Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32617 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 19/02/2019, dep. 12/12/2019), n.32617

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13990-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, UFFICIO MONOPOLI PER LA

(OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SNAI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CESI 44,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI MOLINARO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ITALO GALLIGANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2118/2015 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 04/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/02/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE.

Per la cassazione della sentenza n. 2118/2015 della commissione

tributaria regionale della Toscana depositata in data 4.12.2015 e

non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19 febbraio 2019 dal relatore cons. Francesco Mele.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

– La predetta sentenza – nel rigettare l’appello proposto dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), cui è succeduta ex lege l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, odierna ricorrente- confermava la sentenza della commissione tributaria provinciale di Firenze di accoglimento di più ricorsi (previa riunione dei medesimi) proposti da SNAI spa, titolare di concessione per la conduzione di apparecchi per intrattenimento, avverso altrettanti avvisi di accertamento per l’anno d’imposta 2006 relativamente ad un apparecchio di intrattenimento di cui all’art. 110 TULPS, comma 6, – con i quali era stato richiesto il pagamento di Euro 7.240,08 dovuti dal concessionario a titolo di tributo e sanzioni oltre interessi;

– Si dà atto nella sentenza della CTR che la contribuente, in sede di ricorso introduttivo del presente giudizio -premesso di essere titolare di concessione per la conduzione di apparecchi di intrattenimento – faceva presente che gli atti impositivi in questione erano stati emessi nei confronti del proprietario/gestore dell’apparecchio (oggetto di sequestro da parte dei funzionari dell’AAMS) ditta S. PLAY di S.S., e dell’esercente del “Bar ai cedri” di L.C., indicati nel verbale di sequestro quali uniche parti del procedimento; che per le apparecchiature prive di nulla osta (come nella specie) il Prelievo Erariale Unico (PREU) è dovuto solo dal soggetto installatore ovvero dal possessore o detentore, a qualsiasi titolo, con esclusione del vincolo solidale del concessionario di rete; che la L. n. 26 del 2006 (legge finanziaria 2007), essendo entrata in vigore successivamente ai verbali per cui è causa, non si applica alla presente fattispecie, che rientra invece nella previsione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, convertito dalla L. n. 326 del 2003 che non prevede che il concessionario di rete sia tenuto al versamento del PREU in quanto responsabile in solido con l’installatore della apparecchiatura ed il possessore dei locali e, comunque ed infine, che la responsabilità solidale del concessionario di rete è stata soppressa dal D.L. 1 luglio 2009, n. 78, che ha modificato la citata L. n. 296 del 2006;

– Nel confermare la sentenza di primo grado, la CTR si riporta, tra l’altro, alla circolare prot. N. 2009/37878/Giochi/ADI, citata peraltro anche dai primi giudici, laddove prevede che “mentre per gli apparecchi privi di nulla osta di esercizio l’avviso di accertamento è notificato al responsabile principale (sia esso identificato nel soggetto che ha provveduto alla installazione degli apparecchi illeciti ovvero in quello che li possiede o li detiene a qualsiasi titolo) ed al responsabile solidale (individuato nell’esercente i locali in cui tali apparecchi sono installati), nel caso di apparecchi regolarmente muniti di nulla osta ed il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo (è il caso in esame: gli apparecchi, sebbene forniti di nulla osta, non erano collegati alla rete gestita dal concessionario), l’avviso di accertamento è notificato soltanto al responsabile in via principale. Solo se tale soggetto non fosse individuato entrano, allora, in gioco i soggetti per i quali è prevista la responsabilità solidale”, per fare derivare la non accoglibilità del gravame dell’ente impositore, essendo la responsabilità del concessionario di carattere sussidiario e, come tale, ricorrente solo nel caso di impossibilità di identificazione degli altri soggetti responsabili (installatore e esercente del locale), soggetti nella specie risultanti dallo stesso verbale di accertamento e contestazione di violazione amministrativa, redatto dall’amministrazione a carico del soggetto esercente i locali e del gestore degli apparecchi medesimi;

– Per la cassazione della predetta sentenza, propone ricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, succeduta ex lege all’AAMS, affidato a due motivi;

– Resiste con controricorso SNAI spa;

– Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– L’Agenzia ricorrente denuncia con il primo motivo “Violazione e/o falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 39, comma 13 e art. 39 quater convertito dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 15, comma 8 quaterdecies, convertito dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, nonchè dell’art. 11 preleggi e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

– Il motivo è fondato, avendo la CTR fornito una applicazione errata del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, comma 2, introdotto dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 84 e successivamente modificato dal D.L. n. 78 del 2009, art. 15, comma 8 quaterdecies, nel testo integrato dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, che, nella parte che qui interessa (ultimi due periodi), così dispone: “Per gli apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui alla L. 23 dicembre 2008, n. 388, art. 38, comma 5 e successive modificazioni, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, il maggior prelievo erariale unico accertato rispetto a quello calcolato sulla base dei dati di funzionamento trasmessi tramite la rete telematica prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 14 bis, comma 4 e successive modificazioni, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dai soggetti che hanno commesso l’illecito. Nel caso in cui non sia possibile l’identificazione dei soggetti che hanno commesso l’illecito, sono responsabili in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative relativi agli apparecchi e congegni di cui al quarto periodo, il soggetto che ha provveduto alla loro installazione, possessore o detentore, a qualsiasi titolo, dei medesimi apparecchi e congegni, l’esercente a qualsiasi titolo i locali in cui sono installati e il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, qualora non siano già debitori di tali somme a titolo principale”;

– L’interpretazione della norma sopra trascritta data dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 14563 del 6.6.2018 merita di essere condivisa e quindi adottata – nei termini che meglio saranno di seguito illustrati-per decidere la presente controversia: premesso che gli avvisi di accertamento per cui è causa risalgono all’anno 2006 e che la CTR, sulla premessa dell’avvenuta identificazione degli autori dell’illecito (mancato collegamento dell’apparecchio alla rete), ha escluso la responsabilità di SNAI, in quanto di natura “sussidiaria”, si osserva che, così decidendo, il secondo giudice ha finito con l’applicare a fatti avvenuti nel 2006 una norma (quella del cit. art. 39 quater) entrata in vigore successivamente e cioè l’1 gennaio 2007; del pari (va detto per completezza) non si applica la normativa di cui al D.L. n. 78 del 2009 non avendo neppure tale ultima normativa, analogamente alla prima, efficacia retroattiva. Invero gli atti impositivi impugnati si basano sulla previsione di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, secondo cui il PREU è dovuto dal soggetto a cui l’amministrazione rilascia il nulla osta di messa in esercizio in relazione a ciascun apparecchio di gioco. E tuttavia, anche nella ipotesi che il quadro normativo descritto trovasse applicazione nel caso di specie, soccorre il principio di diritto fissato nella sentenza n. 15454 del 2018 in virtù del quale “in tema di prelievo erariale unico (c.d. PREU) sulle somme giocate mediante apparecchi da intrattenimento ex art. 110 TULPS, comma 6, in caso di esercizio illecito delle apparecchiature, sì da determinare una trasmissione in via telematica di dati di gioco difformi da quelli effettivamente realizzati, il concessionario di rete, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, comma 2, vigente ratione temporis, è responsabile in via principale per l’imposta evasa (c.d. maggior PREU) e i relativi accessori e sanzioni in caso di omessa identificazione dell’autore dell’illecito, mentre qualora quest’ultimo sia identificato, ne risponde a titolo di solidarietà.” (in senso conforme cass.13116/2018);

– L’accoglimento del primo motivo comporta che resti assorbito il secondo, con il quale la ricorrente denuncia “Violazione e/o falsa applicazione di legge: art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, art. 36 comma 2, nn. 2 e 4, art. 53 e art. 54 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”;

La sentenza va quindi cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito e rigettare l’originario ricorso;

Poichè sulla questione la giurisprudenza di questa Corte si è consolidata solo di recente, le spese del doppio grado di merito vanno compensate. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito e condanna SNAI spa al pagamento di quelle del presente giudizio che si liquidano in Euro 1.800,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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