Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3260 del 07/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/02/2017, (ud. 12/01/2017, dep.07/02/2017),  n. 3260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28221-2013 proposto da:

A.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VICENZA 17, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DI DOMENICO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO SAPORITO giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PALESTRO 64,

presso lo studio dell’avvocato FRANCO BRUGNANO, rappresentato e

difeso dagli avvocati WALTER PARISE, ELISA FONTANA giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 933/2013 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO

del 2/05/2013, depositata il 29/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

FRASCA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. A.C. ha proposto ricorso per cassazione contro F.D., avverso la sentenza del 29 giugno 2013, con cui la Corte d’Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Crotone (davanti al quale la quale la controversia, introdotta dal F. davanti al Pretore di Crotone nel luglio del 1998, era trasmigrata per la soppressione dell’ufficio pretorile), ha accolto l’appello del F. ed ordinato alla ricorrente ed agli altri due convenuti, C.F. e Ca.Le., contro i quali la domanda del F. era stata proposta, di provvedere alla rimozione di un telaio in ferro, che era stato realizzato in violazione di una pattuizione transattiva.

2. Al ricorso ha resistito con controricorso il F..

3. Essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., nei testi modificati dal D.L. n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, è stata formulata dal relatore proposta di definizione del ricorso con declaratoria di inammissibilità ed è stata fissata con decreto adunanza della Corte. Il decreto è stato notificato agli avvocati delle parti costituite.

4. Non sono state depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. Il Collegio, all’esito dell’adunanza non partecipata, condivide la proposta di definizione del relatore, nella quale si era prospettata l’inammissibilità del ricorso per le seguenti ragioni: a) inammissibilità del primo motivo per genericità (Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi) e per inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (omessa indicazione degli atti processuali inerenti il fatti costitutivi della domanda nel senso di giustificare la pretesa ultrapetizione); b) inammissibilità del secondo motivo per genericità (vengono invocate tutte le norme sull’esegesi contrattuale senza alcuna attività argomentativa specifica e senza riferimenti alla scrittura).

Nessuna osservazione è stata svolta dalla ricorrente sulle enunciazioni della proposta di definizione del ricorso ed in particolare sulla pertinenza dei precedenti colà evocati.

Pertanto, non è necessario, ai fini dell’adempimento del dovere di motivazione, aggiungere altro, se non che l’esito che merita il ricorso rende del tutto ininfluente interrogarsi sulla circostanza che esso sia stato proposto soltanto dalla A. e che non sia stato notificato alle altre due parti convenute ed appellate, cioè C.F. e Ca.Le.. Infatti, se tali soggetti rivestivano la posizione di consorti di lite ai sensi dell’art. 332 c.p.c., l’essere ormai preclusa l’impugnazione riguardo alla loro posizione renderebbe inutile provvedere ai sensi dell’art. 332 c.p.c., mentre, se, in ipotesi, rivestivano quella di consorti di lite ai sensi dell’art. 331 c.p.c., l’inammissibilità del ricorso renderebbe inutile comunque l’ordine di integrazione ai sensi dell’art. 331 c.p.c.

2. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro tremilacento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 12 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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