Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32534 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32534

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13209-2018 proposto da:

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato VINCENZO CONFORTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 4393/8/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO, depositata il 31/10/2017; udita la relazione

della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del

09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

M.N. ha impugnato con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la sentenza della CTR Lombardia indicata in epigrafe che ha rigettato l’appello proposto contro la sentenza di primo grado, con la quale era stata ritenuta la legittimità dell’intimazione di pagamento notifica al contribuente.

L’Agenza delle entrate Riscossione non si è costituita.

Vanno esaminati per ragioni di ordine logico con priorità il terzo ed il quarto motivo di ricorso, con i quali si deduce la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente.

Entrambe le censure, che meritano un esame congiunto in relazione all’omogeneità dei profili censori esposti sono infondate, avendo la CTR adottato una motivazione che risponde in pieno al minimo costituzionale con riferimento al dedotto vizio di motivazione dell’atto al quale hanno fatto riferimento le Sezioni Unite di questa Corte in esito alla riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014 -.

Passando all’esame del primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, commi 1 e 3, nonchè dell’art. 2712 c.c.. La CTR nel ritenere legittima l’intimazione di pagamento, avrebbe tralasciato di considerare che nel corso del giudizio era stata contestata la notifica della cartella propedeutica, avendo l’agente della riscossione unicamente depositato una fotocopia della busta che avrebbe contenuto la cartella, senza provvedere all’esibizione della cartella, in verità mai ricevuta non provando il deposito della busta che all’interno vi fosse la cartella stessa.

La censura è infondata.

Ed invero, questa Corte ha già chiarito che nell’ipotesi in cui il destinatario della cartella esattoriale ne contesti la notifica, l’agente della riscossione può dimostrarla producendo copia della stessa, senza che abbia l’onere di depositarne nè l’originale (e ciò anche in caso di disconoscimento, in quanto lo stesso non produce gli effetti di cui all’art. 215 c.p.c., comma 2, e potendo quindi il giudice avvalersi di altri mezzi di prova, comprese le presunzioni), nè la copia integrale, non essendovi alcuna norma che lo imponga o che ne sanzioni l’omissione con la nullità della stessa o della sua notifica – cfr. Cass. n. 25292/2018, Cass. n. 21533/2017 -. Ora, nel caso di specie il ricorrente contesta la decisione impugnata senza tuttavia considerare che il giudice di merito ha ritenuto la ritualità della notifica dell’atto presupposto, uniformandosi ai principi di questa Corte appena ricordati.

Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, è infondato, avendo la CTR affermato la ritualità della notifica della cartella e, conseguentemente, l’idoneità degli elementi indicati nell’intimazione di pagamento ai fini della motivazione di tale atto esecutivo, lo stesso rinviando al contenuto della cartella propedeutica, anche con riferimento alle questioni attestanti il compenso per l’agente della riscossione. Ed infatti, la CTR ha specificamente indicato come predeterminato ex lege (in conformità a quanto ritenuto da questa Corte – Cass. n. 12239/2018, ove si è ritenuto che i compensi della riscossione sono regolati dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 17, il quale predetermina, senza lasciare margine di discrezionalità all’agente della riscossione, l’ammontare delle somme dovute a titolo di aggio). Ciò che impedisce di profilare, rispetto alla censura come prospettata, un deficit di motivazione dell’atto impugnato.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese. Dà atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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