Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32532 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12835-2018 proposto da:

F.I., nella qualità di legale rappresentante della

“SOCIETA’ COSTRUZIONI GENERALI SRL”, elettivamente domiciliato in

ROMA, V. VITO GIUSEPPE GALATI 100-C, presso lo studio dell’avvocato

ENZO GIARDIELLO, rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE

NAPOLITANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 9165/01/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 02/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

F.I., nella qualità di legale rappresentante della Società costruzioni Generali s.r.l., ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza resa dalla CTR Campania indicata in epigrafe che, confermando la decisione di primo grado, ha rigettato il ricorso proposto dalla contribuente teso ad ottenere il rimborso dell’IVA relativa al periodo d’imposta 1999 e 2000. Secondo la CTR avendo esercitato il diritto al rimborso con la compilazione del modello unico 2002 la parte contribuente era incorso nella prescrizione decennale, avendo presentato istanza di rimborso il 17.12.2015, in assenza di atti interruttivi della prescrizione comunque non provati dalla stessa.

L’Agenzia delle entrate non si è costituita.

Con il primo motivo la ricorrente, dopo avere premesso che il diritto al rimborso era stato riconosciuto dalla sentenza di questa Corte n. 20707/2016 che aveva definito il giudizio promosso contro la cartella di pagamento notificata per il disconoscimento della detrazione IVA in modo sfavorevole alla suddetta, si deduce la violazione della sentenza impugnata, non avendo la stessa considerato l’interruzione della prescrizione del diritto al rimborso risultante dallo svolgimento del processo risultante dalla sentenza sopra ricordata, in ogni caso operando d’ufficio fino al passaggio in giudicato della sentenza stessa.

Con la stessa censura la parte ricorrente deduce l’omessa pronunzia della sentenza impugnata che non avrebbe pronunziato sulle varie richieste ed eccezioni svolte in grado di appello.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ancora, la nullità della sentenza impugnata per assenza dei suoi requisiti essenziali.

Vanno esaminati con priorità la seconda censura esposta nel corpo del primo motivo e il secondo motivo di ricorso.

Quanto al vizio di omessa pronunzia, tale censura è inammissibile, non avendo la parte ricorrente nemmeno specificato le domande o le eccezioni non esaminate dalla CTR, così disattendendo l’obbligo di autosufficienza del motivo di censura – cfr. Cass. n. 15367 del 04/07/2014, Cass. n. 25714/2014 -.

Il secondo motivo di ricorso è infondato, avendo la CTR espresso in modo razionale e comprensibile le ragioni poste a base della decisione, esponendo gli elementi essenziali della controversia di primo e secondo grado e con una motivazione pienamente in linea con i canoni fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di minimo costituzionale dell’iter motivatorio delle sentenze – cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014 -.

Anche il primo motivo di ricorso è infondato.

Ed invero, dalla lettura della sentenza n. 20707/2014 erroneamente indicata come avente il n. 20707/2016 a pag. 8 del ricorso – emerge inconfutabilmente che in quel procedimento venne in rilievo esclusivamente la legittimità della cartella emessa dall’Ufficio ed il diritto alla detrazione del credito di imposta in contestazione, attesa l’omessa presentazione della dichiarazione IVA per l’anno precedente quello nel quale tale credito era stato esposto. In quella circostanza, tanto il giudice di appello che la Cassazione esclusero il diritto a detrazione ritenendo esistente il “diverso” diritto al rimborso che non era tuttavia stato oggetto di quel procedimento.

Sulla base di tali considerazioni, la sentenza impugnata si sottrae alla critica esposta dalla parte ricorrente, non potendosi individuare nel procedimento definito da questa Corte con la ricordata sentenza n. 20707/2014 alcun atto interruttivo relativo all’istanza di rimborso, nemmeno potendo vale l’interruzione della prescrizione in relazione alla pendenza di quel giudizio ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 2, proprio in relazione alla circostanza che in quel giudizio non era in discussione la domanda di rimborso, indicata dai giudici di merito e di legittimità come ipotesi alternativa alla detraibilità dell’IVA invece negata per effetto della mancata presentazione della Dichiarazione.

In questa direzione, del resto, si pone il principio espresso da questa Corte secondo il quale in tema di IVA versata in eccesso, poichè detrazione e rimborso d’imposta sono manifestazioni alternative del medesimo diritto, ancorchè non subordinate ai medesimi presupposti, al contribuente che, entro il termine di decadenza, abbia esercitato il diritto alla restituzione con richiesta di detrazione contrastata dall’Amministrazione finanziaria per inosservanza dell’obbligo di presentare la dichiarazione annuale – che risponde alla specifica funzione di consentire il controllo della correttezza della liquidazione dell’IVA stessa – non può, in caso di esito negativo del giudizio sulla detrazione, ritenersi precluso il rimborso del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 30, se richiesto entro il termine di prescrizione – cfr. Cass. n. 20040/2011 -.

Sulla base di tali considerazioni il ricorso deve essere respinto, dando atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, nulla sulle spese.

Dà atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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