Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32588 del 17/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 17/12/2018, (ud. 14/06/2018, dep. 17/12/2018), n.32588

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19352-2015 proposto da:

TELECOM ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G.

FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati ENZO MORRICO, ARTURO

MARESCA, ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che la rappresentano

e difendono giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato MARCO GUSTAVO PETROCELLI,

che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

TELECOM ITALIA INFORMATION TECHNOLOGY S.R.L., (già SHARED SERVICE

CENTER);

– intimata –

sul ricorso 19355-2015 proposto da:

TELECOM ITALIA INFORMATION TECHNOLOGY S.R.L. (già SHARED SERVICE

CENTER), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio degli avvocati ARTURO MARESCA, ROBERTO ROMEI, FRANCO RAIMONDO

BOCCIA, che la rappresentano e difendono giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato MARCO GUSTAVO PETROCELLI,

che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

TELECOM ITALIA S.P.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 8540/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/01/2015 R.G.N. 9540/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità per

carenza d’interesse;

udito l’Avvocato ROBERTO ROMEI, l’Avvocato ROBERTO ROMEI compare per

TELECOM ITALIA S.P.A. anche nella qualità d’incorporante la Telecom

Information Technology Italia;

udito l’Avvocato FABIO PONIS per delega Avvocato MARCO PETROCELLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Roma, con sentenza nr. 8540 del 2014, in accoglimento dell’appello del lavoratore proposto avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 13.6.2012 (di rigetto della domanda in origine proposta nei confronti di Telecom Italia Spa e Telecom Italia Information Technology srl (già Shared Service Center – SSC srl) per l’accertamento di nullità della cessione del ramo di azienda “IT Operations” dall’una all’altra società), dichiarava la nullità della cessione del contratto di lavoro e la prosecuzione del rapporto con Telecom Italia S.p.a.

La Corte territoriale, pur ritenendo preesistenti le singole articolazioni che costituivano in Telecom il settore di Information Technology, tra le quali quelle poi costituenti il ramo oggetto della cessione, osservava come la struttura oggetto di cessione (id est IT Operations) risultasse definita nella imminenza del suo trasferimento, con il raggruppamento di funzioni che, secondo il progetto societario, avrebbero dovuto realizzare la separazione delle attività di indirizzo e progettazione informatica da quelle operative.

Tuttavia, la descritta operazione, ad avviso della Corte distrettuale, veniva realizzata con lo scorporo di una struttura unitaria ed il trasferimento di una serie di funzioni, sprovviste di una propria identità organizzativa, che continuavano ad essere in stretto collegamento con gli altri settori inerenti alla gestione dell’attività informatica, rimasti in Telecom Italia SpA; in definitiva, secondo i giudici del merito, nella organizzazione di Telecom Italia SpA, la struttura IT Operations non presentava alcuna autonomia funzionale, assolvendo piuttosto a fasi produttive di natura complementare indispensabili per il raggiungimento degli scopi della Divisione: la struttura ceduta si risolveva in una serie di funzioni identificate in modo unitario per volontà della società all’atto della cessione ma era sprovvista di una propria identità organizzativa e funzionale che consentisse alla struttura medesima di operare autonomamente senza la necessaria e determinante integrazione con il nucleo direttivo di Telecom.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso sia Telecom Italia S.p.A. che Telecom Italia Information Technology S.r.l. (già Shared Service Center S.r.l.); entrambi i ricorsi, riuniti ex art. 335 c.p.c., sono affidati a due motivi.

Ha resistito B.R., con controricorso.

Telecom Italia SpA ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., anche nella qualità di incorporante la società Telecom Italia Information Technology S.r.l. (TI.IT), con la quale ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere.

Ha aderito alla richiesta di cessazione della materia del contendere anche la parte controricorrente, con memoria ai sensi del richiamato art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via preliminare, deve darsi atto che, a far data dal 1 gennaio 2017, la società Telecom Italia Information Technology S.r.l. (TI.IT), cessionaria del ramo di azienda per cui è causa, è stata incorporata da Telecom Italia SpA.

Entrambe le parti hanno, pertanto, concordemente richiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere.

Osserva il Collegio che la cessazione della materia del contendere, richiesta congiuntamente dalle parti, dà luogo all’inammissibilità dei ricorsi per sopravvenuto difetto di interesse, posto che i lavoratori, per effetto della descritta vicenda societaria, sono, nelle more, nuovamente transitati in Telecom Italia SpA, incorporante; l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, deve sussistere, infatti, non solo nel momento in cui è proposta l’azione (o l’impugnazione), ma anche al momento della decisione (Cass. nr. 10553 del 2017; Cass. nr. 21951 del 2013).

I ricorsi devono quindi essere dichiarati inammissibili.

Quanto alle spese, la comune richiesta, reiterata in sede di discussione orale, ne giustifica l’integrale compensazione.

Non sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato in quanto “in tema di impugnazioni, la “ratio” del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dala L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame (nella specie, ricorso per cassazione) ma non per quella sopravvenuta (nella specie, per sopravvenuto difetto di interesse)” (Cass. nr. 19464 del 2014; Cass. nr. 13636 del 2015).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi (R.G. nn. 19352/15 e 19355/15) e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2018

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