Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32615 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 19/02/2019, dep. 12/12/2019), n.32615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8899-2014 proposto da:

R.D., elettivamente domiciliata in ROMA VIA FERDINANDO

MARTINI 9, presso lo studio dell’avvocato ANDREA EMILIO FALCETTA,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 209/2013 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 03/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/02/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE.

Per la cassazione della sentenza n. 209/03/2013 della commissione

tributaria regionale dell’Umbria.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 febbraio 2019 dal relatore cons. Francesco Mele.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

– La predetta sentenza – nel rigettare l’appello proposto da R.D. – confermava la sentenza della commissione tributaria provinciale di Perugia di rigetto del ricorso proposto dalla R. quale titolare di un esercizio commerciale avverso avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2006 relativamente ad un apparecchio di intrattenimento con danaro non collegato alla rete e non munito del prescritto nulla osta, mai rilasciato dall’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, cui è succeduta ex lege l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, odierna intimata – con il quale era stato richiesto alla contribuente il pagamento di Euro 3.347,34 comprensivi di interessi e sanzione irrogata;

– Si dà atto nella sentenza della CTR che la contribuente ha instaurato il presente giudizio per sentire che fosse esclusa la propria responsabilità in solido con la società installatrice dell’apparecchio nell’esercizio di cui era titolare – in quanto non era ancora vigente (l’anno d’imposta che interessa è il 2006) il D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater (entrato in vigore l’1.1.2007) che prevede la responsabilità solidale del titolare dell’esercizio, che risultava esclusa dalla normativa precedente (D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, nel testo vigente fino al 31.12.2006) e rivendicando la propria buona fede – fondata sulla circostanza che l’apparecchio fosse munito di nulla osta, sia pure falso – tale da fare venire meno comunque la sua responsabilità;

– Nel confermare la sentenza di primo grado, la CTR ha fatto propri, condividendoli (al pari dei primi giudici), gli argomenti esposti dall’Amministrazione, in virtù dei quali la responsabilità solidale della R. è stata ritenuta in base alla legge vigente all’epoca dell’accertamento (e non di quella che sarebbe entrata in vigore solo successivamente), tanto che la sanzione irrogata è stata del 30% e non quella compresa tra il 120% e il 240% della nuova normativa e la invocata buona fede è risultata sfornita di prova atteso che il fatto che sull’apparecchio installato figurasse il nulla osta (evidentemente falso) apposto dall’installatore avrebbe dovuto comunque indurre la R. – solo usando l’ordinaria diligenza – ad accertarsi presso l’Amministrazione circa l’effettivo rilascio del nulla osta. La CTR ha altresì richiamato i principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 334 del 19.10.2006, secondo la quale soggetto passivo del tributo, ai sensi del D.P.R. n. 640 del 1972, art. 2 – che disciplina l’imposta sugli intrattenimenti – è chiunque organizza le attività soggette all’imposta e tale è (anche) il titolare dell’esercizio che ha concorso ad organizzare le attività soggette alla imposizione. La sentenza gravata si è quindi soffermata sulla normativa per ultimo citata per confermare come alla contribuente dovesse riconoscersi la qualità di soggetto concorrente nella organizzazione della attività di intrattenimento, quale titolare dell’esercizio (in tal senso dovendosi interpretare la modalità di determinazione del corrispettivo costituito dalla partecipazione percentuale agli introiti: circostanza non contestata) e dunque – per quanto di interesse nella presente sede – di “soggetto d’imposta” ai sensi del predetto D.P.R., ex art. 2, norma contenente “i principi generali in materia di imposta sugli intrattenimenti”, non derogata in alcun modo – è la conclusione della sentenza dei secondi giudici – dalla normativa specifica (D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, nel testo vigente fino al 31.12.2006) come testimoniato dal fatto che l’Amministrazione ha calcolato le sanzioni nella misura del 30%;

– Per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso la R., affidato a sei motivi;

– L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, non costituita nei termini con controricorso, si costituisce al solo fine della eventuale partecipazione alla udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1;

– Il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Il ricorso si compone dei seguenti motivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3:

1) “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 2, come modificato dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60, in attuazione L. n. 288 del 1998”;

2) “Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, comma 2, convertito dalla L. n. 326 del 2003”;

3) “Violazione e mancata applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, convertito dalla L. n. 263 del 2003”;

4) “Violazione del principio di irretroattività”;

5) “Violazione della L. n. 689 del 1981, art. 3”;

6) “Incertezza riguardo al quantum dell’imposta riferibile all’anno 2006”.

– I motivi sub 1), 2), 3) possono essere trattati congiuntamente perchè connessi: essi appaiono fondati. La CTR ha deciso sulla base di una “interpretazione sistematica della normativa vigente alla data dell’accertamento”; prendendo le mosse dal D.P.R. n. 640 del 1972 (istitutivo della imposta sugli intrattenimenti, genericamente intesa) – in forza del quale l’esercente, come la R., in quanto soggetto che organizza gli intrattenimenti è soggetto d’imposta – finisce con il rigettare il ricorso della contribuente (confermando la sentenza di primo grado) escludendo che la normativa specifica vigente all’epoca dell’atto impositivo (anno 2006) “deroghi ai suddetti principi” per così concludere “La introduzione decorrere dall’1.1.2007 di una previsione espressa di solidarietà per il titolare dell’esercizio non vale dunque a sostenere, tramite ragionamento a contrario, la tesi della insussistenza della solidarietà sotto la normativa antecedente, apparendo piuttosto una mera e più esplicita reiterazione della previsione di responsabilità già ricavabile anche in precedenza dalla interpretazione sistematica di tutta la normativa. Il fatto che la sanzione sia stata irrogata in misura del 30% conferma che l’AAMS ha operato in base alla normativa vigente al momento dell’accertamento ed esclude qualsiasi questione circa una applicazione retroattiva della normativa attuale”. Così motivando – osserva il collegio – la stessa CTR smentisce la precedente affermazione circa l’assenza di deroghe da parte della normativa specifica rispetto ai “principi di carattere generale” di cui al D.P.R. n. 640 del 1972, dal momento che ritiene applicabile alla fattispecie la normativa vigente al tempo dell’accertamento escludendo espressamente l’applicabilità di una norma entrata in vigore successivamente, la quale ha istituito la responsabilità solidale di più soggetti (D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, comma 2, convertito dalla L. n. 326 del 2003), che rappresenta l’unico titolo giuridico legittimante (in via puramente teorica, dal momento che tale norma è vigente dall’1.1.2007, mentre l’atto in contestazione è del 2006) la pretesa fiscale nei confronti della R., la cui responsabilità deve pertanto essere esclusa “ratione temporis”. Inoltre – contrariamente a quanto ritenuto sul punto dai giudici del merito – la circostanza per cui la sanzione inflitta sia stata del 30%, e non quella maggiore prevista dall’art. 39 quater, conferma appieno come la fattispecie in contestazione ricada sotto la vigenza della originaria formulazione normativa e cioè il più volte cit. D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, (che non prevede – si ripete – responsabilità di sorta in capo all’esercente, quale è la R.) alla cui previsione, appunto, è riconducibile la misura della sanzione in concreto inflitta. La materia ha costituito oggetto di plurimi interventi legislativi succedutesi nel tempo: al D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13 (in vigore nel 2006, anno dell’atto per cui è causa) ha fatto seguito lo stesso D.L., art. 39 quater, introdotto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 83 e 84, (in vigore dall’1.1.2007) e, per ultimo, il D.L. n. 78 del 2009, art. 15, comma 8 quaterdecies, convertito dalla L. 102/2009 (per la quale responsabile principale è l’autore dell’illecito, contemplandosi la responsabilità solidale di installatore, possessore o detentore degli apparecchi, esercente dei locali, concessionario – purchè non già debitori a titolo principale – ed a condizione che “non sia possibile l’identificazione ” dell’autore principale.) Ebbene, dalla interpretazione delle leggi che si sono succedute nel tempo emerge in modo inequivocabile come il legislatore – nell’intervenire in ordine alla individuazione dei soggetti responsabili in via principale o solidale del tributo in questione – abbia, di volta in volta, ampliato ovvero ridotto l’ambito della responsabilità attraverso disposizioni alle quali non è dato in alcun modo di potere assegnare carattere retroattivo ovvero natura di interpretazione autentica con portata retroattiva, peraltro esclusa da questa Corte – va detto per completezza – con specifico riguardo al D.L. n. 78 del 2009 (cass. n. 14563 del 6.6.2018). Nè sembra conferente il riferimento, operato dalla CTR, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 334 del 19.10.2006, trattandosi di decisione che – pronunciata in sede di conflitto di attribuzioni tra Stato e Regione circa la individuazione dell’Ente cui competevano gli introiti del nuovo prelievo (PREU) – era incentrata sulla soluzione del problema presupposto concernente la individuazione della natura del prelievo (se erariale o meno). Per concludere si segnala che la presente decisione non si discosta in nulla dalla recente sentenza n. 5093/2019 vertente sul medesimo oggetto.

– I restanti motivi restano assorbiti.

– La sentenza va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, il ricorso originario va accolto.

– Le spese dei tre gradi del giudizio, attesa la novità della questione all’epoca dell’inizio della controversia, scaturita con riguardo a normativa di recente introduzione, vanno compensate per intero.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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