Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32606 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sal ricorso 22034-2014 proposto da:

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, BNP PARIBAS SA, elettivamerze

domiciliati in ROMA VIALE G. MAZZINI 11, presso lo studi.

dell’avvocato GABRIELE ESCALAR, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato VITTORIO GIORDANO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, persona del Direttore pro tempere,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 1681/2013 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di

TORINO, depositata il 24/36/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

Fatto

PREMESSO

che:

1. in relazione ad un decreto ingiuntivo emesso su ricorso della Sezione Speciale per il Credito alla Cooperazione della Banca Nazionale del Lavoro, a cui è subentrata la BNP Paribas s.a., nei confronti della società Sovalt e di tre suoi fideiussori, l’Agenzia delle Entrate liquidava l’imposta di registro in misura proporzionale con aliquota del 3% sulla condanna relativa ai fideiussori, l’imposta di registro in misura proporzionale con aliquota dell’0,50% sulla fideiussione e l’imposta di registro in misura fissa per la condanna relativa alla società;

2. la Sezione di Credito, versati gli importi e chiestone il rimborso a motivo dell’illegittimità dell’avviso, impugnava il silenzio rifiuto dell’amministrazione davanti alla commissione tributaria di primo grado di Vercelli;

3. la commissione accoglieva il ricorso ritenendo dovuta solo l’imposta di registro in misura fissa posto che la condanna derivava “da operazione di credito attratta nell’area impositiva dell’imposta sul valore aggiunto” e che “il rapporto fideiussorio è intrinseco e decisivo dell’operazione medesima e non costituisce accrescimento della base imponibile”;

4. sull’appello dell’Agenzia, la commissione tributaria di secondo grado affermava, da un lato, che sulla condanna nei confronti della società e sulla condanna nei confronti dei fideiussori era dovuta, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 21, una sola imposta (trattandosi di condanne dipendenti l’una dall’altra) con aliquota del 3% relativa alla prima in quanto “operazione non soggetta ad Iva” e affermava, dall’altro lato, che sulla enunciazione della fideiussione poteva essere applicata l’imposta di registro in misura fissa e non in misura proporzionale essendo la fideiussione esente da Iva;

5. avverso la sentenza della commissione tributaria di secondo grado proponevano ricorso, di fronte alla commissione centrale, sezione di Torino, sia l’Agenzia delle Entrate, per lamentare l’erroneità del capo relativo alla ritenuta non debenza dell’imposta proporzionale sulla enunciazione della fideiussione, sia la Sezione Speciale per lamentare l’erroneità del capo relativo alla ritenuta debenza dell’imposta proporzionale con aliquota del 3% sulla condanna, e in ragione della condanna, relativa ai fideiussori;

6. in pendenza del giudizio di fronte alla commissione centrale, l’Agenzia, riconosciuta la fondatezza della tesi avversaria quanto all’imposta proporzionale pretesa in ragione della condanna dei fideiussori, procedeva al relativo rimborso, insistendo invece sulla pretesa relativa all’imposta proporzionale sulla enunciazione della fideiussione;

7. la commissione tributaria centrale, con sentenza 24 giugno 2013, n. 1681, rigettava il ricorso della contribuente dicendo che “le doglianze esposte dalla Banca nel ricorso non possono essere accolte perchè ormai la tassabilità della fideiussione con imposta proporzionale è stata ampiamente affermata dalla giurisprudenza costante. Sulla base di quanto stabilito dalla giurisprudenza non è possibile applicare alla tassazione del decreto l’imposta fissa di registro dovendo scegliere di applicare l’imposizione più onerosa tra le due, vale a dire quella proporzionale”;

8. la società BNP Paribas ricorre per la cassazione della suddetta sentenza, sulla base di tre motivi illustrati con memoria;

9. l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo ricorso, la BNP Paribas s.a. lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma l, n. 4, la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 27 e 39, degli artt. 112,306 e 311 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46 e sostiene che la sentenza impugnata sia in parte nulla. La contribuente argomenta che la commissione avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia del contendere sul punto della non debenza dell’imposta proporzionale applicata al decreto ingiuntivo in ragione della condanna dei fideiussori giacchè l’Agenzia delle Entrate ne aveva disposto il rimborso (e richiama il rilievo svolto nelle memorie presentate alla medesima commissione in cui aveva sottolineato che “la questione oggetto del giudizio verte ormai esclusivamente sull’applicazione dell’imposta proporzionale dello 0,50% sulla enunciazione della fideiussione”);

2. il motivo è fondato e va accolto, posto che, essendo incontroverso l’avvenuto rimborso dell’imposta proporzionale di registro applicata in relazione alla condanna dei fideiussori (v. la documentazione riprodotta nella pagina 13 del ricorso per cassazione e pag. 4 del controricorso), la commissione avrebbe dovuto dichiarare, sulla specifica questione, cessata la materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse (art. 100 c.p.c.) e non avrebbe dovuto invece pronunciarsi sul merito rigettando il ricorso della contribuente;

3. il secondo motivo di ricorso – con il quale la contribuente lamenta l’illegittimità della pronuncia di rigetto del motivo di impugnazione presentato alla commissione tributaria centrale riguardo alla (non) debenza dell’imposta proporzionale applicata al decreto ingiuntivo in ragione della condanna dei fideiussori, per essere detta pronuncia in contrasto con il D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 40 e 57, del medesimo D.P.R. n. 131 del 1986, tariffa, parte prima allegata, art. 8, degli artt. 1292,1936,1944 e 1946 c.c. – resta assorbito;

4. il terzo motivo di ricorso è formulato per l’ipotesi in cui sia da ritenersi che la commissione tributaria centrale, con il rigettare l’impugnazione della contribuente, abbia accolto l’impugnazione proposta dell’Agenzia con riguardo al capo della sentenza di appello in cui era stata giudicata illegittima la tassazione con aliquota proporzionale pari allo 0,50%, della fideiussione enunciata nel decreto ingiuntivo. Con il motivo in esame la contribuente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma l, n. 4, la nullità dell’ipotetica pronuncia di accoglimento dell’avverso ricorso per totale difetto di motivazione;

5. il motivo è inammissibile posto che ha ad oggetto una pronuncia non resa in modo espresso nè ipotizzabile come resa in modo implicito con il rigetto del ricorso della contribuente. L’ipotesi è priva di base data l’assenza di connessione tra il rigetto del ricorso proposto dalla contribuente con riguardo ad un capo della pronuncia d’appello e l’ipotizzato accoglimento del ricorso dell’Agenzia relativo ad un capo della stessa pronuncia, diverso ed autonomo dal primo;

6. in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, il secondo resta assorbito, il terzo deve essere dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto dichiarandosi cessata la materia del contendere sul punto della non debenza dell’imposta proporzionale con aliquota del 3%, applicata al decreto ingiuntivo in riferimento alla condanna dei fideiussori;

7. le spese dei giudizi di merito devono essere compensate in ragione dell’evolversi della vicenda processuale;

8. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, dichiara cessata la materia del contendere sul punto della non debenza dell’imposta proporzionale con aliquota del 3%, applicata al decreto ingiuntivo in riferimento alla condanna dei fideiussori;

compensa le spese dei giudizi di merito;

condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere alla BNP Paribas s.a. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 600,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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