Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3259 del 07/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 07/02/2017, (ud. 17/11/2016, dep.07/02/2017),  n. 3259

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15693-2014 proposto da:

CONDOMINIO VIA (OMISSIS), in persona del suo Amministratore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA

S. ANDREA DELLA VALLE 3, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

MELLARO, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

NEW FORM SA, in liquidazione, in persona del liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 79, presso lo

studio dell’avvocato PIO CORTI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIAN PAOLO FASSI, PIERANDREA FASSI giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2308/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

16/03/2013, depositata il 23/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2016 dal Presidente Relatore Dott. MANNA FELICE;

udito l’Avvocato LARA DENTICI (delega Mellaro) difensore del

ricorrente che si riporta agli scritti e chiede la fissazione in

p.u. ed in subordine la rimessione alle SS.UU. o Corte

Costituzionale;

udito l’Avvocato FASSI Pierandrea difensore della controricorrente

che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380-bis e 375 c.p.c.:

“1. – Con citazione del 9.11.1994 il condominio di (OMISSIS), conveniva in giudizio innanzi al Tribunale locale l’Impresa C.P. s.a.s. e la Cooperativa Edilizia 2000, chiedendone la condanna al risarcimento di danni arrecati al fabbricato condominiale. Non essendosi costituiti nè i convenuti nè il condominio, quest’ultimo riassumeva la causa contro entrambe le parti convenute entro il termine di cui all’art. 307 c.p.c. Tuttavia nei confronti della ditta P. la notifica non andava a buon fine, in quanto la persona reperita in loco dall’ufficiale giudiziario rifiutava la consegna dell’atto e così dichiarava: “l’impresa P. non esiste più essendo la ragione sociale cambiata in P. Costruzioni s.p.a. la cui sede legale è stata trasferita altrove”.

Costituitasi la sola cooperativa convenuta, il giudice disponeva il rinnovo della notificazione all’impresa P.; notificazione che era effettuata quindi nei confronti della Desa Seconda s.p.a., che nelle more aveva incorporato l’Impresa C.P. s.a.s.

Nel costituirsi, la Desa Seconda s.p.a. eccepiva l’estinzione del giudizio, in quanto tale seconda notificazione era avvenuta oltre l’anno. Il Tribunale dapprima rigettava l’eccezione con sentenza non definitiva; quindi, con sentenza definitiva condannava detta società al risarcimento del danno nei confronti del condominio attore.

1.1. – L’appello proposto contro entrambe le sentenze dalla New Form s.a., società che nelle more aveva incorporato la (Minosse 2005 s.r.l. con la quale si era fusa la) Desa Seconda s.p.a., era accolto dalla Corte distrettuale di Roma, che con sentenza n. 2308/13 dichiarava l’estinzione del giudizio. Osservava detta Corte che nel processo di primo grado la notificazione alla Desa Seconda s.p.a. era avvenuta non entro il termine perentorio concesso dal giudice fino al 17.4.1996 ai sensi dell’art. 291 c.p.c. per rinotificare l’atto di riassunzione, ma nel successivo mese di dicembre dello stesso anno ed entro un ulteriore term;rie che il Tribunale aveva erroneamente concesso fino al 30.1.1997. Ciò era avvenuto sul fallace presupposto, indotto dalle dichiarazioni rese dal difensore del condominio all’udienza del 17.4.1996, che entro il primo termine ex art. 291 c.p.c. fosse stata tentava invano la notificazione e che l’esito negativo fosse stato quello di cui alla relata sopra riprodotta (“l’impresa P. non esiste più essendo la ragione sociale cambiata in Pessina Costruzioni s.p.a. la cui sede legale è stata trasferita altrove”); la quale, invece, si riferiva al primo tentativo di notifica dell’atto di riassunzione. Pertanto, concludeva la Corte d’appello, la concessione di tale nuovo termine ai sensi dell’art. 291 c.p.c. era avvenuta erroneamente, nè detto termine avrebbe potuto essere prorogato data la sua natura perentoria.

2. – Per la cassazione di tale sentenza il condominio di via (OMISSIS) propone ricorso, affidato ad un motivo.

2.1. – Resiste con controricorso la New Form s.a.

(La Cooperativa Edilizia 2000 non è stata parte del giudizio d’appello).

3. – Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 291 c.p.c., in relazione all’art., 360 c.p.c., n. 4. Sostiene parte ricorrente che la concessione del secondo termine di cui all’art. 291 c.p.c. sarebbe avvenuta in forza d’un valido motivo, in quanto in occasione della prima notifica dell’atto di riassunzione il soggetto che aveva rifiutato di ricevere l’atto aveva reso all’ufficiale giudiziario una dichiarazione non veridica, lì dove aveva riferito che l’Impresa C.P. s.a.s. era stata trasformata in Pessina Costruzioni s.p.a., mentre, al contrario, essa era stata incorporata nella Desa Seconda s.p.a. (tant’è che era stata quest’ultima società a costituirsi poi in giudizio). Il che aveva indotto in errore il condominio richiedente.

4. – Il motivo è manifestamente infondato.

Premesso che (come osservato nella sentenza impugnata) la concessione di un ulteriore termine perentorio equivale ad un’inammissibile sua proroga (giurisprudenza del tutto pacifica: cfr. tra le ultime e per un caso simile, Cass. n. 6982/16), va osservato che:

a) la rimessione in termini prevista dall’art. 153 c.p.c., comma 2 introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 19, è applicabile, in base all’art. 58, comma 1 , cit. legge, solo ai giudizi instaurati successivamente alla data della sua entrata in vigore;

b) tale disposizione transitoria è stata costantemente interpretata da questa Corte nel senso che le nuove norme si applicano (salvo le diverse previsioni dei commi da 2 a 5 cit. art.) ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (così e per tutte, Cass. n. 6007/12);

c) del resto, a conclusioni del tutto identiche si perverrebbe in base al principio tempus regit actum;

d) infine e per soprammercato, la rimessione in termini presuppone la dimostrazione che la parte richiedente sia incorsa nella decadenza per una causa a sè non imputabile: dimostrazione nella specie neppure offerta, visto che entro il primo termine concesso dal Tribunale ai sensi dell’art. 291 c.p.c. e scadente (come si ricava dalla sentenza impugnata) il 17.4.1996. la parte odierna ricorrente non risulta aver neppure tentato una nuova notificazione (sul punto, non a caso, il ricorso sorvola nel ricostruire il fatto processuale: v. pag. 4). Pertanto, è del tutto vano sostenere che detta parte sia stata tratta in inganno dall’inesatta dichiarazione resa all’ufficiale giudiziario in occasione del primo tentativo di notifica dell’atto di riassunzione, atteso che in ogni caso essa avrebbe dovuto verificare attraverso una semplice visura camerale le vicende societarie della Impresa C.P. s.a.s., al fine accertare la giusta parte cui notificare l’atto di riassunzione.

5. – Per le considerazioni svolte, si propone la decisione del ricorso con le forme camerali, nei sensi di cui sopra, in base all’art. 375 c.p.c., n. 5″.

2. – La Corte condivide la relazione, rispetto alla quale la memoria di parte ricorrente non contiene considerazioni idonee a indurre un diverso avviso.

In particolare, del tutto fuorviante appare il richiamo, ivi contenuto, alla giurisprudenza di questa Corte sul rilievo (mai astratto ma bensì necessariamente concreto) delle violazioni processuali e sul fatto che nella specie la parte appellata abbia comunque avuto modo di svolgere le proprie difese in entrambi i gradi del giudizio di merito. E’ di evidenza solare che il rispetto dei termini perentori non è mai astratto e fine a se stesso ma sempre e per definizione concreto, visto che ad esso si ricollega la perdita di un potere processuale che avvantaggia in maniera definitiva l’altra parte. Diversamente opinando, nel processo civile non esisterebbero decadenze di sorta, tutti i termini potendo essere liberamente rispettati o non secondo le convenienze del caso, con l’unico limite – non certo compensativo – di garantire la difesa e il contraddittorio della parte non onerata del termine.

Di qui la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 291 e 153 c.p.c. proposta dalla parte ricorrente, con riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., nella memoria ex art. 380-bis c.p.c.

3. – Pertanto, il ricorso va respinto.

4. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente, con distrazione in favore dei difensori della parte controricorrente, dichiaratisi antistatari.

5. – Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis a carico della parte ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge, con distrazione in favore dei difensori della parte controricorrente, dichiaratisi antistatari.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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