Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32576 del 17/12/2018

Cassazione civile sez. II, 17/12/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 17/12/2018), n.32576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26558-2017 proposto da:

V.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FERDINANDO

EMILIO ABBATE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 933/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 06/04/2017, RG.n. 4817/2012, Cron.n. 2239/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/05/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

con ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 3 depositato il 10.9.2012 presso la alla Corte d’Appello di Perugia, V.M.G. chiedeva la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’indennizzo derivante dalla irragionevole durata di un giudizio in materia di equa riparazione svoltosi innanzi alla Corte d’Appello di Roma durato oltre otto anni;

l’adita Corte d’Appello, con decreto del 6.4.2017, accoglieva la domanda e, per quanto ancora rileva nel giudizio di legittimità, condannava il Ministero convenuto al pagamento delle spese di lite in favore degli odierni ricorrenti nella misura di Euro 405,00, da distrarsi ex art. 93 c.p.c. in favore dei procuratori antistatari;

per la cassazione del decreto, V.M.G. ha proposto ricorso sulla base di un unico motivo;

il Ministero della Giustizia è rimasto intimato;

in prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 2233 c.c. in relazione al D.M. n. 55 del 2014 per avere la corte territoriale liquidato un importo, pari ad Euro 405,00 inferiore ai minimi tariffari di cui al D.M. n. 55 del 2014, ratione temporis applicabile trattandosi di liquidazione successiva al 3.4.2014; inoltre la corte territoriale, liquidando un compenso così modesto, avrebbe leso il decoro professionale dell’avvocato;

considerato che l’opinione secondo la quale il D.M. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisa dalla Corte, in quanto: come ricorda lo stesso controricorrente, il D.M. n. 140, risulta essere stato emanato (D.L. n. 1 del 2012, conv. nella L. n. 27 del 2012) allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale;

– per contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè, non è il D.M. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti, l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa;

considerato che la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 405,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55, tenuto conto del valore della causa (da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.);

– considerato che a motivo dell’esposto il provvedimento gravato deve essere cassato e, sussistendone le condizioni, decisa la causa nel merito, il complessivo compenso può essere liquidato in Euro 1198,50, (Euro 255,00 per la fase di studio, Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 283,50 per la fase istruttoria, Euro 405,00 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo L. n. 576 del 1980, ex art. 11, con distrazione in favore dagli avv.ti Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi antistatari;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida a titolo di spese, ponendo la somma a carico del Ministero controricorrente, per il giudizio di merito svoltosi innanzi alla Corte d’appello di Perugia, in sede di rinvio, l’importo complessivo di Euro 1198,50 oltre spese generali ed accessori, distratto in favore degli avv.ti Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate; condanna il predetto Ministero al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore avv.ti Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2018

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