Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3260 del 10/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 10/02/2021), n.3260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO LIANA MARIA TERESA – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8658-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

V.N., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE REGINA

MARGHERITA, 262, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MARSICO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRA STASI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2076/2015 della COMM. TRIB. REG. PUGLIA SEZ.

DIST. di FOGGIA, depositata il 05/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

Con atto pubblico stipulato il (OMISSIS), i coniugi V.N. e L.P. esercitavano, nei confronti dei coniugi B.G. e Br.Ma.Pa., ai sensi della L. n. 817 del 1971, art. 7, il diritto di riscatto agrario relativamente ad un fondo rustico da questi acquistato con precedente atto del (OMISSIS). V.N. aveva esercitato tale diritto con atto di citazione dell’8 marzo 2001, non avendo i coniugi B. rispettato il diritto di prelazione vantato dal riscattante in relazione all’acquisto di alcuni terreni agricoli ricadenti a confine con altri fondi di cui era proprietario. La parte riscattante, ai fini fiscali in quanto imprenditore agricolo professionale, richiedeva l’applicazione delle agevolazioni di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1. Con successivo contratto registrato il (OMISSIS), V.N. concedeva in affitto una parte dei beni riscattati, pertanto l’Ufficio contestava la decadenza dalle agevolazioni fiscali che erano state accordate in sede di stipula dell’atto di riscatto agrario, in quanto il contribuente non aveva adempiuto, nel quinquennio successivo, all’obbligo della coltivazione diretta dei fondi acquistati. Per tale motivo gli veniva notificato, in data 6 febbraio 2014, l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS), atteso che la mancata coltivazione diretta del fondo, dalla data in cui era stato esercitato il diritto di riscatto, costituiva causa di decadenza dalle agevolazioni provvisoriamente accordate. Il contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, assumendo che gli effetti dell’atto pubblico di riscatto, stipulato il (OMISSIS), retroagivano alla data del (OMISSIS), quale data in cui i precedenti acquirenti avevano acquistato i beni, con la conseguenza che non sarebbe mancata la coltivazione diretta del fondo. L’adita Commissione, con sentenza n. 2262/02/2014, accoglieva il ricorso, rilevando che gli effetti dell’atto di riscatto retroagivano alla data in cui era stato stipulato l’originario atto di compravendita con i soggetti riscattati (e cioè il (OMISSIS)). L’Agenzia delle entrate proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia che, con sentenza n. 2076/26/15, respingeva il gravame. L’Agenzia ricorre per la cassazione della sentenza svolgendo un solo motivo. V.N. si è costituito con controricorso ed ha presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, commi 1 e 4, e della L. n. 817 del 1971, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto i giudici di appello avrebbero erronamente ritenuto che gli effetti retroattivi dell’acquisto della proprietà, conseguenti all’esercizio del diritto di riscatto di cui alla L. 817 del 1917, art. 7 (c.d. prelazione reale), avessero come conseguenza che i requisiti per la conservazione del diritto alle agevolazioni spettanti all’imprenditore agricolo professionale dovessero parimenti computarsi, sotto il profilo temporale, a partire dalla data di produzione retroattiva degli effetti reali e non dalla data di esercizio del diritto di riscatto. La Commissione Tributaria Regionale avrebbe sovrapposto il piano della retroattività degli effetti reali conseguenti al positivo esercizio del diritto di riscatto insito nella prelazione c.d. agraria, che è la prelazione reale, con il piano della sussistenza dei requisiti per accedere ai benefici di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004. La sentenza erronamente affermerebbe che per “data di applicazione” si possa considerare quella in cui è stato stipulato il primo contratto (oggetto del diritto di riscatto): infatti, l’effetto reale retroattivo conseguente all’esercizio del diritto di prelazione, se indubbiamente concerne gli effetti giuridici dell’acquisto della proprietà sin dall’inizio, non potrebbe determinare altresì retroattivamente l’esistenza di un fatto materiale – la qualità di imprenditore agricolo discendente dalla coltivazione del fondo – indispensabile per la conservazione della qualità stessa. Secondo l’Ufficio la retroattività degli effetti reali, e quindi la decorrenza degli effetti giuridici di trasferimento della proprietà, non potrebbe far retroagire il momento applicativo dell’agevolazione, poichè l’applicazione stessa, dipendendo da un requisito materiale (la conduzione diretta del fondo), non potrebbe certo retroagire in quanto elemento materiale mai esistito: la conduzione diretta del fondo, infatti, pacificamente, non è mai materialmente esistita prima dell’esercizio del diritto di riscatto. L’Ufficio conclude sostenendo che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale sarebbe errata e andrebbe cassata in enunciazione del principio di diritto in forza del quale, in materia di agevolazioni agli imprenditori agricoli professionali, l’esercizio del diritto di riscatto del fondo (c.d. prelazione agraria), determina effetti retroattivi con riferimento all’acquisto della proprietà, con “la sostituzione con effetto ex tunc sulla base della propria dichiarazione unilaterale recettizia, di detto titolare al terzo nella medesima posizione che quest’ultimo aveva nel negozio concluso” ma tale retroattività non si estende agli effetti giuridici che dipendono dall’esistenza di un requisito di ordine materiale, nella specie l’esercizio diretto o associato dell’attività agricola. Conseguentemente, ai fini della applicazione del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, comma 4, secondo periodo, il termine di cinque anni non può che decorrere dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute, da individuarsi nel momento in cui il presupposto dell’agevolazione stessa si è verificato, ossia il conseguimento del requisito dell’esercizio diretto dell’attività di imprenditore agricolo, ossia dal momento della conduzione del fondo coincidente con l’esercizio del diritto di riscatto.

2. Il motivo è fondato e va accolto per i principi di seguito enunciati.

2.1. Non è contestato che il diritto di riscatto è stato esercitato con atto del (OMISSIS), sicchè si è verificata la sostituzione con effetto retroattivo nell’acquisto della proprietà a far data dal giorno (OMISSIS) (data in cui i coniugi B.G. e Br.Ma. hanno acquistato il terreno); nè è contestato che in data (OMISSIS) il contribuente ha concesso in affitto a terzi una parte dei beni riscattati.

L’Ufficio ha comunicato al ricorrente la decadenza dalle agevolazioni fiscali che erano state accordate in sede di stipula dell’atto di riscatto agrario, non avendo adempiuto nel quinquennio successivo all’obbligo della coltivazione diretta dei fondi acquistati.

Ai sensi della L. n. 604 del 1954, art. 2, comma 1, n. 1, è coltivatore diretto la persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra; più precisamente si tratta di soggetti “che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame”.

Invero, in tema di agevolazioni fiscali per la formazione della piccola proprietà contadina, tra i requisiti vi è l’obbligo di conduzione diretta del fondo, sicchè in base alla L. n. 604 del 1954, art. 7, decade dalle agevolazioni tributarie l’acquirente, il permutante e l’enfiteuta il quale, prima che siano trascorsi cinque anni dagli acquisti fatti a norma della medesima legge, aliena volontariamente il fondo o i diritti parziali su di esso acquistati, ovvero cessa di coltivarlo direttamente; in tal caso “l’acquirente, il permutante o l’enfiteuta è tenuto al pagamento dei tributi ordinari”. A questa ultima ipotesi è certamente riconducibile l’affitto del fondo oggetto di riscatto.

Questa Corte, con sentenza n. 6688 del 2014 (conf. n. 3199 del 2018), ha affermato, infatti, che: “In materia di piccola proprietà contadina, l’affitto del fondo rustico entro il quinquennio dal suo acquisto, anche se di durata limitata (nella specie 8 mesi) e strumentale ad una coltivazione intercalare (ossia, di breve ciclo all’interno della realizzazione di un prodotto dello stesso genere di più lungo ciclo), comporta la perdita delle agevolazioni tributarie, ai sensi della L. 6 agosto 1954, n. 604, art. 7, in quanto sintomatico della cessazione della coltivazione diretta da parte del proprietario, salvo che lo stesso avvenga a favore del coniuge, dei parenti entro il terzo grado e degli affini entro il secondo, che, in base al D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 11, esercitano, a loro volta, l’attività di imprenditore agricolo ex art. 2135 c.c.”.

2.2.E’ noto al Collegio l’indirizzo espresso da questa Corte secondo cui sotto il profilo fiscale, e in particolare al fine dell’applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, l’esercizio del diritto di riscatto comporta la sostituzione del riscattante nella posizione dell’originario acquirente, con effetto retroattivo (Cass. n. 14257 del 2011; Cass. SS.UU. n. 9523 del 2010).

Il principio è stato condiviso anche dall’Agenzia delle entrate, con Risoluzione 12 giugno 2012, n. 64/E, che ha ripreso quanto era già stato affermato dall’Amministrazione finanziaria con la Risoluzione 24 aprile 1987, n. 250247, rilevando che “il primo atto con quelle determinate parti più non sussiste nel mondo giuridico, onde solo il secondo atto costituisce il vero trasferimento e l’imposta non può che far carico esclusivamente ad esso ed ai veri effettivi contraenti sin ab origine, per l’effetto retroattivo del riscatto”.

Tuttavia, l’asserita retroattività non può valere per il riconoscimento dei requisiti oggettivi e soggettivi in capo al riscattante al fine dei trattamenti agevolativi, posto che il sistema normativo sulla formazione della piccola proprietà contadina è caratterizzato da indubbia finalità pubblicistica, indirizzata da una parte, alla regolamentazione di attività e rapporti e, dall’altra, al sostegno delle imprese agrarie, che si colloca all’interno della volontà di regolamentare i fenomeni economici da parte dello Stato. Le finalità pubblistiche rilevano nella necessità di assicurare lo sviluppo dell’agricoltura, il riequilibrio tra questa ed altri settori economici più forti.

Il trattamento agevolativo impone, pertanto, ai fini della fruizione del beneficio, che il beneficiario impieghi personalmente sul fondo i mezzi necessari a tale gestione, e lo utilizzi a scopo produttivo secondo le regole della buona tecnica agraria nel rispetto della destinazione economica dello stesso, sicchè gli è fatto assoluto divieto di cessare la coltivazione diretta del fondo assegnato nel quinquiennio dall’acquisto.

Tale condizione assume valenza soggettiva e non può essere delegata, nè può avere effetto retroattivo in ipotesi di esercizio di riscatto per prelazione agraria, proprio in ragione della personificazione dell’apporto nella coltivazione del fondo riscattato. Ne consegue che, anche in ragione della necessità di stretta interpretazione delle norme agevolative (art. 14 preleggi), nella specie, stante l’indubbia omessa personale conduzione del fondo prima dell’esercizio del riscatto, avvenuto in data (OMISSIS), V.N. è decaduto dal trattamento agevolativo, in quanto la condizione della coltivazione diretta nel quinquennio non può dirsi verificata, visto che dopo l’acquisto il fondo (nel 2011) è stato concesso in affitto a terzi. Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto:

“L’acquirente di un fondo rustico che abbia esercitato il diritto di riscatto agrario, avvalendosi delle agevolazioni fiscali relative all’acquisto della piccola proprietà coltivatrice, il quale, successivamente, entro il quinquennio (dall’esercizio del diritto di riscatto) affitti il bene a terzi, decade dal trattamento agevolativo, indipendentemente dal fatto che l’esercizio del diritto di riscatto comporti la sostituzione del riscattante nella posizione dell’originario acquirente con effetto retroattivo, essendo necessario, ai sensi della L. 6 agosto 1954, n. 604, art. 7, che egli provveda per cinque anni alla coltivazione diretta del fondo”.

3. La Commissione Tributaria Regionale non ha fatto buon governo dei principi espressi, ritenendo che l’acquisto ed i conseguenti requisiti per beneficiare della agevolazione “è da determinarsi ex tunc alla data del (OMISSIS), tanto per effetto della retroattività dell’acquisto”, con la conseguenza che la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, va rigettato l’originario ricorso proposto dal contribuente. Le spese di lite dei gradi di merito vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate rispetto all’epoca della introduzione della lite, mentre la parte soccombente è tenuta al rimborso delle spese di lite del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dal contribuente. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna il soccombente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidata in Euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, effettuata da remoto, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2021

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