Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32551 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Maria Teresa Liana – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20346-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.P.R., D.P.M., D.P.A.,

D.P.M.R., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’Avvocato PASQUALE CERBO, giusta procura in calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 770/2014 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 28/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione;

udito per i controricorrenti l’Avvocato ZARONE per delega

dell’Avvocato CERBO che si riporta alla memoria.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 770/33/2014, depositata il 28 gennaio 2014, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che, su ricorso di D.P.A., D.P.M.R., D.P.M. e D.P.R., aveva annullato l’avviso di rettifica e liquidazione della dichiarazione di successione, in morte di D.P.F., dai contribuenti presentata il 30 luglio 2009.

Il Giudice del gravame, – premesso che l’avviso di rettifica concerneva alcuni degli immobili oggetto della dichiarazione di successione, – ha considerato che:

– per i terreni indicati ai nn. 6 e 7 della dichiarazione, la rettifica si fondava “sulla base della destinazione urbanistica”, avuto riguardo alla loro inclusione “in zona (OMISSIS) e classificazione in “D””;

– la rettifica di valore dei terreni di cui ai nn. 8, 9 e 11 di detta dichiarazione conseguiva dalla considerazione del loro effettivo valore di mercato qual desunta, in particolare, “nell’atto per notaio Catanese n. 1389/07”, quanto ai primi due, e “dalla dichiarazione di successione di D.P.R.” (quanto al terreno di cui al n. 11);

– relativamente ai terreni ricadenti nel piano (OMISSIS) rilevava “che la classificazione D- zona (OMISSIS) è decaduta con la conseguenza che i terreni sono stati qualificati agricoli”;

– relativamente ai residui beni dichiarati, l’avviso di rettifica difettava di adeguata motivazione in quanto “genericamente” fondato su elementi parametrici e, perciò, privo di ogni indicazione degli “elementi giustificativi della comparazione”.

2. – L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.

Resistono con controricorso D.P.A., D.P.M.R., D.P.M. e D.P.R., che hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 8, deducendo, in sintesi, che il valore dei beni avrebbe dovuto accertarsi con riferimento alla data dell’apertura della successione (20 agosto 2008) e che, dunque, – in ragione delle certificazioni di destinazione urbanistica prodotte, – nessun dubbio residuava, nella fattispecie, quanto all’inclusione dei terreni oggetto di dichiarazione di successione (sub nn. 6 e 7) in “zona D industriale”.

Si assume, più specificamente, che, – operando il piano regolatore adottato dal Consorzio (OMISSIS) in funzione dei vincoli preordinati all’esproprio (al fine, cioè, di “giustificare ulteriori occupazioni di urgenza”), – la sua rilevata decadenza non avrebbe potuto produrre un qualche riflesso sulla destinazione urbanistica dei terreni in questione, terreni che il piano regolatore generale del Comune di Pietramelara includeva in una zona industriale.

Col secondo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo, in sintesi, che la gravata pronuncia era incorsa in extrapetizione avendo rilevato il difetto di motivazione dell’avviso di rettifica che, però, non aveva formato oggetto di alcun motivo di ricorso.

2. – Il primo motivo è fondato e va accolto.

Com’è incontroverso tra le parti, la rettifica del valore dichiarato, con riferimento ai terreni inclusi in un piano regolatore (OMISSIS) (L.R. Campania, 13 agosto 1998, n. 16, art. 10), era stata dai contribuenti contestata sul rilievo della illegittimità costituzionale di detta normativa regionale che (fissata l’efficacia decennale dei piani) aveva disposto la proroga, per tre anni, “dei piani esistenti” (Corte Cost., 20 luglio 2007, n. 314).

E, da tale rilievo (probatoriamente riscontrato dai contribuenti con un certificato del Consorzio (OMISSIS) che attestava “l’esclusione dei terreni in questione dal piano (OMISSIS)”; v. il controricorso, fol. 5), il giudice del gravame ha tratto il fondamento del decisum considerando, come si è anticipato, “che la classificazione D- zona (OMISSIS) è decaduta con la conseguenza che i terreni sono stati qualificati agricoli”.

2.1 – Orbene, come denuncia la ricorrente, – il cui motivo di ricorso, in relazione agli effetti che il giudice del gravame ha correlato alla rilevata “decadenza”, e diversamente da quanto assumono i controricorrenti, si incentra (esattamente) su di una violazione di legge, – la perdita di efficacia del piano regolatore di area industriale (L.R. Campania, 13 agosto 1998, n. 16, art. 10, cit.), – in quanto preordinato all’individuazione, e alla delimitazione, delle zone da destinare a sviluppo industriale, con vincoli di carattere conformativo e preordinati all’esproprio (per il rilievo che “Nei piani (OMISSIS) non è dubbia la riconoscibilità di vincoli preordinati all’espropriazione (quindi soggetti ai principi in tema di indennizzo e durata), dato che per definizione lo sviluppo industriale commesso ai consorzi non può che avvenire previa espropriazione generalizzata.” v. Corte Cost., 20 luglio 2007, n. 314), – non implicava affatto la perdita (anche) della qualità edificatoria dell’area che, secondo il piano regolatore generale, risultasse (già) destinata ad insediamenti industriali.

Come, difatti, rilevato da questa Corte (ma si veda, anche, la L.R. Campania, n. 16 del 1998, art. 10, comma 8, e art. 11), i piani dei consorzi industriali “producono gli stessi effetti giuridici del piano territoriale di coordinamento, della L. n. 1150 del 1942, ex art. 5,” (v., ora, la L.R. Campania, 22 dicembre 2004, n. 16, art. 18, comma 5), ed i relativi vincoli “non discendono direttamente dal piano del consorzio… ma dalla concreta attuazione data al piano medesimo dall’ente, mediante l’adozione delle consequenziali modifiche del piano regolatore generale, le quali soltanto sono idonee a fornire la qualificazione urbanistica della zona.” (v. Cass., 19 aprile 2017, n. 9915; Cass., 11 marzo 2011, n. 5861; Cass., 30 marzo 2009, n. 7616; Cass., 6 dicembre 2002, n. 17330; Cass., 23 marzo 2001, n. 4200; v., altresì, Tar Catania, sez. II, 1 luglio 2009, n. 1211; Tar Catania, sez. I, 27 marzo 2007, n. 521).

2.2 – La perdita di efficacia del piano (OMISSIS), – quale conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni normative regionali (L. n. 16 del 1998, cit., art. 10, comma 9; L.R. Campania, 11 agosto 2001, n. 10, art. 77, comma 2), che avevano disposto la proroga (indiscriminata) di tutti i piani (OMISSIS) della Regione Campania, in violazione dei principi di temporaneità, e di indennizzabilità, dei vincoli (urbanistici) espropriativi (Corte Cost. n. 314 del 2007), – non poteva pertanto determinare, ex se, che i terreni oggetto della dichiarazione di successione venissero restituiti ad una (supposta) natura agricola laddove, secondo prescrizioni del piano regolatore comunale, risultassero diversamente destinati (e nella misura in cui lo fossero effettivamente) ad uso industriale (v. altresì, in tema di ICI, Cass., 25 luglio 2018, n. 19695; Cass., 19 luglio 2017, n. 17818; Cass., 18 maggio 2012, n. 7886; Cass., 28 maggio 2010, n. 13135).

E nel rilievo in discorso si risolve la denunciata violazione di legge, rimanendo riservato al giudice di merito (quanto ai terreni contrassegnati, come si è sopra detto, dai nn. 6 e 7) l’accertamento relativo alla effettiva destinazione urbanistica attribuita dal piano regolatore generale ai terreni in questione (oltrechè al loro valore in relazione ai criteri di comparazione offerti dall’Amministrazione).

Accertamento, questo, che andrà condotto, poi, alla luce del consolidato principio di diritto espresso dalla Corte, alla cui stregua, in relazione al disposto di cui al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, conv. in L. 4 agosto 2006, n. 248, – l’edificabilità di un’area va desunta dalla qualificazione attribuita, al momento dell’apertura della successione, nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi (v., con riferimento a Cass. Sez. U., 30 novembre 2006, nn. 25505 e 25506, ex plurimis, Cass., 23 settembre 2016, n. 18655; Cass., 13 febbraio 2015, n. 2924; Cass., 19 dicembre 2014, n. 27077; Cass., 11 dicembre 2012, n. 22554; Cass., 19 gennaio 2010, 729; Cass., 15 ottobre 2007, n. 21531; Cass., 16 maggio 2007, n. 11217).

3. – Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.

3.1 – Occorre, al riguardo, premettere che, – secondo lo stesso assunto svolto dalla ricorrente (v. il ricorso, fol. terzo), – il difetto di motivazione dell’avviso di rettifica e liquidazione (a riguardo dei terreni sopra indicati ai nn. 8, 9 e 11) formava (già) oggetto del decisum di prime cure, a fronte del quale, con l’atto di appello, l’Agenzia delle Entrate “ribadiva la sufficienza di una motivazione che consentiva alla parte di individuare i criteri valutativi seguiti e di difendersi, senza bisogno di allegare il contenuto degli atti richiamati in quello impositivo…”.

Nei termini in cui (in assolvimento del principio di autosufficienza) la ricorrente ricostruisce, ora, il contenuto del ricorso introduttivo del giudizio, può, allora, rilevarsi che il denunciato vizio di extrapetizione avrebbe dovuto formare oggetto di uno (specifico) motivo di appello (diversamente incentrato, come si è dianzi osservato, sulla dedotta adeguatezza della motivazione dell’avviso di rettifica), pena il formarsi del giudicato interno; come, difatti, rilevato dalla Corte, al vizio in questione si correla una nullità relativa della pronuncia, nullità che deve essere fatta valere attraverso gli ordinari mezzi d’impugnazione e che non può essere rilevata d’ufficio dal giudice del gravame (che, altrimenti pronunciando, incorrerebbe esso stesso nella medesima violazione dell’art. 112 c.p.c.; cfr., ex plurimis, Cass., 14 gennaio 2016, n. 465; Cass., 12 giugno 2014, n. 13351; Cass., 7 maggio 2009, n. 10516; Cass., 18 novembre 2004, n. 21856; Cass. Sez. U., 27 luglio 2004, n. 14083; Cass., 11 aprile 2000, n. 4592; Cass., 4 gennaio 2000, n. 21).

4. – In conclusione la gravata sentenza va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania, che pronuncerà in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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