Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32636 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21584/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul

lavoro (INAIL), rappresentato e difeso dagli Avv. Nunzi Maria

Letizia e Torre Bettino, entrambi dell’Avvocatura generale

dell’INAIL, con domicilio eletto in Roma, via IV novembre, n. 144,

presso la sede legale dello stesso Istituto;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 806/16 depositata il 17 febbraio 2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 ottobre

2019 dal Consigliere Nicastro Giuseppe.

Fatto

RILEVATO

Che:

l’INAIL chiese all’Agenzia delle entrate, Ufficio locale di Roma 1, la restituzione della maggiore IRAP di Euro 1.368,021,00 indebitamente versata per il periodo d’imposta 2002 a causa dell’errore materiale della mancata deduzione, nella dichiarazione modello Unico 2003, delle spese – in specie, per retribuzioni – relative al personale disabile, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 11, comma 1, lett. a), n. 5);

formatosi il cosiddetto silenzio-rifiuto sulla domanda, l’INAIL lo impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma (hinc anche: “CTP”) la quale, reputando che l’Istituto avesse adeguatamente provato, mediante “i tabulati relativi al personale cui si riferiscono le spese da portare in deduzione (nei quali) sono indicati sia il numero dei dipendenti che le categorie in cui sono inseriti”, la spettanza della deduzione e, conseguentemente, il diritto al rimborso richiesto, accolse il ricorso;

avverso tale sentenza della CTP, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale del Lazio (hinc anche: “CTR”) la quale, premesso che “Ha controversia riguarda sostanzialmente l’idoneità (o meno) della documentazione prodotta dall’INAIL (…) a giustificare la propria richiesta di rimborso”, rigettò l’appello osservando che: a) tale documentazione, “costituita, tra l’altro da un tabulato che riassume, distinti per regione, i costi retributivi del personale disabile per l’anno 2002, nonchè (da) un elenco nominativo alfabetico del personale disabile assunto ai sensi della L. n. 482 del 1968, che specifica l’origine e la relativa decorrenza giuridica dell’assunzione”, era “idonea per le finalità previste”; b) il fatto che la controversia riguardasse il silenzio-rifiuto su una domanda di restituzione presentata da un ente pubblico “in sede processuale giustificata con l’asserita carenza documentale, certamente acquisibile già nella fase amministrativa, induce a ritenere che fra i due organi della P.A. non si sia realizzata (come invece si sarebbe dovuto) ogni più proficua collaborazione istituzionale, al fine anche di evitare defatiganti contenziosi, appunto altrimenti evitabili”; c) la “decisione emessa dal primo giudice, pertanto, appare equa e condivisibile, costituendo un ragionevole punto di incontro tra le opposte pretese”; d) le “questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 17 febbraio 2016 e non notificata – ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate che affida il proprio ricorso, notificato il 19-21 settembre 2016, a due motivi;

l’INAIL resiste con controricorso, notificato il 27 ottobre 2016.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 e dell’art. 2697 c.c., per avere la CTR, in contrasto con tali disposizioni, violato i “principi (…) in tema di onere della prova nell’ambito delle richieste di rimborso”, i quali pongono a carico del contribuente l’onere di dimostrare l’inesistenza dell’obbligo di versamento del tributo;

secondo la ricorrente, in particolare, la CTR, col ritenere che il tabulato prodotto dall’INAIL – che “indica(va) unicamente varie voci di “imponibile” e “imposta”, suddivise per regioni, in base al numero dei dipendenti disabili in servizio presso i vari uffici” – costituiva prova idonea del presupposto del carattere indebito del versamento della maggiore IRAP costituito dalla disabilità dei dipendenti della stessa INAIL, ha “sotte(so) una regola diversa (da quella ricavabile dai menzionati principi), ovvero che il contribuente possa dichiarare unilateralmente e in forma aggregata l’ammontare delle pretese spese, deducibili dall’imponibile secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), n. 5, omettendo però di fornire al Fisco qualsivoglia dato da cui trarre la conferma dell’entità delle spese stesse”;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’omesso esame, da parte della CTR, del fatto decisivo per il giudizio e che era stato oggetto di discussione tra le parti che “l’Inail non ha comunicato all’Agenzia (…) le somme corrisposte a titolo di retribuzione ai propri dipendenti portatori di disabilità”, avendo “sempre e solo fornito un dato “aggregato” presentato come “imponibile” calcolato dall’Inail stesso e suddiviso in base al numero di dipendenti disabili assunti presso i propri uffici in ciascuna regione” inidoneo a consentire di “verificare la sussistenza delle condizioni per il rimborso”;

il primo motivo di ricorso è fondato;

è orientamento pacifico di questa Corte che “incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito” (ex plurimis, Cass., 30/10/2018, n. 27580, 26/10/2012, n. 18427);

tale onere del contribuente è stato costantemente affermato anche con specifico riferimento alla domanda di restituzione dell’IRAP che lo stesso contribuente assuma essere stata indebitamente versata (ex plurimis, Cass., 15/02/2019, n. 4576, 11/04/2017, n. 9325, 16/02/2007, n. 3676);

nel caso di specie, premesso che il parziale indebito versamento dell’IRAP derivava, in assunto, dalla mancata indicazione, nella dichiarazione modello Unico 2003, della deduzione delle spese per disabili prevista dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), n. 5), il fatto costitutivo del diritto al rimborso richiesto dall’INAIL era rappresentato, in particolare, dalle erogazioni di retribuzioni a dipendenti disabili;

la CTR ha ritenuto che l’onere dell’INAIL di provare tali erogazioni era stato assolto dall’Istituto mediante la produzione, oltre che di “un elenco nominativo alfabetico del personale disabile assunto ai sensi della L. n. 482 del 1968” – documento, questo, quindi anche privo di indicazioni circa le spese sostenute dall’ente per tale personale – di un tabulato (la cui prima pagina è riprodotta nel ricorso) che “riassume(va), distinti per regione, i costi retributivi del personale disabile”;

un siffatto tabulato, elaborato dall’INPS, equivale (come anche il menzionato elenco nominativo) a un’autodichiarazione dello stesso Istituto circa le retribuzioni da esso complessivamente corrisposte ai propri dipendenti disabili (sia pure suddivise per Regioni);

tuttavia, come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire in relazione a una fattispecie analoga a quella di causa, “l’efficacia probatoria dell’autodichiarazione del contribuente è esclusa in materia tributaria in virtù del principio secondo il quale l’autocertificazione ha attitudine certificativa e probatoria esclusivamente in alcune procedure amministrative, essendo viceversa priva di efficacia in sede giurisdizionale” (Cass., 09/07/2019, n. 18374 e n. 18375);

pertanto l’affermazione, su cui si basa la sentenza impugnata, dell’idoneità della menzionata documentazione – equivalente a un’autodichiarazione del contribuente e perciò priva in radice di efficacia probatoria – ad assolvere l’onere probatorio gravante sullo stesso contribuente si traduce nel sostanziale esonero da tale onere e, conseguentemente, nella falsa applicazione, in relazione alla fattispecie, dell’art. 2697 c.c.;

il secondo motivo, denunciando un vizio di motivazione sulla stessa questione oggetto del primo motivo, resta assorbito;

in conclusione, il primo motivo deve essere accolto e il secondo motivo deve essere assorbito, la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, per il riesame, oltre che per provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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