Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3259 del 12/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3259 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANNA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 14052-2011 proposto da:
MIGNUOLI PASQUALINA MGNPQL75S65Z112H, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DELLE ACACIE 13, presso il CENTRO CAF, (presso l’avvocato DI
GENIO GIANCARLO), rappresentata e difesa dall’avvocato AMATO FELICE, giusta
procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Direttore Centrale Pensioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

Data pubblicazione: 12/02/2014

R.G. n. 14052/11
Ud. 14.11.13
Mignuoli c. INPS

rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO

– resistente avverso la sentenza n. 537/2010 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del
5.5.2010, depositata il 24/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MANNA;
udito per il resistente l’Avvocato Antonietta Coretti che ha chiesto il rigetto del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIANFRANCO SERVELLO
che si riporta alla relazione scritta.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione
ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
tt

1.

– Con sentenza depositata il 24.5.10 la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma

della pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede, condannava l’INPS a pagare a Pasqualina
Mignuoli le spese del giudizio di primo grado (avente ad oggetto il diritto della ricorrente alla
reiscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli del Comune di residenza e la condanna dell ‘INPS a
pagarle il trattamento speciale di disoccupazione agricola) e disponeva la compensazione integrale
fra le parti di quelle del secondo.
2. – Per la cassazione, in ordine al governo delle spese, di tale sentenza ricorre la Mignuoli
affidandosi a tre motivi.
2.1. – L’INPS non ha svolto attività difensiva.
3. — Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.,
della legge n. 794/42, dell’art. unico legge n. 1501/57, nonché delle tariffe professionali vigenti,
nella parte in cui l’impugnata ha espunto dalla nota spese i diritti di “richiesta copia sentenza”,
accesso ufficio e ritiro copia detta”, “notifica sentenza”, “accesso ufficio e ritiro atto notificato
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TRIOLO, EMANUELE DE ROSE, giusta procura in calce al ricorso notificato;

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Mignuoli c. INPS

detto”, “esame relazione notifica” e “ritiro fascicolo” in quanto relativi ad attività successive alla
sentenza di primo grado: in realtà, si obietta in ricorso, si tratta di voci pur sempre concernenti il

di quello dell’esecuzione.
3.1 — Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 4 legge
n. 794/42 in combinato con l’art. 60 r.d.l. 1578/33 e dell’art. 91 c.p.c., nonché vizio di motivazione,
laddove l’impugnata sentenza ha ridotto della metà l’onorario di avvocato considerato il carattere
seriale della controversia e la semplicità della materia.
3.2. – Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92
c.p.c. nonché vizio di motivazione, nella parte in cui la Corte territoriale ha compensato per intero
le spese del giudizio di appello per non meglio precisati “giusti motivi, collegati alle questioni
trattate, alla natura della controversia in questo grado ed all’unicità dell’argomento devoluto”.
4. — Il primo motivo è manifestamente fondato.
Le voci de quibus, pur se successive alla sentenza di primo grado, sono ad esse necessariamente
consequenziali e, quindi, devono essere liquidate dal giudice di prime cure o, in mancanza, da
quello d’appello. Invero, la condanna al pagamento delle spese processuali comprende anche le
spese conseguenti alla sentenza – la quale, pertanto, costituisce titolo esecutivo non soltanto per le
somme liquidate, ma anche per le spese successive e necessarie per la realizzazione della volontà in
essa espressa (cfr. Cass. 9.7.69 n. 2525; in senso sostanzialmente conforme v. altresì Cass. 9.7.75
n. 2671).
Altro precedente di questa S. C. (Cass. 5.12.83 n. 7261), secondo il quale le spese processuali
attinenti ad anticipazioni e attività difensive successive e consequenziali alla sentenza di primo
grado (come quelle per esame avviso deposito sentenza, esame sentenza, etc.) sono relative al
giudizio di appello e, quindi, devono essere liquidate dal giudice di secondo grado, deve essere
inteso non già nel senso che tale liquidazione sia interdetta al giudice di prime cure, ma nel senso
che, ove non sia avvenuta, ad essa può e deve provvedere il giudice del gravame.
Prevederne la liquidabilità soltanto ad opera del giudice d’appello è opzione interpretativa
inesatta: non considera né il carattere meramente eventuale dell’impugnazione né il rilievo che
adempimenti come quelli inerenti ai diritti in discorso servono anche soltanto a fini esecutivi o a

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processo di cognizione e, in quanto tali, da liquidarsi ad opera del giudice della cognizione e non

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far decorrere il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. e che altri, come la registrazione della
sentenza, sono fiscalmente dovuti.

recupero resterebbe precluso alla parte totalmente vittoriosa (cui siano state riconosciute le spese
di lite in ossequio alla regola della soccombenza di cui all’art. 91 co. 1° c.p.c.) che, proprio in
quanto tale, non può impugnare per carenza di interesse.
Né il pagamento di tali diritti di procuratore può essere affidato alla mera richiesta avanzata
dalla parte vittoriosa in occasione della notifica del precetto, atteso che nulla esclude che il
soccombente paghi prima – e spontaneamente – tutto quanto sia stato liquidato in sentenza, così
facendo venire meno, in radice, la possibilità stessa di intimare il precetto.
Né, infine, sarebbe logicamente ipotizzabile un sistema che prevedesse una sorta di
impugnazione necessitata al solo fine di far liquidare dal giudice d’appello taluni diritti di
procuratore che si supponga, in tesi, non liquidabili dal giudice di primo grado.
4.1. – Il secondo motivo è manifestamente fondato.
Già altre volte la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha affermato che il giudice ha
l’obbligo di motivare espressamente la propria decisione, con riferimento alle circostanze di fatto
del processo, e non può, per converso, limitarsi ad una pedissequa enunciazione del criterio legale
(v. Cass. 9.6.2006 n. 13478; Cass. 4.8.2009 n. 17920), ovvero – come verificatosi nel caso di specie
– alla semplice aggiunta di un elemento estrinseco, meramente indicativo, quale l’identità delle
questioni e quindi il carattere ripetitivo della controversia (v., in particolare, Cass. 20.6.2007 n.
14311• Cass. 21.11.2008 n. 27804; Cass. 26.7.2010 n. 17508). Né l’obbligo di motivazione è
escluso per effetto dell’art. 4 legge n. 794/42 che, nel prevedere la riduzione dei minimi tariffari per
le controversie di particolare semplicità, dispone che la riduzione degli onorari non possa superare
il limite della metà; tale disposizione, invero, integra la previsione contenuta nel comma 5 0 dell’art.
60 r.d.l. n. 1578/33, indicando il limite massimo della riduzione degli onorari e dunque presuppone
che questa sia stata motivata (cfr., riguardo al collegamento fra le due disposizioni, Cass. 21.11.08
n. 27804; Cass. 26.10.74 n. 3179).
4.2. —11 terzo motivo è manifestamente fondato.
In tema di spese giudiziali, i giusti motivi da indicarsi esplicitamente nella motivazione, in
presenza dei quali, ai sensi dell’art. 92 co. 2° c.p.c. (nel testo introdotto dall’art. 2 legge 28.12.05 n.
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D’altronde, se davvero tali voci non fossero liquidabili se non dal giudice d’appello, il loro

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263), il giudice può compensare, in tutto o in parte, le spese del giudizio non possono essere tratti
dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato né dalle particolari disposizioni

natura della controversia, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della
controversia decisa (cfr. Cass. 15.12.11 n. 26987; Cass. 13.7.11 n. 15413).
Ancor meno la compensazione delle spese può giustificarsi, nel predetto regime, con il valore
esiguo della causa, che si traduce – in specie ove l’importo delle spese sia tale da superare quello
del pregiudizio economico che la parte abbia inteso evitare agendo in giudizio facendo valere il
proprio diritto – in una sostanziale soccombenza di fatto della parte vittoriosa, con lesione del
diritto di agire in giudizio e di difendersi ex art. 24 Cost. (Cass. 10.6.11 n. 12893).
5. – Per tutto quanto sopra considerato, si
PROPONE
l ‘accoglimento del ricorso, con ordinanza ai sensi dell’art. 375 n. 5 c.p.c.”.
H – Ritiene questa Corte di condividere l’accoglimento del primo motivo di ricorso e di rigettare
il secondo (con assorbimento del terzo), in quanto l’impugnata sentenza ha congruamente motivato
in ordine alla riduzione dell’onorario di avvocato.
Per l’effetto, la gravata pronuncia va cassata in relazione al motivo accolto. Non essendo
necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, ex art. 384 co. 2° c.p.c. si decide nel merito
condannando l’INPS al pagamento di ulteriori € 119,00 per diritti relativi al giudizio di 1° grado e
così complessivamente si rideterminano le spese del 1° grado medesimo in € 1.389,00 per diritti e
in € 530,00 per onorari, oltre accessori come per legge.
III — Il parziale accoglimento del ricorso consiglia di compensare per metà le spese delò giudizio
d’appello e di quelle di legittimità, che per la restante metà seguono la soccombenza dell’INPS e si
liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte
accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna l’INPS al pagamento di
ulteriori € 119,00 per diritti relativi al giudizio di 1° grado e così complessivamente ridetermina le
spese del 1° grado medesimo in € 1.389,00 per diritti e in € 530,00 per onorari, oltre accessori come
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processuali che lo regolano o dalla semplicità della materia del contendere o, genericamente, dalla

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per legge. Compensa per metà le spese del giudizio di appello e del presente giudizio di legittimità
(spese che liquida per intero, quanto al giudizio di appello, in € 1.230,00 di cui € 200,00 per diritti

compensi professionali) e pone la residua quota a carico dell’INPS e in favore del ricorrente, con
attribuzione all’avv. Felice Amato, antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.11.13.

ed € 1.000,00 per onorari e, quanto al presente giudizio, in € 100,00 per esborsi ed € 1.500,00 per

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