Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32597 del 17/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 17/12/2018, (ud. 04/10/2018, dep. 17/12/2018), n.32597

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10580-2015 proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI n.

44/46, presso lo studio degli avvocati MATTIA PERSIANI, GIOVANNI

BERETTA, che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICA PATERNO’, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati FRANCO TOFFOLETTO, RAFFAELE DE

LUCA TAMAJO, ANDREA MORONE, ENRICA SENINI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 392/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/10/2014 R.G.N. 158/2014.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza n. 392/2014, ha respinto l’appello proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto la domanda del rag. S.E. finalizzata alla rideterminazione della misura della pensione di anzianità allo stesso spettante con decorrenza 1.12.2003, sul presupposto dell’illegittimità della delibera della Cassa del 22 giugno-23 novembre 2002 (e del 20 dicembre 2003), sulla cui base la pensione era stata liquidata, in quanto in contrasto con il principio del pro rata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12;

la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, resistiti da controricorso del S.;

la Cassa ha infine depositato memoria ex art. 380-bis1 c.p.c. con la quale ha affermato di prendere atto dei principi enunciati da Cass. S.U. 8 settembre 2015, n. 17742, insistendo per la compensazione delle spese del giudizio, stante la novità della questione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

il primo motivo di ricorso ha addotto, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, ed in relazione alla norma di interpretazione autentica di cui alla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, mentre con il secondo motivo si è sostenuto, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del medesimo L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, con riferimento alle modalità di applicazione del pro rata, erroneamente eseguito applicando il solo criterio previsto della Delibere della Cassa previgente (in sostanza, la delibera del 1997) e senza tenere conto di ogni singolo criterio via via modificato nel tempo;

si tratta di motivi infondati, essendosi ritenuto che “in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. n. 509 del 1994 (quale la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali), per i trattamenti maturati prima del 1 gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime originario della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, sicchè non trovano applicazione le modifiche in peius per gli assicurati introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’attenuazione del principio del “pro rata” per effetto della riformulazione disposta dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, come interpretata dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488″ (Cass. 8 settembre 2015, n. 17742; Cass. 16 settembre 2015, n. 18136) ed altresì, in relazione al secondo motivo, che il principio del pro rata “non deve essere inteso con l’ampiezza voluta dalla ricorrente, al punto di applicare ogni singolo criterio di calcolo via via modificato nel tempo a partire dalla L. n. 160 del 1963, poi seguita dalla L. n. 1140 del 1970, quindi dalla L. n. 414 del 1991” (Cass. 17742/2015 cit.);

il ricorso va quindi rigettato;

la mera presa d’atto della Cassa dei principi di diritto stabiliti dalle sopravvenute decisioni delle Sezioni Unite, di cui alla memoria ex art. 380-bis1 c.p.c. depositata, non integrando neppure una formale rinuncia al ricorso, non appare sufficiente a giustificare la richiesta compensazione delle spese del giudizio di legittimità, che vanno dunque regolate secondo soccombenza e con la richiesta distrazione in favore degli avv.ti Raffaele De Luca Tamajo, Franco Toffoletto, Andrea Morone e Federica Paternò.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge, con distrazione in favore dei difensori antistatari.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2018

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