Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32549 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 07/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32549

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11458-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 12/2012 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

REGGIO CALABRIA, depositata il 06/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2019 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che si riporta e chiede

l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 12/7/12, depositata il 6 marzo 2012, la Commissione tributaria regionale della Calabria ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia del Territorio avverso la decisione di prime cure che, in accoglimento del ricorso di R.C.G., aveva riclassato nella categoria A/4 un immobile la cui rendita catastale era stata rideterminata dall’ufficio ai sensi del D.M. 20 gennaio 1990, (recante revisione generale degli estimi del catasto edilizio urbano).

Il giudice del gravame ha rilevato che l’unità immobiliare in questione (un frantoio) era “inattivo dal 1970, di antichissima costruzione, in cattive condizioni statiche e col tetto pericolante” e che, qualora eseguito il sopralluogo, l’amministrazione “sicuramente sarebbe arrivata a ben diverse conclusioni”.

2. – La cassazione della sentenza è richiesta dall’Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi.

R.C.G. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo, articolato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per vizio di extrapetizione, assumendo che, col ricorso introduttivo del giudizio, il contribuente aveva richiesto (solo) una riduzione della rendita catastale nè aveva mai domandato il riclassamento dell’immobile (nella categoria A/4).

Col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’Agenzia denuncia nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione deducendo, in sintesi, omesso esame dei motivi di impugnazione.

Col terzo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 8, del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 20, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 35, deducendo che, – in ragione del pregresso accatastamento dell’immobile (quale opificio di categoria D/1), – il nuovo classamento (in categoria A/4) non si giustificava sulla base delle ragioni nella gravata sentenza addotte, non risultando nè la presentazione di una dichiarazione di variazione nè la ricorrenza di radicali trasformazione dell’unità immobiliare, laddove le ragioni di equità fiscale, correlate all’inagibilità dell’immobile, potevano trovare riscontro (solo) nei benefici accordati dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 35.

2. – Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Rileva, innanzitutto, la Corte che, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, la ricorrente non precisa il come, ed il quando, della denuncia del vizio di extrapetizione davanti al giudice del gravame, così proponendo una censura che, siccome riferita al ricorso introduttivo, finisce per attingere la pronuncia di prime cure (quella del Giudice del gravame essendosi risolta in una mera statuizione di conferma).

Va, difatti, considerato che, come rilevato dalla Corte, al vizio in questione si correla una nullità relativa della pronuncia, nullità che deve essere fatta valere attraverso gli ordinari mezzi d’impugnazione e che non può essere rilevata d’ufficio dal giudice (che, altrimenti pronunciando, incorrerebbe esso stesso nella medesima violazione dell’art. 112 c.p.c.; cfr., ex plurimis, Cass., 14 gennaio 2016, n. 465; Cass., 12 giugno 2014, n. 13351; Cass., 7 maggio 2009, n. 10516; Cass., 18 novembre 2004, n. 21856; Cass. Sez. U., 27 luglio 2004, n. 14083; Cass., 11 aprile 2000, n. 4592; Cass., 4 gennaio 2000, n. 21).

Per di più, a fronte dell’inequivoco rilievo, contenuto nella gravata sentenza, circa il contenuto del ricorso proposto dal contribuente, che aveva eccepito “l’errato classamento dell’U.I.U.”, – il motivo difetta di specificità, risolvendosi nella (mera) prospettazione del vizio di extrapetizione e senz’alcuna considerazione dei termini in cui il contenuto del ricorso introduttivo era stato ricostruito dallo stesso giudice del gravame.

Va, quindi, rimarcato che, – secondo un consolidato indirizzo di questa Corte, – l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Corte di Cassazione nel caso (qui ricorrente) di deduzione di un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di ricorso, così che il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione, per il principio di autosufficienza, deve essere contenuta nello stesso ricorso, nè può risolversi in un mero rinvio agli atti processuali (cfr., ex plurimis, Cass., 29 settembre 2017, n. 22880; Cass., 8 giugno 2016, n. 11738; Cass., 30 settembre 2015, n. 19410; Cass., 2 dicembre 2014, n. 25482; Cass., 10 novembre 2011, n. 23420; Cass., 16 ottobre 2007, n. 21621; Cass., 20 settembre 2006, n. 20405).

3. – Il secondo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

Per quanto in termini estremamente succinti, ed essenziali, il giudice del gravame ha dato conto delle ragioni poste a fondamento del rigetto del gravame, per quanto si tratti di ragioni che, come si dirà, non hanno fondamento di legittimità.

La motivazione della sentenza, del resto, deve intendersi apparente qualora, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice; laddove sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente “è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione.” (così Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).

4. – E’, per converso, fondato, e va accolto, il terzo motivo di ricorso.

Le circostanze poste a fondamento della gravata sentenza, se possono, in effetti, rilevare ai fini di altri tributi (sotto il profilo dell’inagibilità dell’immobile), ovvero del reddito lordo effettivo prodotto (con conseguente rideterminazione della rendita catastale), alcun rilievo rivestono rispetto al classamento dell’immobile che va eseguito in relazione alla sua destinazione ordinaria (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61), ovvero alle speciali esigenze di una attività industriale o commerciale alle quali assolve (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 8).

In difetto, dunque, di una dichiarazione di variazione catastale, e immutata la relativa destinazione, l’inagibilità dell’immobile, così come la cessazione dell’esercizio di una attività industriale o commerciale, non legittimano ex se alcuna variazione di classamento catastale e, men che meno, possono ricondurre un’unità immobiliare a destinazione speciale (art. 8, cit.) alla destinazione ordinaria (art. 61, cit.) di un’abitazione di tipo popolare (A/4).

5. – In accoglimento del terzo motivo la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa va decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

Le spese dei gradi di merito vanno compensate, tra le parti, in ragione dell’evolversi della vicenda processuale mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte intimata.

PQM

La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, inammissibile il primo e infondato il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso introduttivo del giudizio; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna la parte intimata al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidandole in Euro 2.600,00, oltre spese prenotate a debito, rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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