Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32559 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 12/12/2019), n.32559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11666/2013 R.G. proposto da:

V.M.N., con gli avv.ti Claudio Berliri e

Alessandro Cogliati Dezza, con domicilio in Roma Via Alessandro

Farnese n. 7;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per

l’Emilia Romagna – Bologna n. 104/10/12, pronunciata l’8 ottobre

2012 e depositata il 13 novembre 2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 maggio

2019 dal Consigliere Dott. Fracanzani Marcello Maria;

Fatto

RILEVATO

Per gli anni d’imposta 2003, 2004 e 2005 il contribuente, esercente la professione di dottore commercialista, compilava la dichiarazione dei redditi informatizzata, incluso, ai fini IRAP, il quadro IQ riferito ai professionisti. A tal fine utilizzava il software ufficiale fornito dall’Agenzia delle Entrate che, in tesi, imponeva la compilazione di ogni riquadro riferito alla categoria di riferimento, pena il blocco e l’impossibilità di invio della dichiarazione telematica.

Ritenendo, sempre in tesi, di non possedere i presupposti impositivi ai fini IRAP il contribuente ne ometteva il pagamento, onde veniva attinto da avviso bonario dapprima per l’anno 2003 – che pagava, ma impugnava – poi, in pendenza del giudizio dinanzi alla CTP, per gli anni 2004 e 2005 che pure provvedeva a pagare.

Intervenuta sentenza di inammissibilità del ricorso sul primo avviso, essendo ancora nei termini, presentava istanza di rimborso per le tre annualità suddette, sulle quali si formava il silenzio rifiuto.

Insorto contro il silenzio significativo maturato, il contribuente vedeva accolte le sue ragioni dinanzi alla CTP, con sentenza che, su appello dell’Ufficio veniva, invece, riformata dalla CTR. Quest’ultima, in particolare, accoglieva la eccezione pregiudiziale per cui il pagamento dell’avviso bonario – profittando delle relative condizioni di favore – comporta acquiescenza alla pretesa tributaria, donde non sarebbe poi possibile riaprire questione sulla somma corrisposta. Di qui la conclusione della CTR per l’improcedibilità del ricorso originario del contribuente avverso il silenzio formatosi sull’istanza di rimborso di imposta versata a seguito di avviso bonario (acquiescenza), su cui afferma sia calato il velo dell’irretrattabilità. Sullo sfondo, invece, si staglia la questione sostanziale se il professionista avesse i requisiti organizzativi per essere soggetto ad IRAP.

Ricorre per cassazione il contribuente, affidandosi ad un unico motivo di ricorso, ma articolandone un secondo solo in subordine all’accoglimento del primo.

L’Amministrazione deposita memoria ai soli fini della partecipazione all’udienza.

Altresì, in prossimità dell’udienza, la parte contribuente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, del D.P.R. n. 602 del 1972, art. 38 e del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 In buona sostanza, forte della pronuncia da parte della CTP della inammissibilità del ricorso avverso l’avviso bonario, si afferma che l’unica via possibile era l’adesione a titolo cautelativo agli avvisi per non incorrere in sanzioni, iscrizioni a ruolo ed esecuzione esattoriale, onde non poteva configurarsi acquiescenza alla pretesa erariale e rimaneva integro il diritto al rimborso, sul quale si chiede una risposta nel merito.

Il motivo è infondato.

Questa Corte con orientamento cui si intende dare continuità (Cass. 07.04.2005 n. 7312) ha ritenuto che l’avviso bonario che contenga tutti gli elementi (data di emissione, tassa, anno di riferimento, intestatario, importo totale, termine per il pagamento, previsione delle sanzioni anche se non quantificate, ecc.) rientra tra gli atti autonomamente impugnabili innanzi alla commissione tributaria ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19. Onde, ogni doglianza sul fondamento della soggezione ad IRAP andava proposto mediante impugnazione di quell’atto, contestandone il presupposto impositivo.

L’adempimento all’invito contenuto nell’avviso bonario, costituisce, infatti, acquiescenza alla pretesa tributaria e non può più essere rimesso in discussione, neppure con istanza di rimborso.

Aderendo alla contraria prospettazione si giungerebbe al deprecabile risultato di considerare possibile e lecito il pagamento di un avviso di accertamento (bonario o ordinario che sia, poco importa, considerato che ai fini processuali essi sono ormai equiparati), per poi riaprire i termini decadenziali di impugnazione ad libitum, attraverso la presentazione di istanze di rimborso nei termini prescrizionali dal versamento dell’affermato indebito versamento.

In realtà, l’intervento di un atto impositivo autonomamente impugnabile, pone il contribuente di fronte all’alternativa fra la contestazione di forma, procedura e fondamento dell’atto stesso con rituale e tempestivo ricorso; ovvero l’acquiescenza alla pretesa con esso formulata mediante pagamento, o anche mediante inattività, cui seguirà il recupero forzoso, con riscossione o altra procedura esecutiva.

Sicchè, come questa Corte ha chiarito, “Resta esclusa ogni possibilità di ripensamento del contribuente dopo la definizione del contesto tributario mediante adesione, in qualsiasi forma esso sia manifestato ivi compresa la proposizione al fisco di una domanda di restituzione di somme. La difformità rispetto al modello delineato dal processo tributario (artt. 19 e 21), rende il profilo d’inammissibilità del ricorso introduttivo rilevabile di ufficio in ogni stato e grado anche da parte del giudice di legittimità (Sez. 5, Sentenza n. 7410 del 31/03/2011, Rv. 6/7465)”. (Cass. 16.03.2016 n. 5138).

La sentenza impugnata ha fatto buon governo di tali principi ed è immune da vizi.

Il rigetto del primo motivo, esime dall’esame dell’ulteriore censura proposta in subordine all’accoglimento della prima.

Non vi è luogo a pronunciare sulle spese in assenza di attività difensiva dell’amministrazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 12 dicembre 2019

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