Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32531 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 09/10/2019, dep. 12/12/2019), n.32531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12633-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTIO

CALVINO 33, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA CANNAS, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO ALVARO TROVATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 946/18/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

16/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con la sentenza impugnata la CTR della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da F.G. avverso il diniego opposto dall’amministrazione finanziaria al rimborso della quota pari al 90 per cento delle imposte IRPEF versate per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dalla predetta contribuente. Secondo la CTR era fondata la domanda di rimborso, a nulla risultando il contribuente essere un lavoratore dipendente.

Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con due motivi l’Agenzia delle entrate.

Si è costituita con controricorso la parte resistente.

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, nonchè della L. n. 190 del 2012, art. 1, comma 655, e della Dir. n. 77/388/CEE, come interpretata dagli organi dell’UE. Con il secondo motivo si prospetta la violazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665. Secondo la ricorrente la contribuente svolgeva pacificamente attività d’impresa, per cui non le era dovuto il chiesto rimborso.

Secondo la ricorrente la CTR, sulla residua pretesa relativa, pacificamente, a redditi da lavoro autonomo ritratti dal contribuente, dopo che il predetto aveva rinunziato al rimborso delle somme relative a ritenute d’acconto correlate a redditi da lavoro dipendente trattenute dal datore di lavoro, aveva riconosciuto il rimborso di somme in favore di esercente attività di lavoro autonomo, ancorchè ciò fosse impedito dalla piena assimilabilità di tali redditi a quelli da attività d’impresa, per i quali era stato escluso il diritto al rimborso dalle pronunzie degli organi Eurounitari sopra indicati.

I due motivi di ricorso, che meritano un esame congiunto, sono fondati.

Ed invero, come già chiarito da questa Corte in pronunzie relative a materia omogenea a quella qui in esame, il diritto al rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in favore dei “soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi del O.M. per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, art. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990”, è espressamente escluso per “quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea”, atteso che la Corte di giustizia nella sentenza del 17/07/2008, in causa C-132/06, aveva già rilevato l’incompatibilità delle Disp. condonistiche di cui alla L. n. 289 del 2002, con il sistema comune dell’IVA, in quanto, introducendo rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, alteravano il principio di neutralità fiscale.

indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica.

Dovendo quindi dare continuità ai principi già espressi da questa Corte e sopra riportati – v. anche Cass. n. 7730/2019, Cass. n. 5113/2019 -, è evidente come la CTR non si sia ad essi allineata, avendo riconosciuto per redditi derivanti da attività di lavoro autonomo (come lo stesso contribuente contesta nel controricorso, invece prospettando la non estensibilità al lavoratore autonomo dei principi espressi da questa Corte con riguardo all’attività imprenditoriale) il rimborso senza compiere le verifiche invece dovute al fine di riconoscere o escludere il reclamato rimborso, in relazione a quanto sopra esposto.

Pertanto, il ricorso va accolto nei termini di cui in motivazione e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR Sicilia cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità ai superiori principi di diritto, osservando la decisione della Commissione UE del 14/08/2015 e le indicazioni della Corte di giustizia del 15/07/2015, nonchè di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Sicilia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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