Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3263 del 10/02/2011

Cassazione civile sez. I, 10/02/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 10/02/2011), n.3263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso n. 29635/07 proposto da:

P.G., con domicilio eletto in Roma, via Giulia di

Collaredo n. C.C. 12 gen. 2011 46/48, presso l’Avv. de Paola Gabriele

che lo rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLA ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

nonchè sul ricorso n. 29638/07 proposto da:

PA.Sa., con domicilio eletto in Roma, via Giulia di

Collaredo n. 46/48, presso l’Avv. de Paola Gabriele che lo

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLA ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

nonchè sul ricorso n. 29649/07 proposto da:

S.P.E., con domicilio eletto in Roma, via Giulia di

Collaredo n. 46/48, presso l’Avv. de Paola Gabriele che lo

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELLA ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Genova

depositato il 2 ottobre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 12 gennaio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.G., Pa.Sa. e S.P.E. ricorrono per cassazione con separati ricorsi nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha rigettato il loro ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al t.a.r. Toscana dal gennaio 1996 al dicembre 2002.

L’Amministrazione non ha proposto difese.

Le cause sono state assegnate alla camera di consiglio in esito al deposito delle relazioni redatte dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con le quali sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono preliminarmente essere riuniti in quanto proposti nei confronti dello stesso decreto.

Sempre in via preliminare deve essere rilevata l’inammissibilità dei ricorsi proposti nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che non è stato parte nel giudizio di merito e che non può essere considerato successore ex art. 111 c.p.c. della Presidenza del Consiglio dei Ministri, avendo acquistato legittimazione passiva esclusiva solo per i procedimenti ex lege n. 89 del 2001 proposti successivamente all’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006.

Con i tre motivi uguali per tutti i ricorsi, che per la sostanziale unitarietà delle censure proposte possono essere trattati congiuntamente, ci si duole che il giudice del merito abbia escluso la sussistenza di un patema d’animo quale conseguenza della irragionevole durata del processo sulla sola base dell’avvenuto rigetto della domanda.

I motivi sono manifestamente fondati nei termini di seguito precisati.

Premesso che la Corte ha già enunciato il principio secondo cui “In tema di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, l’ansia e la sofferenza – e quindi il danno non patrimoniale – per l’eccessivo prolungarsi del giudizio costituiscono i riflessi psicologici che la persona normalmente subisce per il perdurare dell’incertezza sull’assetto delle posizioni coinvolte dal dibattito processuale e, pertanto, se prescindono dall’esito della lite (in quanto anche la parte poi soccombente può ricevere afflizione per l’esorbitante attesa della decisione), restano in radice escluse in presenza di un’originaria consapevolezza della inconsistenza delle proprie istanze, dato che, in questo caso, difettando una condizione soggettiva di incertezza, viene meno il presupposto del determinarsi di uno stato di disagio (nella fattispecie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso il decreto della corte d’appello che aveva negato rilevanza alla durata del giudizio avanti alla Corte dei Conti, promosso in materia di riconoscimento di miglioramenti economici sulla pensione, non dovuti secondo “massiccia, pregressa ed anche recente e recentissima giurisprudenza”)’ (Sez. 1, Sentenza n. 25595 del 22/10/2008) che è pienamente condiviso dal Collegio, alla sua applicazione alla fattispecie, così come operata dal giudice del merito, osta la carente motivazione dal momento che la Corte d’appello si è limitata ad invocare genericamente quanto emergeva dagli atti del processo amministrativo, senza tuttavia specificare, ad esempio, se il t.a.r. avesse fatto propria un’univoca giurisprudenza preesistente alla domanda, impedendo così alla Corte di valutare la congruità della decisione.

I ricorsi deve dunque essere accolti e cassato il decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte europea (che è pari a Euro 1.000 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri deve essere condannata al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti di Euro 2.930 a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni tre e mesi undici di irragionevole ritardo (detratti anni tre di ragionevole durata da quella complessiva di anni sei e mesi undici).

Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e debbono essere poste a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri mentre non si deve provvedere quanto al Ministero che non si è difeso.

P.Q.M.

la Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibili quelli nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze; accoglie i ricorsi nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 2.930, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 1.152, di cui Euro 612 per diritti, Euro 490 per onorari e Euro 50 per spese, oltre spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.100, di cui Euro 1.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2011

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