Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32637 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3500/2017 R.G. proposto da:

P.C., rappresentato e difeso dall’Avv. Catalano Simone, con

domicilio eletto in Roma, via Monte Pertica, n. 39, presso lo studio

dell’Avv. Perrotti Pilade;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise

n. 354/3/16 depositata l’8 luglio 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 ottobre

2019 dal Consigliere Nicastro Giuseppe.

Fatto

RILEVATO

Che:

P.C., esercente l’attività di medico pediatra di libera scelta in convenzione con il Servizio sanitario nazionale (SSN), impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Campobasso (hinc anche: “CTP”) il rifiuto tacito della restituzione dell’IRAP versata per i periodi d’imposta 2004, 2005, 2006 e 2007, deducendo l’insussistenza del presupposto di tale imposta per la mancanza del requisito – previsto dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2 – dell’autonoma organizzazione dell’attività;

la CTP rigettava il ricorso con la motivazione che “il Dott. Pinti (…) utilizza due distinti studi, posti in due comuni differenti (Guglionesi e Termoli) e si avvale dell’opera di una dipendente fissa, con la qualifica di “collaboratore di studio””, sicchè “(g)ià l’uso, non di uno solo, ma di due studi professionali ed in due differenti località lascia propendere per l’esistenza (…) di una autonoma e ben articolata organizzazione, cui l’intervento non occasionale del lavoro subordinato di una terza persona (la collaboratrice di studio) conferisce un ulteriore elemento di funzionalità”;

il contribuente propose appello alla Commissione tributaria regionale del Molise (hinc anche: “CTR”) che dichiarò “la inammissibilità del ricorso introduttivo e rigett(ò) l’appello” con la motivazione che: “il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 dispone che il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, (…) decorsi 90 gg. dalla domanda di restituzione in caso di rifiuto tacito”, mentre “(n)el caso che occupa (…) è stato proposto addirittura oltre l’anno (…) per cui (…) deve ritenersi inammissibile” dato che “la domanda di rimborso è stata notificata il 29.09.2008 mentre il ricorso è stato proposto solo in data 22.09.2010”; “(t)ale rilievo, peraltro non rilevato dal primo Giudice, travolge ogni altra eccezione di merito”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata l’8 luglio 2016 e non notificata – ricorre per cassazione P.C., che affida il proprio ricorso, notificato il 31 gennaio -7 febbraio 2017, a cinque motivi;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 1 marzo 2017.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, per avere la CTR affermato, in contrasto con tale disposizione, la tardività e, quindi, l’inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto “proposto (…) oltre l’anno” dalla domanda di restituzione, laddove, ai sensi di detto comma 2, il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di tributi può essere proposto, dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione, “fino a quanto il diritto alla restituzione non è prescritto”, cioè, nella specie, entro il termine decennale pienamente rispettato – di prescrizione ordinaria;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che, con il ricorso introduttivo, era stato impugnato non il rifiuto espresso ma il rifiuto tacito della restituzione dell’IRAP;

con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, per avere la CTR posto a fondamento della propria decisione il rilievo d’ufficio dell’inammissibilità, per tardività, del ricorso introduttivo, senza assegnare alle parti un termine per il deposito di memorie contenenti le proprie osservazioni al riguardo;

con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,324,329 e 342 c.p.c. stesso e dell’art. 2909 c.c., per avere la CTR, in contrasto con tali disposizioni, rilevato d’ufficio l’inammissibilità, per tardività, del ricorso introduttivo, nonostante tale tardività non fosse stata nè eccepita dall’Agenzia delle entrate in primo grado, nè rilevata dalla CTP, nè oggetto di motivi di appello, sicchè sulla stessa doveva ritenersi essersi formato il giudicato interno implicito;

con il quinto motivo, il ricorrente deduce “fondatezza della domanda di rimborso e richiesta di pronuncia nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.”, in quanto, premesso che la CTR non ha esaminato il merito della causa: da un lato, l’utilizzo di due studi e l’impiego di un collaboratore di studio – unici dati di fatto considerati nella sentenza di merito della CTP – non costituiscono elementi che consentono, di per sè, di ritenere la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione dell’attività di medico pediatra di libera scelta convenzionato con il SSN necessario a integrare il presupposto dell’IRAP, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2; dall’altro lato, tale requisito è in effetti insussistente alla stregua dei costi, mai contestati, esposti nei quadri RE delle dichiarazioni per i periodi d’imposta 2004, 2005, 2006 e 2007; il quarto motivo di ricorso – che, essendo logicamente prioritario, va esaminato per primo – non è fondato;

questa Corte ha ripetutamente affermato il principio, che questo collegio condivide, che, “(i)n tema di contenzioso tributario, la decadenza del contribuente dal diritto di agire in giudizio, per inosservanza dei termini stabiliti dal D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 636l, art. 16 (applicabile “ratione temporis”), è rilevabile d’ufficio, ai sensi dell’art. 2969 c.c., trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti. Tale rilevabilità d’ufficio sussiste anche nei gradi di giudizio successivi al primo, e quindi anche in sede di legittimità, salvo che sulla questione non si sia formato il giudicato interno espresso, non essendo sufficiente ad impedire la rilevabilità d’ufficio il giudicato implicito” (Cass., 23/06/2003, n. 9952; nello stesso senso, con riferimento alla disciplina del D.Lgs. n. 546 del 1992, Cass., 13/09/2013, n. 20978);

pertanto, poichè la CTP non aveva emesso alcuna statuizione sul punto non impugnata, sicchè non si era formato il giudicato interno espresso, la CTR ben poteva rilevare d’ufficio la decadenza del contribuente dall’impugnazione del rifiuto tacito per inosservanza del termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1996, art. 21, comma 2;

il terzo motivo di ricorso – secondo in ordine di priorità logica – non è fondato;

questa Corte ha precisato che, “(i)n tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, (nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 13), se rilevate d’ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l’esercizio delle domande giudiziali” (Cass., 29/09/2015, n. 19372 e 04/03/2019, n. 6218);

nella specie, il rilievo d’ufficio dell’inammissibilità per tardività del ricorso introduttivo è stato operato dalla CTR applicando la normativa processuale – in particolare, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 – a un quadro fattuale pacifico e incontestato (presentazione della domanda di restituzione il 29 settembre 2008 e proposizione del ricorso il 22 settembre 2010);

pertanto non coglie nel segno il ricorrente nel dolersi che detto rilievo – che costituisce, dunque, una questione di esclusiva rilevanza processuale – sia stato operato dalla CTR in assenza di contraddittorio;

il primo motivo di ricorso è, invece, fondato;

il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, primo periodo, stabilisce che “(I)l ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’art. 19, comma 1, lett. g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto”;

in base al chiaro tenore letterale di tale disposizione, pertanto, una volta che, con la scadenza del novantesimo giorno dalla domanda di restituzione, si sia formato il cosiddetto silenzio-rifiuto, il ricorso avverso lo stesso può essere proposto “fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto”;

questa Corte ha chiarito che tale prescrizione decorre dalla formazione del silenzio-rifiuto ed è, nel caso del rifiuto della restituzione dell’IRAP, quella ordinaria decennale dell’art. 2946 c.c. (Cass., 22/01/2018, n. 1543);

la sentenza impugnata, con l’affermare l’inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto “proposto addirittura oltre l’anno”, ha pertanto violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, atteso che, in base a tale disposizione, e per quanto ora esposto, detto ricorso poteva essere proposto entro il termine di prescrizione ordinario di dieci anni, decorrenti da dopo la scadenza (che segna la formazione del silenzio-rifiuto) del novantesimo giorno dalla domanda di restituzione, ed era, quindi, tempestivo;

il secondo motivo, denunciando un vizio motivazione sulla stessa questione oggetto del primo motivo, resta assorbito;

anche il quinto motivo resta assorbito in quanto, a seguito dell’accoglimento del primo motivo, la CTR, cui la causa dovrà essere rinviata, dovrà provvedere sul merito di essa e, in particolare, sui non esaminati motivi di appello concernenti l'(in)esistenza, nella specie, del requisito dell’autonoma organizzazione;

in conclusione, il quarto e il terzo motivo di ricorso devono essere rigettati, il primo motivo di ricorso deve essere accolto e il secondo e il quinto motivo di ricorso devono essere assorbiti, la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale del Molise, in diversa composizione, affinchè provveda sul merito della stessa e, in particolare, sui motivi di appello, non esaminati, concernenti l'(in)esistenza, nella fattispecie, del requisito dell’autonoma organizzazione, nonchè per provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

rigetta il terzo e il quarto motivo di ricorso; accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo e il quinto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Molise, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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