Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32604 del 17/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 17/12/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 17/12/2018), n.32604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20713-2013 proposto da:

REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZALE CLODIO 32, presso lo studio dell’avvocato LIDIA SGOTTO

CIABATTINI, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO TOSI, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.R. e per esso gli eredi M.M. e

B.L.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso

lo studio dell’avvocato SILVIA ASSENNATO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOIA SACCONI, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 477/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 28/05/2013, R.G.N. 786/2012;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 28 maggio 2013 la Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello della Regione Valle d’Aosta avverso la sentenza del Tribunale di Aosta, in data 28 maggio 2012, di accoglimento della domanda di M.R. – assunto, dal 2 maggio 1991, dalla Regione con contratto di diritto privato con mansioni di operaio forestale di quarto livello – volta ad ottenere la corresponsione del rimborso chilometrico, previsto dall’art. 30 del Contratto integrativo regionale, in favore degli operai e impiegati forestali, che la Regione aveva smesso di erogare dal gennaio 2011, invocando il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 6, comma 12, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122;

che la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) il D.L. n. 78 del 2010 cit., art. 6 ha dettato un complesso di disposizioni univocamente finalizzate al contenimento della spesa delle pubbliche Amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della P.A., come individuate dall’ISTAT, fra le quali pacificamente è compresa la Regione Valle d’Aosta;

b) il citato art. 6, comma 12, art. 6 stabilisce testualmente che: “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la L. 18 dicembre 1973, n. 836, art. 15 e della L. 26 luglio 1978, n. 417, art. 8 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi”;

c) nelle richiamate disposizioni si rinviene la disciplina dell’indennità chilometrica che poi è stata sostanzialmente riprodotta nell’art. 30, comma 1, del Contratto di lavoro integrativo del 2008 in favore degli operai e impiegati forestali della Regione Valle d’Aosta;

d) peraltro il successivo art. 6 cit., comma 20 precisa che le disposizioni introdotte dall’art. 6 stesso “non si applicano in via diretta alle Regioni, alle Province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica” e questo è stato ribadito anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 139 del 2012, resa sui ricorsi con i quali varie Regioni – inclusa la Regione Valle d’Aosta – hanno impugnato diversi commi del D.L. n. 78 del 2010 cit., art. 6;

e) nel proprio ricorso la Regione, fra l’altro, sosteneva – diversamente da quanto afferma in questa sede – che la corresponsione dell’indennità chilometrica ai forestali, in considerazione delle asperità del proprio territorio, era la soluzione economicamente più conveniente e meno gravosa per la spesa pubblica;

f) peraltro, la Regione ha mostrato nei fatti di non considerare la norma “vincolante” visto che ha continuato ad erogare l’indennità anche dopo la data di entrata in vigore del suddetto art. 6 (31 maggio 2010), tanto che ora, in via riconvenzionale, chiede la restituzione delle indennità corrisposte da quella data fino al 31 dicembre 2010;

g) d’altra parte, nel presente giudizio, la Regione non ha allegato e neppure provato che continuando ad erogare i rimborsi in questione non si sarebbe potuto ottenere il risparmio di spesa da conseguire;

h) inoltre è rimasta incontestata l’affermazione della difesa del lavoratore secondo cui anche nel nuovo CCNL per gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale, stipulato il 7 dicembre 2010, è stata mantenuta la medesima previsione dei rimborsi chilometrici già contenuta nel Contratto del 2008;

i) da tutto ciò discende il diritto del lavoratore ad ottenere i rimborsi chilometrici non più erogatigli dal gennaio 2011 e quindi il rigetto dell’appello;

che avverso tale sentenza la Regione Valle d’Aosta propone ricorso affidato a due motivi, al quale oppone difese M.R., con controricorso;

che a causa del sopravvenuto decesso prima di M.R. (in data 2 aprile 2014) e poi (in data 9 ottobre 2016) dell’avv. G. (detto: S.) A., originario difensore del lavoratore, si sono costituiti in giudizio M.M. e B.L.C. nella qualità di eredi di M.R., con il patrocinio degli avv.ti Silva Assennato e Gioia Sacconi, congiuntamente e disgiuntamente, con regolare atto munito di procura speciale (datato 21 dicembre 2017), nel quale si sono riportati integralmente a tutti i precedenti scritti difensivi;

che il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., chiedendo che il ricorso venga respinto, previo rigetto dell’eccezione proposta dai controricorrenti di improcedibilità per omesso deposito del contratto integrativo;

che entrambe parti depositano anche memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è articolato in due motivi;

che con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione il D.L. n. 78 del 2010, art. 6, commi 12 e 20, convertito dalla L. n. 122 del 2010 nonchè dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. l;

che con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione il D.L. n. 78 del 2010 cit., art. 6, commi 12 e 20, dell’art. 2697 c.c., degli artt. 116 e 117 Cost., della Legge Cost. n. 4 del 1948, artt. 2 e 3;

che, ad avviso della Regione ricorrente, la Corte d’appello, in primo luogo, non avrebbe considerato che le disposizioni le quali autorizzano il personale della Regione all’uso del mezzo proprio per lo svolgimento di missioni riguardano uno specifico profilo del trattamento economico dei dipendenti pubblici regionali la cui determinazione – al pari di quella del trattamento retributivo della generalità dei dipendenti pubblici, il cui rapporto di impiego sia stato contrattualizzato e sia disciplinato dalla contrattazione collettiva secondo quanto previsto dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – rientra nella competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile;

che, pertanto, la Corte territoriale non avrebbe valutato che la Regione non può sindacare le norme statali che coinvolgono tale materia e, nella specie, quelle del citato D.L. n. 78 del 2010, essendo solo tenuta ad applicarle;

che, invece, la Corte d’appello non solo ha ritenuto che le norme statali in esame non avrebbero determinato come “soluzione obbligata” quella della sospensione della corresponsione dell’indennità in questione, ma ha anche aggiunto che la Regione avrebbe avuto l’onere di provare che, per effetto della corresponsione della indennità chilometrica, non si sarebbe potuto ottenere il risparmio di spesa cui era tenuta, con ciò indirettamente sindacando la discrezionalità legislativa della Regione, che nelle leggi di bilancio aveva dato attuazione al suddetto vincolante principio di coordinamento della finanza pubblica;

che, in primo luogo, deve essere respinta l’eccezione di improcedibilità del ricorso per omesso deposito del Contratto integrativo, poichè la pronuncia cui tende il ricorso non risulta fondata sulla necessità di interpretare tale contratto – e in particolare il suo art. 30 – tanto che la suddetta norma contrattuale non viene neppure richiamata nelle argomentazioni delle censure;

che, nel merito, il ricorso non è fondato, per le ragioni di seguito esposte e in accoglimento delle conclusioni del Pubblico Ministero;

che, il ricorso nel suo complesso risulta incentrato sul rapporto fra la potestà legislativa statale e quella regionale (speciale) nella materia considerata, senza tuttavia che nel caso di specie sia stato adottato dalla Regione alcun atto legislativo che abbia riguardato l’istituto contrattuale in questione;

che, in base al costante orientamento espresso dalla giurisprudenza costituzionale, il trattamento economico dei dipendenti pubblici va ricondotto, di per sè, alla materia dell'”ordinamento civile”, prevalendo quest’ultimo ambito di competenza su ogni tipo di potestà legislativa delle Regioni (anche a statuto speciale) e delle Province autonome;

che, pertanto, la Corte costituzionale in riferimento a norme statali volte a limitare la spesa relativa al personale dello Stato, degli enti pubblici e delle società a partecipazione pubblica – che costituisce un importante aggregato della spesa di parte corrente (sentenze n. 61 e n. 23 del 2014; n. 69 del 2011 e n. 169 del 2007) – ha affermato che disposizioni legislative statali dirette al contenimento di tale spesa, attraverso l’individuazione di limiti generali e complessivi ad essa, anche con la fissazione di un tetto massimo al trattamento economico annuo onnicomprensivo del personale, sono da considerare legittima espressione della competenza legislativa riservata allo Stato dall’art. 117 Cost., comma 3, di determinazione dei principi fondamentali nella materia del “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, anche se si traducono, inevitabilmente, in limitazioni all’autonomia di spesa degli enti suddetti purchè siano indirette, cioè tali da lasciare loro ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa (sentenze n. 139 del 2012; n. 182 del 2011; n. 297 del 2009; n. 289 del 2008 e n. 169 del 2007);

che, in sintesi, lo Stato può agire direttamente sulla spesa delle proprie Amministrazioni con norme puntuali e, al contempo, dichiarare che le stesse norme sono efficaci nei confronti delle Regioni “a condizione di permettere l’estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all’esercizio dell’autonomia regionale” (sentenza n. 182 del 2011) perchè, in caso contrario, la norma statale, a prescindere dall’auto-qualificazione operata dal legislatore (sentenza n. 237 del 2009), non può essere ritenuta di principio (sentenza n. 159 del 2008);

che le norme statali di contenimento della spesa per il personale delle Pubbliche Amministrazioni cit. pacificamente riguardano anche il personale assunto con contratti di diritto privato, come M.R. (vedi, per tutte: Corte cost. sentenze n. 59 del 1997 e n. 310 del 2011 nonchè Cass. 26 giugno 2014, n. 14530);

che, con specifico riferimento al D.L. n. 78 del 2010, art. 6 la Corte costituzionale ha ritenuto la relativa disciplina conforme ai suindicati principi in quanto essa introduce puntuali misure di riduzione parziale o totale di singole voci di spesa ma, come è espressamente stabilito dall’art. 6, comma 20 medesimo, la previsione di tali misure “non esclude che da esse possa desumersi un limite complessivo, nell’ambito del quale le Regioni restano libere di allocare le risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa”, infatti il suddetto comma 20 precisa che le disposizioni di tale articolo “non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica” (sentenze n. 182 del 2011, n. 139 e 262 del 2012; n. 19, n. 36 e n. 228 del 2013);

che, quindi, è stato sottolineato che, in base all’art. 6 cit., le Regioni sono tenute a rispettare il principio – comune a tutte le misure previste – della riduzione delle spese di funzionamento amministrativo in un ammontare complessivo non inferiore a quello stabilito dallo stesso art. 6 per lo Stato, ma tale principio essendo da qualificare come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, non impone alle Regioni l’osservanza puntuale ed incondizionata dei singoli precetti di cui si compone;

che, con riguardo all’applicazione del citato art. 6 alla Regione autonoma Valle d’Aosta, si è ribadito il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui anche gli enti ad autonomia differenziata sono soggetti ai vincoli legislativi derivanti dal rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica (vedi, per tutte: sentenze n. 139 e n. 30 del 2012; n. 229 del 2011) e si è soggiunto che comunque il citato art. 6 cit., comma 20 autorizza tutti gli enti ivi menzionati a determinare, sulla base di una valutazione globale dei limiti di spesa puntuali dettati dall’art. 6 stesso, l’ammontare complessivo dei risparmi da conseguire e, quindi, a modulare in modo discrezionale, tenendo fermo quel vincolo, le percentuali di riduzione delle singole voci di spesa ivi contemplate (sentenze n. 139 del 2012 e n. 182 del 2011);

che, per quel che concerne il D.L. n. 78 del 2010, art. 6, comma 12, ultimo periodo, secondo cui “(a) decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la L. 18 dicembre 1973, n. 836, art. 15 e della L. 26 luglio 1978, n. 417, art. 8 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi”, la Corte costituzionale ha precisato che tale norma disponendo la “soppressione” delle indennità ivi previste – che sono componenti del “trattamento economico” dei dipendenti pubblici regionali, come tali rientranti nella regolamentazione del contratto di diritto privato che lega tali dipendenti “privatizzati” all’ente di appartenenza (ex plurimis, sentenze n. 77 del 2011 e n. 95 del 2007) – e stabilendo l’inderogabilità di tale soppressione, con riferimento alle clausole dei contratti e degli accordi collettivi che le prevedono, ha inciso sull’autonomia negoziale collettiva dell’intero settore del pubblico impiego, compreso quello relativo a Regioni ed enti locali, il quale, “essendo stato “privatizzato” ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2 è retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati ed è, perciò, soggetto alle regole che garantiscono l’uniformità di tale tipo di rapporti”;

che però è stato chiarito che il citato art. 6, comma 12, ultimo periodo, non comporta che le Amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della Pubblica Amministrazione (e quindi le Regioni) non possano più corrispondere le indennità chilometriche in caso di missioni di servizio effettuate dal personale contrattualizzato con mezzo proprio;

che, in particolare, si è sottolineato che dalla lettura della norma in combinazione con il successivo comma 20 si desume che il vincolo per le Regioni non è diretto ma va inserito nella determinazione complessiva del tetto massimo dei risparmi di spesa che esse devono conseguire, pertanto le Regioni restano libere di rimodulare in modo discrezionale, nel rispetto del limite complessivo, le percentuali di riduzione di questa voce come delle altre voci di spesa contemplate nell’art. 6, se per concrete esigenze di funzionamento gli effetti del divieto di corresponsione delle indennità in oggetto si rivelino contrari al principio di buon andamento (sentenze n. 139 del 2012 e n. 182 del 2011);

che, in altri termini, il comma 12, ultimo periodo, cit. deve quindi essere ricondotto al principio generale di coordinamento della spesa di cui all’art. 6 nel suo complesso;

che, in conformità con i suddetti principi, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di disposizioni legislative regionali (a volte già abrogate, ma comunque applicate medio tempore) che prevedevano la possibilità per i dipendenti regionali di utilizzare il mezzo proprio ed ottenere il relativo rimborso ma nelle quali alla genericità dell’esclusione delle spese gravanti sulle risorse del bilancio vincolato si accompagnava la mancata indicazione, da parte della Regione, dell’adozione di misure compensative, sicchè si è ritenuto che si trattasse di norme che andavano oltre i margini di discrezionalità riconosciuti al legislatore regionale dall’art. 6 cit., perchè esse, per come formulate, si ponevano in contrasto con il nucleo stesso del principio statale di coordinamento della finanza pubblica previsto dall’art. 6 cit., mirante all’abbattimento o almeno al contenimento della spesa pubblica regionale complessiva (sentenze n. 182 del 2011, n. 211 e n. 262 del 2012, n. 19, n. 36 e n. 228 del 2013);

che da quanto si è detto si desume che, pur essendo da condividere la tesi della Regione ricorrente secondo cui la disciplina in materia di autorizzazione all’uso del mezzo proprio di cui si tratta, rientra nella competenza legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile (Corte cost. sentenze n. 257 del 2016; n. 36 del 2013; n. 290 del 2012; n. 77 del 2011), tuttavia, nel caso di specie, la Regione – come espressamente rilevato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 139 del 2012, nell’esame di censure della Regione stessa al riguardo – non era vincolata a ridurre la relativa voce di spesa nella specifica percentuale indicata dall’art. 6 cit. e tanto meno a farlo attraverso la disapplicazione di un istituto retributivo confermato dalla Contrattazione collettiva nazionale di Comparto anche successiva all’entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010, come rilevato dalla Corte d’appello;

che, infatti, essendo la norma di cui al D.L. n. 78 del 2010, art. 6 da configurare, nei confronti delle Regioni, come norma contenente principi fondamentali nella materia del “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” diretti all’abbattimento o almeno al contenimento della spesa pubblica regionale, senza essere immediatamente precettiva con riguardo alle percentuali di riduzione delle singole spese, quali quelle per le indennità chilometriche, l’eventuale impatto di essa sull’autonomia finanziaria (art. 119 Cost.) ed organizzativa (art. 117 Cost., comma 4 e art. 118 Cost.) della ricorrente si traduce in una “circostanza di fatto” che, come tale, non solo non incide sul piano della legittimità costituzionale” (Corte cost. sentenza n. 40 del 2010, nonchè sentenze n. 169 del 2007 e n. 36 del 2004) ma neppure poteva consentire alla Regione Valle d’Aosta, nella qualità di datrice di lavoro, di smettere di erogare le indennità in argomento all’improvviso, limitandosi ad invocare il D.L. n. 78 cit., art. 6, comma 12, palesemente inadeguato allo scopo, secondo la costante giurisprudenza costituzionale;

che, del resto, la stessa Regione ha mostrato nei fatti di non considerare tale disposizione “vincolante” visto che ha continuato ad erogare l’indennità anche dopo la sua entrata in vigore (31 maggio 2010), tanto che nel presente giudizio, in via riconvenzionale, ha chiesto la restituzione delle indennità corrisposte da quella data fino al 31 dicembre 2010;

che, inoltre, come risulta dalla citata sentenza n. 139 del 2012, nel ricorso proposto alla Corte costituzionale, la Regione Valle d’Aosta, fra l’altro, ha sostenuto – diversamente da quanto afferma in questa sede – che, in considerazione delle asperità del proprio territorio, la corresponsione dell’indennità chilometrica ai forestali era la soluzione economicamente più conveniente e meno gravosa per la spesa pubblica;

che, nella descritta situazione, l’improvvisa e ingiustificata sospensione della corresponsione dell’indennità chilometrica, attuata in via unilaterale dalla Regione Valle d’Aosta quale datrice di lavoro all’originario ricorrente a decorrere da gennaio 2011, con richiesta della restituzione delle indennità corrisposte dal 31 maggio 2010 al 31 dicembre 2010 si pone in contrasto sia con il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 45, comma 1, nel testo applicabile “ratione temproris”, che demanda alla contrattazione collettiva la definizione del trattamento economico fondamentale ed accessorio (fatto salvo quanto previsto allo stesso D.Lgs. n. 165 cit., art.- 40, commi 3-ter e 3-quater e all’art. 47-bis, comma 1,) sia con l’art. 40, comma 3-bis medesimo decreto, secondo cui “le Pubbliche Amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, precisando che quest’ultima “assicura adeguati livelli di efficienza e produttività dei servizi pubblici, incentivando l’impegno e la qualità della performance, destinandovi, per l’ottimale perseguimento degli obiettivi organizzativi ed individuali, una quota prevalente delle risorse finalizzate ai trattamenti economici accessori” quota “collegata alle risorse variabili determinate per l’anno di riferimento”;

che le suddette osservazioni portano al rigetto del ricorso della Regione Valle d’Aosta, in quanto la sentenza impugnata risulta in sostanza del tutto conforme ai richiamati principi, dovendo puntualizzarsi che l’affermazione della Corte d’appello relativa alla omessa allegazione e prova da parte della Regione della incidenza della corresponsione della indennità chilometrica sul risparmio di spesa da conseguire – che viene specificamente contestata dalla ricorrente risulta essere priva di contenuto decisorio ed effettuata solo ad abundantiam, come tale improduttiva di effetti giuridici e, quindi, non sono suscettibile di gravame, nè di censura in sede di legittimità (fra le tante: Cass. 11 giugno 2004, n. 11160; Cass. 22 novembre 2010, n. 23635);

che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4500,00 (quattromilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2018

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