Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32542 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 12/12/2019, (ud. 17/12/2018, dep. 12/12/2019), n.32542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11722/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

LA MONTANARA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 51/25/11 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA SICILIA, depositata il 23 marzo 2011;

viste le conclusioni scritte del P.M., nella persona del Sostituto

Procuratore Generale GIOVANNI GIACALONE, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17 dicembre 2018 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Sicilia ha parzialmente accolto il gravame interposto da La Montanara s.r.l. avverso la sentenza della CTP di Palermo di rigetto del ricorso della predetta società contro l’avviso di accertamento (OMISSIS), relativo all’anno d’imposta 1999, per maggior reddito d’impresa, IRPEG, IRAP e IVA oltre sanzione pecuniaria, emesso dall’amministrazione finanziaria a seguito di due processi verbali di constatazione redatti dalla Guardia di Finanza all’esito di analitica ricostruzione dei ricavi e rettifica del valore di magazzino relativamente alla società La Montanara (primo processo verbale), nonchè di accertamenti bancari del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 32, su conti intestati alla predetta società e a singoli soci (secondo processo verbale);

2. la CTR ha accolto il gravame nei limiti della differenza tra la maggior ripresa fiscale determinata dalle indagini bancarie di cui al secondo processo verbale di constatazione e quella dovuta a seguito dell’accertamento analitico di cui al primo processo verbale di constatazione ritenendo, in sintesi, che: a) pur in assenza di specifiche previsioni di legge, non rinvenibili nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, l’ufficio finanziario procedente è tenuto a produrre in giudizio l’autorizzazione al compimento delle indagini bancarie, dovendo la verifica riguardare necessariamente anche tale provvedimento e non essendo assistita da presunzione assoluta di veridicità la dichiarazione dei verbalizzanti circa la regolare e tempestiva acquisizione dell’autorizzazione; b) conseguentemente, nonostante la non obbligatorietà dell’allegazione dell’autorizzazione, la sua produzione in giudizio rientra indubbiamente nell’onere probatorio dell’ufficio, una volta che il contribuente abbia sollevato la relativa questione, e comunque è dovuta alla luce dei principi di trasparenza dell’azione amministrativa; c) le indagini bancarie devono essere valutate in contraddittorio con la contribuente, al fine di consentirle di spiegare le singole movimentazioni bancarie onde superare la presunzione semplice ex art. 32 cit., secondo cui qualsiasi versamento va considerato ricavo dell’attività d’impresa; d) a fronte delle obiezioni formulate dal legale rappresentante della società contribuente, riportate nel processo verbale di constatazione (e poi reiterate sia in primo grado che in appello), l’ufficio, non ha dato conto, nè in sede amministrativa, nè in quella processuale, delle ragioni in base alle quali i versamenti bancari non possono considerarsi quali operazioni meramente finanziarie e dunque neutre rispetto al risultato d’impresa;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato a sei motivi; la società contribuente non ha svolto difese; il P.G. ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO

che:

4. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia – in relazione alla questione, di cui sub a) e b) del punto 2 che precede, concernente la mancata esibizione in giudizio dell’autorizzazione all’espletamento delle indagini bancarie – violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 346 c.p.c.: la CTR si sarebbe pronunciata ultra petita su questione dedotta dalla contribuente nel giudizio di primo grado, ma non espressamente riproposta in appello e dunque rinunciata;

5. con il secondo motivo – formulato in subordine al primo ed ancora relativo alla questione predetta – si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, nonchè degli artt. 2697,2700 e 2704 c.c.: l’esistenza del provvedimento autorizzativo delle indagini bancarie, menzionato espressamente nel processo verbale di constatazione, risulterebbe provata in quanto coperta dalla fede privilegiata propria del processo verbale medesimo;

6. con il terzo motivo – formulato in ulteriore subordine sempre relativamente alla medesima questione – si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1, 2 e 7, nonchè degli artt. 112,210 e 213 c.p.c.: sarebbe stato onere della CTR acquisire l’autorizzazione in parola, ove ritenuto documento essenziale ai fini della decisione, anzichè limitarsi a rilevare la mancata produzione spontanea dello stesso da parte dell’ufficio finanziario;

7. con il quarto motivo si denuncia – in relazione alla questione, di cui sub c) del punto 2 che precede, concernente il mancato-preventivo contraddittorio con la contribuente – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 39, nonchè del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51,52,54 e 55: l’utilizzazione dei movimenti bancari da parte dell’ufficio non imporrebbe allo stesso un obbligo di specifico e previo invito della contribuente a fornire dati, notizie e chiarimenti circa le operazioni annotate sui conti bancari, trattandosi di mera facoltà discrezionale senza conseguenze, se non esercitata, sulla legittimità della verifica fiscale in tal modo operata;

8. con il quinto motivo si denuncia – in relazione alla questione, di cui sub d) del punto 2 che precede, concernente la mancata confutazione da parte dell’ufficio dei rilievi della contribuente tesi a dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2, nonchè degli artt. 2697,2727,2728 e 2729 c.c.: l’avvenuta verifica sui conti bancari avrebbe comportato l’inversione dell’onere della prova a carico della contribuente, nella specie non assolto, non avendo la società fornito una plausibile ed analitica giustificazione delle insolite movimentazioni bancarie rilevate, sicchè la presunzione legale relativa di imponibilità non poteva ritenersi superata;

9. con il sesto motivo si denuncia carenza motivazionale, per non avere la CTR indicato le ragioni per le quali le movimentazioni recuperate a tassazione non sarebbero riferibili ad operazioni imponibili;

10. i primi tre mezzi – da esaminarsi congiuntamente poichè riguardanti la medesima questione – sono manifestamente fondati;

10.1. rilevato preliminarmente che la sentenza impugnata dà conto soltanto delle doglianze sollevate dalla società contribuente in primo grado (pp. 4-6), erra la CTR nell’affermare la doverosità della produzione in giudizio dell’autorizzazione – all’espletamento delle indagini bancarie invocando i criteri di riparto dell’onere probatorio, i principi di trasparenza dell’azione amministrativa ed escludendo che sovvenga, al riguardo, la presunzione di veridicità delle dichiarazioni dei verbalizzanti;

10.2. deve infatti qui ribadirsi il consolidato principio secondo cui, in tema di accertamento dell’IVA, l’autorizzazione ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie esplica una funzione organizzativa, incidente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicchè la sua mancata allegazione ed esibizione all’interessato non comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, che può derivare solo dalla sua materiale assenza e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente (Sez. 6-5, 10 febbraio 2017, n. 3628; conf. Sez. 5, 26 settembre 2014, n. 20420, Sez. 5, 21 luglio 2009, n. 16874 e Sez. 5, 15 giugno 2007, n. 14023; si v. anche, tra le altre, Sez. 6-5, 28 maggio 2018, n. 13353);

10.3. è poi fermo l’insegnamento secondo cui in tema di accertamenti tributari, il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di Finanza o dagli altri organi di controllo fiscale, è assistito da fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., quanto ai fatti in esso descritti, sicchè per contestare tali fatti è necessaria la proposizione della querela di falso (per tutte, Sez. 6-5, 3 luglio 2014, n. 15191);

10.4. vano è, infine, il richiamo ai principi di trasparenza dell’azione amministrativa (nonchè, deve soggiungersi, di quelli rinvenibili dal cd. statuto del contribuente, peraltro nemmeno indicati dalla CTR) poichè, in tema di accertamento, la mancanza di autorizzazione alle indagini bancarie rende le stesse illegittime ove si sia tradotta in un concreto pregiudizio per il contribuente, in conformità alla concezione sostanzialistica dell’interesse del privato alla legittimità del provvedimento amministrativo, espressa, in via generale, dalla L. n. 241 del 1990, art. 21-octies, (Sez. 5, 18 aprile 2018, n. 9480; si v. anche, da ultimo, Sez. 5, 24 luglio 2018, n. 19564: “In tema di accertamento delle imposte, l’autorizzazione necessaria agli Uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei motivi, non solo perchè in relazione ad essa la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, ma anche in quanto la medesima, nonostante il nomen iuris adottato, esplica una funzione organizzativa, incidente solo nei rapporti tra uffici, ed ha natura di atto meramente preparatorio, con la conseguenza che non è qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali è previsto, rispettivamente, dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, e dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, un obbligo di motivazione.”);

11. è fondato il quarto mezzo, essendo la contraria affermazione contenuta nella sentenza impugnata non conforme a diritto;

11.1. quanto alle imposte dirette, va infatti ribadito che “In tema di accertamento delle imposte sul reddito, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, nella parte in cui prevede l’invito al contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, attribuisce all’Ufficio una mera facoltà, il cui mancato esercizio non determina l’illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamenti, nè comporta la trasformazione della presunzione legale posta dalla norma in presunzione semplice, con possibilità per il giudice di valutarne liberamente la gravità, la precisione e la concordanza e con il conseguente onere per il Fisco di fornire ulteriori elementi di riscontro; ciò in quanto, atteso il tenore letterale della disposizione (“per l’adempimento dei loro compiti gli Uffici possono invitare i contribuenti…”) e la discrezionalità espressamente prevista, non può ritenersi obbligatoria la convocazione del contribuente in sede amministrativa prima dell’accertamento; nè può sostenersi che siffatta discrezionalità violi il diritto di difesa, potendo l’Ufficio procedere al ritiro eventuale del provvedimento, nell’esercizio del potere di autotutela, in caso di osservazioni e/o giustificazioni proposte dall’interessato.” (così, tra le tante, Sez. 5, 15 maggio 2013, n. 11624; si v. anche Sez. 5, 2 dicembre 2005, n. 26293 e le successive Sez. 5, 23 giugno 2006, n. 14675, Sez. 5, 30 novembre 2009, n. 25142, Sez. 5, 4 agosto 2010, n. 18081, Sez. 5, 12 maggio 2011, n. 10402, Sez. 5, 13 maggio 2011, n. 10578, Sez. 5, 29 gennaio 2014, n. 1860, Sez. 5, 5 ottobre 2018, n. 24422);

11.2. quanto alle verifiche fiscali concernenti l’accertamento delle imposte indirette, è nota la giurisprudenza di legittimità che, sulla scorta dei principi affermati dalla Corte di Giustizia U.E. con le sentenze 3 luglio 2014, in cause C-129 e C-130/13, Kamino International Logistics BV, e 9 novembre 2017, in causa C-298/16, Ispas, afferma per i tributi cd. armonizzati – la sussistenza di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale gravante sull’amministrazione finanziaria, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Sez. U, 9 dicembre 2015, n. 24823; si v. anche, tra le altre, Sez. 6-5, 29 ottobre 2018, n. 27420 e Sez. 6-5, 27 luglio 2018, n. 20036), dando così ingresso alla cd. prova di resistenza, nella specie peraltro non assolta dalla contribuente;

12. è fondato anche il quinto mezzo: basti qui richiamare, oltre ai precedenti di legittimità invocati dalla ricorrente, la recente Sez. 6-5, 5 maggio 2017, n. 11102, secondo cui “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi ed a fronte della quale il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni sèmplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative.”;

13. l’accoglimento dei primi cinque motivi comporta l’assorbimento del sesto.

14. In conclusione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Sicilia che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame attenendosi ai suddetti principi e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie i primi cinque motivi di ricorso, assorbito il sesto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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