Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3263 del 07/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/02/2017, (ud. 12/01/2017, dep.07/02/2017),  n. 3263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15903-2014 proposto da:

C.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POGGIO CATINO

6, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO E GRAZIANI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SABATO TUFANO giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di POGGIOMARINO, in persona del Sindaco, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MUZIO SCEVOLA 60, presso lo studio

dell’avvocato ARTURO De AMICIS, rappresentato e difeso dall’avvocato

GENNARO ALVINO giusta mandato speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 819/2012 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA del

19/07/2012 depositata il 20/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. TAFFAELE

FRASCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

p.1. C.T. ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3 contro il Comune di Poggiomarino avverso la sentenza del 20 luglio 2012, resa in primo grado tra le parti dal Tribunale di Torre Annunziata, a seguito della declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., pronunciata dalla Corte di Appello di Bologna con ordinanza del 10 aprile 2013 riguardo all’appello contro detta sentenza.

2. Al ricorso ha resistito con controricorso il Comune di Poggiomarino.

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nel testo modificato dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità ed è stata fissata con decreto adunanza della Corte. Il decreto è stato notificato agli avvocati delle parti.

4. Il resistente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Il Collegio condivide la proposta di inammissibilità formulata dal relatore, che trova giustificazione nelle seguenti ragioni, che evidenziano che il ricorso è inammissibile in quanto proposto tardivamente.

2. Il ricorso è manifestamente inammissibile, siccome ha eccepito parte ricorrente, che ha dedotto che l’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c. venne comunicata a mezzo PEC il 12 marzo 2013.

Nella proposta del relatore ciò era stato rilevato e parte ricorrente è stata invitata a replicare, cosa che si è astenuta dal fare. Ne riesce conclamata la tardività del ricorso (si veda, ora, Cass. sez. un. n. 25622 del 2016).

3. In secondo luogo, il ricorso appare gradamente inammissibile per inidoneità del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, atteso che l’esposizione contenuta nel ricorso non rispetta i requisiti minimi che deve avere l’esposizione sommaria del fatto, allorquando si tratti di ricorso proposto contro la sentenza di primo grado, a seguito di declaratoria di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c.

Assume rilievo il principio di diritto di cui alle ordinanze gemelle nn. 8940, 8941, 8942, 8943 del 2014, secondo cui: “aa) il ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, di cui all’art. 348-ter c.p.c., comma 3 la riforma introdotta nel 2012, in quanto ricorso ordinario, regolato dall’art. 366 c.p.c. sotto il profilo dei requisiti di contenuto forma, deve necessariamente osservare fra questi quello del n. 3 della norma e, dunque, il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti della causa, con la conseguenza che, poichè la causa ha avuto corso con il giudizio di primo grado e con quello di appello, conclusosi con l’ordinanza ex art. 348 -bis, il relativo onere dev’essere adempiuto necessariamente riferendosi, sebbene in via sommaria, non solo i fatti sostanziali e processuali relativi al giudizio di primo grado, ma anche quelli relativi al giudizio di secondo grado; bb) con riferimento a questi ultimi l’esposizione dovrà riguardare in primo luogo l’indicazione di quanto evidenzi che l’appello era stato proposto tempestivamente e, dunque, quanto evidenzi che la sentenza di primo grado non era passata in cosa giudicata, nonchè l’indicazione dei motivi per i quali l’appello era stato proposto; cc) in relazione al ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado trovano applicazione gli artt. 329 e 346 c.p.c. nella misura in cui avevano inciso sull’oggetto della devoluzione al giudice d’appello.” (in senso conforme: Cass. (ord.) n. 10722 del 2014; (ord.) n. 2784 del 2015, fra tante; nonchè anche Cass. n. 12034de1 2014, cui hanno fatto riferimento i resistenti che hanno espressamente sollevato eccezione di inammissibilità del ricorso; l’orientamento è stato anche approvato e ribadito da Cass. Sez. Un. n. 10876 del 2015).

4. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro cinquemilaseicento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta Civile – 3, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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