LPR NNN 62C08 L331F), rappresentato e
difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dagli
Avvocati Salvatore e Umberto Coronas, presso lo studio dei
quali in Roma, via Giuseppe Ferrari n. 4, è elettivamente
domiciliato;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro tempore;
– intimato –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Perugia n.
1379 del 2012, depositato il 22 novembre 2012.

Data pubblicazione: 12/02/2014

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 9 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Andrea Sgueglia con delega.

Con ricorso depositato in data 9 febbraio 2007 presso
la Corte d’appello di Roma, La Porta Antonino chiedeva la
condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al
pagamento del danno non patrimoniale derivato dalla irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR
del Veneto nel 1991 e definito con sentenza del Consiglio
di Stato depositata il 22 settembre 2005.
L’adita Corte d’appello di Roma, con ordinanza in data
12 aprile 2010, dichiarava la propria incompetenza per
territorio, indicando come competente la Corte d’appello
di Perugia.
Riassunto il giudizio dinnanzi alla Corte d’appello di
Perugia, l’amministrazione resistente eccepiva la incompetenza per territorio, indicando alternativamente la competenza della Corte d’appello di Roma o di Venezia.
L’adita Corte d’appello di Perugia, con ordinanza depositata il 22 novembre 2012, dichiarava la propria incompetenza, indicando come competente la Corte d’appello di
Trento, in quanto ai fini della individuazione del giudice
competente doveva aversi riguardo all’ufficio giudiziario

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

presso il quale il giudizio aveva avuto inizio (Cass.,
S.U., n. 6307 del 2010), che, nella specie, era il TAR del
Veneto, ricompreso nel distretto della Corte d’appello di
Venezia.

no ha proposto ricorso ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5,
cod. proc. civ., notificato il 6 febbraio 2013 e affidato
a due motivi.
L’intimato Ministero non ha svolto difese.
Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza,
il ricorrente ha dato atto che la sua domanda, proposta
dinnanzi alla Corte d’appello di Trento, è stata accolta.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l.

Il Collegio rileva preliminarmente che non è di

ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza,
alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della
Procura generale presso questa Corte.
Invero, l’art. 70, comma secondo, cod. proc. civ.,
quale risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 75
del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede
che il pubblico ministero «deve intervenire nelle cause
davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla
legge». A sua volta l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n.
12, come sostituito dall’art. 81 del citato decreto-legge

Per la cassazione di questa ordinanza La Porta Antoni-

n. 69, al primo comma dispone che «Il pubblico ministero
presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in
tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi
alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinan-

cezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di
cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile». L’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ. stabilisce che «Il primo presidente, tranne
quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374,
assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio».
Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69
del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n.
98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e
la modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e
390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della
partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si
tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo
comma, al secondo comma ha stabilito che «Le disposizioni
di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissa-

zi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad ec-

zione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio
sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto», e cioè a far data dal 22 agosto 2013.

contenuto sia nell’art. 76, comma primo, lett. b), del
r.d. n. 12 del 1941 (come modificato dall’art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013), sia nell’art. 75, comma 2,
citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art. 376, primo comma, cod.
proc. civ.), consenta di ritenere non solo che la detta
sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali
anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si
tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la
partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell’ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma,
cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione
dell’udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre
2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica ben
può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del
ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse

Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento

pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai
sensi dell’art. 70, terzo comma, cod. proc. civ.
2. Nel merito, con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli

rilevando che la Corte d’appello di Perugia, indicata come
competente dalla Corte d’appello di Roma, non poteva a sua
volta dichiararsi incompetente se non attraverso la proposizione del ricorso per regolamento di competenza
d’ufficio, trattandosi di controversia in relazione alla
quale la competenza è funzionale.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa o
insufficiente motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 91, comma primo, cod. proc. civ., dolendosi
della condanna alle spese, pronunciata sul presupposto di
una soccombenza, sia pure per motivi di competenza, di esso ricorrente.
3. Il ricorso è inammissibile.
Invero, posto che il provvedimento impugnato ha pronunciato solo sulla competenza e sulle spese, il rimedio
proponibile avverso lo stesso era il regolamento necessario di competenza e non già il ricorso ordinario di cui
all’art. 360 cod. proc. civ.
Il ricorso proposto dal ricorrente, peraltro, non è,
nella specie, convertibile in ricorso per regolamento di

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artt. 45, 47, comma quarto, e 360 n. 3 cod. proc. civ.,

competenza, atteso che lo stesso risulta essere stato proposto oltre il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento (art. 47, comma secondo,
cod. proc. civ.), avvenuta il 22 novembre 2012 (v. atte-

2009).
4. Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente
giudizio non avendo il Ministero intimato svolto attività
difensiva.
Risultando dagli atti che il procedimento in esame è
considerato esente dal pagamento del contributo unificato,
non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al comma
1-quater

all’art. 13 del testo unico approvato con il

d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. l,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – Legge di stabilità 2013).
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il
9 gennaio 2014.

stazione di cancelleria in atti; v. Cass. n. 5391 del

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