Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3264 del 09/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3264 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10594-2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente contro

PLASTIC PUGLIA s.r.1.,

in persona del legale rappresentante,

Vitantonio Colucci, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio
DAMASCELLI e Mariapia PERCHINUNNO, ed elettivamente
domiciliata presso lo studio legale del primo difensore, in Roma, alla via
Alberico II, n. 33;

– controricorrente –

8’e5
_1)8,

Data pubblicazione: 09/02/2018

avverso la sentenza n. 2389/11/2015 della Commissione tributaria
regionale della PUGLIA, depositata 1’11/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/01/2018 dal Consigliere Dott. Lucio LUCIOTTI.
RILEVATO

della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso
la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla
società contribuente avvero un avviso di accertamento ai fini IVA emesso
dall’amministrazione finanziaria in relazione all’anno di imposta 2002 sulla
scorta delle risultanze di un p.v.c. della G.d.F. da cui era emerso l’indebito
utilizzo da parte della predetta società di fatture relative ad operazioni
inesistenti, notificato in data 29/11/2012 (30/11/2012 secondo la
controricorrente);
– che i giudici di appello rilevavano la tardività della comunicazione
della notizia di reato nei confronti del legale rappresentante della società
contribuente per l’illecito di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, perché
effettuata in data 28/05/2012, quando, con riferimento al periodo di
imposta in esame (anno 2002), i termini di accertamento, sia quello
ordinario (scadente il 31/12/2007) che quello raddoppiato (scadente il
31/12/2011) ai sensi dell’art. 57, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972, erano
decorsi, ritenendo non applicabile al caso di specie la proroga di un anno
dei termini di accertamento prevista dall’art. 37 d.l. n. 223 del 2006;
ritenevano, quindi, efficace e valido il condono tombale ex art. 9 della
legge n. 289 del 2002, cui aveva aderito la società contribuente, in quanto
divenuto definitivo;
– che per la cassazione della sentenza di appello ricorre con tre motivi
l’Agenzia delle entrate, cui replica l’intimata con controricorso;

2

– che con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale

- che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod.
proc. civ. (come modificato dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con
modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), risulta regolarmente
costituito il contraddittorio;
– che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con

CONSIDERATO
– che con i motivi di ricorso la ricorrente deduce, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione
dell’art. 9 della legge n. 289 del 2002 (primo motivo), dell’art. 2, comma 5—
ter, d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148
del 2011 (secondo motivo) nonché dell’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972, così
come modificato dall’art. 37 d.l. n. 223 del 2006, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 (terzo motivo);
— che con i predetti motivi, tutti incentrati sulla questione del
raddoppio dei termini di accertamento, la ricorrente deduce che la CTR
aveva erroneamente ritenuto inapplicabile al caso di specie il raddoppio
dei termini di accertamento, di cui all’art. 57 d.P.R. n. 633 del 1972, così
come modificato dall’art. 37 d.l. n. 223 del 2006, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, per essere intervenuta la
denuncia di reato oltre il termine, anche raddoppiato, per l’accertamento;
che aveva, altrettanto erroneamente, ritenuto inapplicabile la proroga dei
termini di accertamento al 31/12/2012 disposta dall’art. 2, comma 5—ter,
d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del
2011; deduce, altresì, la ricorrente che la CTR, erroneamente
interpretando le predette disposizioni, ne aveva fatto discendere
l’applicabilità del condono ex art. 9 della legge n. 289 del 2002 anche
all’IVA, in contrasto con la giurisprudenza unionale in materia;
—che i motivi sono fondati e vanno accolti;
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motivazione semplificata;

— che, invero, la statuizione d’appello si pone in insanabile contrasto
con la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 16728 del 2016; conf. Cass.
n. 26037 del 2016) secondo cui «In tema di accertamento tributario, i
termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l’IRPEF e 57
del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella versione applicabile “ratione

insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa
sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza»; principio
giurisprudenziale ispirato a quello di fonte costituzionale di cui a Corte
cost., sentenza 25 luglio 2011, n. 247;
— che nelle citate pronunce questa Corte ha avuto cura di precisare
che «non di raddoppio dei teimini in senso proprio si tratta, bensì di un
nuovo termine di decadenza», applicabile sulla base della mera sussistenza
di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla
discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere
accertato dal giudice; il raddoppio, quindi, non è escluso dalla
configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione,
né dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando «né
l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405
c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva
emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del
giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio
penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio
2015, n. 9974)» (Cass. n. 16728/16, cit.); in pratica, il terzo comma dell’art.
57 d.P.R. n. 600 del 1973 «prevede, quale unica condizione per il
raddoppio dei termini, la sussistenza dell’obbligo di denuncia penale,
indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed
indipendentemente dal suo adempimento» (sentenza Corte cost. citata);

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temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano

—che, pertanto, è del tutto indifferente la data in cui viene effettuata
la comunicazione di notizia di reato, perché quello che invece assume
rilevanza ai fini del raddoppio dei termini di accertamento è la circostanza
che le violazioni tributarie accertate integrino fatti anche penalmente
rilevanti;

il 31/12/2012 in quanto quelli raddoppiati scadenti il 31/12/2011
andavano prorogati di un anno ai sensi dell’art. 2, comma 5—ter, ultima
parte, d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148
del 2011, secondo cui “Per i soggetti che hanno aderito al condono di cui
alla legge 27 dicembre 2002, n. 289, i tetmini per l’accertamento ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto pendenti al 31 dicembre 2011 sono
prorogati di un anno”;
—che pare opportuno precisare che l’incompatibilità del condono per
IVA ex art. 9 della legge n. 289 del 2002 con il diritto unionale
(espressamente affermata dalla Corte di Giustizia delle Comunità
europee nella sentenza resa in causa C-132/06, più volte ribadita
da questa Corte — v., ex plurimis, Cass., Sez. U. n. 20068 del
2009, poi seguita da numerosissime pronunce conformi, tra cui
Cass. Sez. U., dal n. 3673 al n. 3677 del 2010 e, delle sezioni semplici,
Cass. n. 20435 del 2014, n. 14293, n. 16754 del 2016), non possa

in alcun modo estendersi alla proroga dei termini per gli accertamenti, per
le medesime ragioni individuate da questa Corte (cfr. Cass. n. 24014 e n.
16964 del 2016) con riferimento alla proroga biennale dei termini di
accertamento disposta dall’art. 10 della legge n. 289 del 2002, stante
l’evidente identità di ratio del meccanismo di proroga, «finalizzato a
tutelare il preminente interesse dell’Amministrazione finanziaria
all’accertamento e alla riscossione delle imposte»;

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—che, inoltre, nel caso di specie i termini di accertamento scadevano

— che, da quanto detto, discende la palese erroneità dell’affermazione
della CTR, secondo cui nel caso di specie, il condono, ancorché
incompatibile con l’ordinamento unionale, era divenuto definitivo essendo
scaduti i termini per l’accertamento; affermazione errata sotto un duplice
profilo: il primo, perché, come sopra affermato, i termini di accertamento

irrimediabilmente decorsi, comunque non era il condono ad essere
divenuto definitivo, ma l’amministrazione finanziaria ad essere decaduta
dal potere di accertamento;
— che, conclusivamente, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata
va cassata con rinvio alla competente CTR per l’esame delle eventuali
questioni di merito rimaste assorbite e per la regolamentazione delle spese
del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della
Puglia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 24/01/2018
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ente
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non erano affatto scaduti; il secondo, perché, ove i termini fossero

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