Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32602 del 17/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 17/12/2018, (ud. 17/10/2018, dep. 17/12/2018), n.32602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23645-2013 proposto da:

F.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI,

che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA

PATTERI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 509/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 26/10/2012 R.G.N. 78/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/10/2018 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GABRIELE PAFUNDI;

udito l’Avvocato SERGIO PREDEN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 26 ottobre 2012, ha respinto l’appello, proposto da F.R. nei confronti dell’INPS, avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato le domande di accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto, nel periodo 21 ottobre 1981 – 31 dicembre 1992.

2. Per la Corte territoriale non era risultata provata l’esposizione qualificata ultradecennale all’amianto, e a tanto perveniva in adesione alle conclusioni rassegnate dall’ausiliare officiato nel giudizio di primo grado, tenuto conto delle mansioni svolte dal lavoratore, operaio con mansioni di addetto all’aiuto forno, nel reparto forno e laminatorio dello stabilimento della s.p.a. Lucchini, non implicanti necessariamente l’uso dei guanti.

3. Avverso tale sentenza ricorre F.R., con ricorso affidato a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS.

4. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con i motivi di ricorso il ricorrente denuncia/violazione della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e assume che nella predetta disposizione, ancorando l’erogazione del beneficio all’esposizione ultradecennale all’amianto, non vi sia alcun riferimento ad una soglia qualificata di esposizione (primo motivo); violazione dell’art. 194 c.p.c., in relazione al divieto di assumere informazioni tra le parti, per non essere stato il consulente tecnico espressamente autorizzato ad acquisire informazioni direttamente dalle parti e per non avere la sentenza impugnata invalidato il risultato dell’anamnesi lavorativa ricostruita sull’erronea dichiarazione del lavoratore (secondo motivo); violazione dell’art. 116 c.p.c., per avere la Corte di merito apprezzato le dichiarazioni del lavoratore in termini di prova legale, e nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione alla carenza assoluta di motivazione sul punto (terzo motivo); violazione dell’art. 2372 c.c. per avere omesso di invalidare la dichiarazione confessoria del lavoratore e nullità della sentenza per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione sul punto e carenza di motivazione per l’omessa verifica delle ulteriori mansioni svolte dal lavoratore (quarto motivo).

6. La prima censura, incentrata esclusivamente sulla rivisitazione della consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di soglia rilevante o qualificata di esposizione, non involge anche critiche al segmento temporale ultradecennale decisivo per il beneficio accordato dall’ordinamento ed escluso dalla Corte di merito, con la conseguenza che diventa inutile saggiare la validità per non essere stata adeguatamente incrinata la ratio decidendi (cfr., fra le tante, in tema di esposizione qualificata ultradecennale all’amianto, Cass. 11 dicembre 2015, n. 25050; Cass. 28 settembre 2016, n.19181; Cass. 14 marzo 2017, n.6543).

7. In ogni caso, pur a fronte delle censure di error in iudicando, in realtà la parte ricorrente lamenta essenzialmente una erronea valutazione delle circostanze fattuali che, se rettamente apprezzate, avrebbero dovuto condurre ad un diverso esito, tentando di far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, tali aspetti del giudizio tutti interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attinenti al libero convincimento del giudice.

8. Inoltre risulta inammissibilmente dedotto il vizio di motivazione della sentenza impugnata perchè non collocabile nel paradigma del novellato art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5, come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, il quale prevede che la sentenza può essere impugnata per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” (v. Cass., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053 e numerose successive conformi).

9. Le Sezioni unite della Corte, con la citata sentenza n. 8053 del 2014, hanno, fra l’altro, precisato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie con la conseguenza che in sede di legittimità non è data ora (come del resto non era altrimenti data allora, vigente il testo precedente dell’art. 360 c.p.c., n. 5) la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall’apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico, ma la stessa attività di valutazione del corredo probatorio, che solo al giudice di merito compete.

10. Peraltro il nucleo della decisione non si fonda solo sulle dichiarazioni del lavoratore – il che già esclude che possano ritenersi decisive le censure svolte con i mezzi d’impugnazione per tale esclusivo profilo – sibbene su un compendio documentale che ha condotto l’ausiliare officiato in giudizio ad individuare analiticamente tutte le fasi di lavorazione e tutte le operazioni implicanti, presso la società, l’impiego di amianto, con ulteriore valutazione delle lavorazioni e del tempo in cui il lavoratore veniva a contatto con tale materiale (così la motivazione che richiama, per relationem, l’elaborato peritale).

11. Quanto alle ulteriori censure che investono la consulenza tecnica, deve richiamarsi la costante giurisprudenza di legittimità in tema di nullità della consulenza tecnica d’ufficio – ivi compresa quella dovuta all’eventuale allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – e del carattere relativo della nullità che deve essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata, con la conseguenza che non può essere denunciata come motivo d’impugnazione della sentenza (cfr., fra le tante, Cass.17 settembre 2013, n. 21149).

12. Nella specie, parte ricorrente non ha nè dedotto, nè precisato se e quando sarebbe stata eccepita la nullità della consulenza tecnica di talchè la censura difetta, sotto quest’ultimo profilo, del requisito di specificità necessario per apprezzarne l’incidenza sul processo.

13. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

14. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

15. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2018

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