Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32525 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 12/12/2019), n.32525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14975-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA

COLONNA, 40, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO DI CAPUA,

rappresentato e difeso dagli avvocati EDVIGE CONTE, GIUSEPPE

SANGIOVANNI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9464/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 09/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Campania, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso una decisione della CTP di Napoli, che aveva accolto il ricorso della contribuente s.r.l. “TWINS CORPORATION” avverso una cartella di pagamento per IRES ed IVA 2011, dalla contribuente conosciuta solo a seguito di rilascio di estratto di ruolo avvenuto il 14 gennaio 2016.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che con il primo motivo la ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la funzione della notificazione era quella di portare l’atto a conoscenza del destinatario e nel momento in cui la conoscenza della cartella risultava incontrovertibilmente acquisita, nessun rilievo poteva avere l’eventuale nullità od inesistenza della notifica; inoltre la comunicazione di irregolarità, atto prodromico da cui aveva tratto origine la cartella impugnata, era stata regolarmente portata a conoscenza della società contribuente, la quale aveva effettuato il pagamento della prima rata il 2 gennaio 2014 e, secondo le norme vigenti all’epoca, il termine ultimo per la notifica della cartella di pagamento sarebbe stato il 31 dicembre 2016, si che l’agente della riscossione non era decaduto dal potere di notifica della cartella, atteso che la società contribuente era venuta a conoscenza del ruolo il 14 gennaio 2016;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, e art. 26, comma 2, nonchè del D.M. n. 163 del 2013, artt. 5 ed 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente era stato affermato che la pec con la quale la cartella era stata notificata non avrebbe avuto il crisma dell’autenticità, avendo il file contenente la cartella un’estensione “pdf” e non “p7m”, si che non era garantita l’immodificabilità del contenuto del documento informatico; ma se la sottoscrizione della cartella in formato cartaceo non costituiva requisito di legittimità della stessa, essendo sufficiente che l’atto fosse inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, ciò doveva valere anche per la versione informatica della cartella in pdf, dovendosi la stessa ritenere del tutto regolare, pur se non sottoscritta con firma digitale, essendo l’invio a mezzo pec equipollente all’invio di copia cartacea di una cartella con raccomandata; e poichè non era contestato che la pec di Equitalia era stata trasmessa all’indirizzo della società, non poteva ritenersi che essa fosse invalida in quanto priva di autentica e sottoscrizione con formato p7; d’altra parte la cartella allegata al messaggio pec ricevuto dalla contribuente era essa stessa l’originale e non una copia fotoriprodotta, si che non sarebbe stata necessaria alcuna attestazione di conformità all’originale del file trasmesso;

che, con il terzo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.M. n. 163 del 2013, artt. 5 ed 8; dell’art. 48 C.A.D., comma 2, di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la notifica a mezzo pec presentava, rispetto a quella effettuata con modalità cartacea, alcune caratteristiche ulteriori, che consentivano di risalire con certezza ai documenti digitalizzati ed allegati ad un messaggio di posta elettronica certificata, atteso che il gestore del servizio rilasciava al mittente una ricevuta che costituiva prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio e degli eventuali allegati; ed allo stesso modo il gestore della casella pec del destinatario inviava al mittente la ricevuta di avvenuta consegna; era pertanto errata la sentenza della CTR nella parte in cui aveva affermato che l’agente della riscossione non aveva prodotto nemmeno in giudizio una copia del documento inoltrato via pec, si che restava oggettivamente incerto il contenuto dell’atto notificato; al contrario, la prova della consegna della pec, avente ad oggetto la notifica della cartella di cui è causa, era sufficiente ad assolvere l’onere dell’ufficio, spettando eventualmente al contribuente provare la difformità del contenuto di quanto ricevuto;

che l’intimata si è costituita con controricorso, presentando altresì memoria;

che i tre motivi di ricorso anzidetti, da trattare congiuntamente, siccome strettamente correlati fra di loro, sono fondati;

che, invero, condivisibilmente l’Agenzia delle entrate ha lamentato l’erroneità della sentenza impugnata, per avere la stessa ritenuto che l’unica cartella di pagamento, di cui la società contribuente era venuta a conoscenza a seguito di rilascio di copia di estratto ruolo, non le fosse stata ritualmente notificata, in quanto la notifica era stata effettuata via pec ed in quanto, per la validità di detta notifica, sarebbe stato necessario che il documento trasmesso avesse estensione “p7m”;

che invero la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. SS.UU. n. 10266 del 2018) ha escluso la sussistenza di un obbligo esclusivo di usare la firma digitale in formato CADES, in cui il file generato si presenta con l’estensione finale “p7m”, rispetto alla firma digitale in formato PADES, nel quale il file sottoscritto mantiene il comune aspetto “nomefile.pdf”, atteso che anche la busta crittografica generata con la firma PADES contiene pur sempre il documento, le evidenze informatiche ed i prescritti certificati, si che anche tale ultimo formato offre tutte le garanzie e consente di effettuare le verifiche del caso, anche secondo il diritto Euro unitario, non essendo ravvisabili elementi obiettivi, in dottrina e prassi, tali da far ritenere che solo la firma in formato CADES offra garanzie di autenticità, laddove il diritto dell’UE e la normativa vigente nel nostro paese certificano l’equivalenza delle due firme digitali, egualmente ammesse dall’ordinamento, sia pure con le differenti estensioni “p7m” e “pdf”;

che è pertanto da ritenere che l’unica cartella di pagamento, di cui si è fatta menzione nell’estratto di ruolo rilasciato alla società contribuente, sia stata regolarmente notificata alla società contribuente a mezzo pec;

che, inoltre, la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che l’estratto di ruolo è un atto interno dell’agente per la riscossione, la cui finalità è solo quella di ricapitolare e dare contezza all’amministrazione finanziaria dell’attività da lui svolta per la riscossione dei tributi, a lui affidati con la consegna dei relativi ruoli;

che l’estratto di ruolo non può quindi formare oggetto di autonoma impugnazione;

che ciò tuttavia non esclude che esso possa essere legittimamente impugnato unitamente all’atto impositivo, normalmente costituito da una cartella di pagamento, cui esso si riferisce;

che, invero, solo in mancanza di tale ultimo atto è da ritenere insussistente un interesse attuale e concreto del contribuente ad instaurare una lite tributaria ex art. 100 c.p.c., anche perchè, in sede di contenzioso tributario, non sono previste azioni di accertamento negativo del tributo (cfr., in termini, Cass. Sez. 5 n. 6610 del 15 marzo 2013, Rv. 625889);

che detti principi sono stati autorevolmente confermati da questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 19074 del 2015), essendo stato appunto chiarito che il contribuente può impugnare una cartella di pagamento, della quale, a causa dell’invalidità della relativa notifica, sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto ruolo, rilasciato su sua richiesta dall’agente della riscossione, atteso che non può essere precluso al contribuente di far constare nelle competenti sedi contenziose l’invalidità della notifica di un atto, del quale egli sia appunto venuto a conoscenza attraverso l’acquisizione dell’estratto di ruolo, il quale costituisce quindi un legittimo veicolo, attraverso il quale poter fare constare l’omessa notifica di una cartella di pagamento;

che, pertanto, una volta accertato, come nel caso in esame, la rituale notifica dell’unica cartella di pagamento, cui si riferiva l’estratto di ruolo rilasciato alla società contribuente, cade ogni ulteriore possibilità di contestare l’estratto di ruolo;

che il ricorso in esame va pertanto accolto e, potendosi decidere la causa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va rigettata la domanda iniziale della contribuente, con compensazione delle spese, tenuto conto dell’esito alternativo del contenzioso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda iniziale della contribuente e compensa fra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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