Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32520 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. I, 14/12/2018, (ud. 14/09/2018, dep. 14/12/2018), n.32520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2477/2018 proposto da:

G.R., V.R.P., elettivamente domiciliati in Breno

presso l’avv. Gerardo Milani, dal quale sono rappresentate e difese,

con procure speciali allegate al ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.L., nella qualità di curatore speciale; M.S.,

nella qualità di tutore dei minori B.R.N. e

B.S.A.; elett.te domic. presso l’avv. M.S. che

rappres. e difende la P. e sè stessa, con procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

nonchè

G.C.; B.S.; elett.te domic. presso l’avv.

Luigistelio Becheri dal quale sono rappres. e difesi con procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti incidentali –

contro

P.L., nella qualità di curatore speciale; M.S.,

nella qualità di tutore dei minori B.R.N. e

B.S.A.; elett.te domic. presso l’avv. M.S. che

rappres. e difende la P. e sè stessa, con procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n.1739/2017 emessa dalla Corte d’appello di

Brescia depositata il 18/12/2017;

udita la relazione del Sostituto Procuratore Generale, dott.

SORRENTINO FEDERICO il quale ha concluso per il rigetto di entrambi

i ricorsi;

udito il difensore dei ricorrenti, avv. Milani, anche per delega

dell’avv. Becheri;

udita la relazione del cons. CAIAZZO ROSARIO alla udienza pubblica

del 14 settembre 2018.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale per i minorenni di Brescia, con sentenza dell’8.4.2016, ha dichiarato lo stato di adottabilità di tre fratelli minorenni tra cui (oltre alla terzogenita non coinvolta in questo giudizio) B.R.N. nato il (OMISSIS) e B.S.A. nato il (OMISSIS), figli di G.R.. Di quest’ultimi ha disposto il collocamento presso una coppia in lista di attesa, nel contempo sospendendo la potestà genitoriale della madre e imponendo la graduale interruzione dei rapporti con la nonna materna, V.M.P..

In particolare, il Tribunale ha osservato che: la madre e i due minori – il cui padre è deceduto – erano già seguiti a causa delle fragilità genitoriali della prima, consumatrice di stupefacenti anche durante l’ultima gravidanza (la terzogenita è stata concepita con straniero privo di permesso di soggiorno e destinatario di provvedimento d’espulsione); da varie relazioni era emersa la scarsa cura della G. verso i figli i quali manifestavano regressione e vari disagi, nonchè criticità nell’apprendimento; la nonna materna – la quale era seguita dal servizio sociale per difficoltà genitoriali nella cura dell’altra figlia minorenne e viveva con soggetto in stato di detenzione domiciliare – aveva supportato la figlia ed aveva soddisfatto i bisogni primari dei due minori, ma residuavano dubbi sulla sua capacità di rispondere ai bisogni affettivi ed evolutivi degli stessi.

Avverso tale sentenza hanno proposto appello, con separati atti, V.R.P. e G.R., nonchè G.C. e B.S. chiedendo tutti la revoca della dichiarazione di adottabilità nei confronti dei due menzionati minori. Si sono costituiti la curatrice speciale, avv. P.L., e la tutrice dei minori, avv. M.S..

La Corte d’appello di Brescia, previa riunione dei gravami, con sentenza n. 1739 del 18 dicembre 2017 ha respinto gli appelli, argomentando anche che: premesso che la nonna V. era stata l’unica inizialmente a chiedere l’affido dei minori, la madre G.R. era comunque persona priva delle pur minime competenze genitoriali in quanto di personalità non strutturata, assuntrice di stupefacenti, sempre legata a soggetti che vivevano ai margini della società con tendenza a delinquere e riluttante a collaborare con i servizi sociali; la stessa G. non aveva sviluppato un significativo legame con i figli, avendo delegato la relativa cura alla madre, senza alcuna consapevolezza del proprio ruolo genitoriale; la nonna V. non era in grado di assicurare la crescita sana ed equilibrata dei due nipoti, come desumibile dalla ctu e dal colloquio tra il ctu e la coordinatrice della comunità ove erano stati ospitati gli stessi minori e dall’incontro tra la nonna e i minori da cui era altresì emersa la conferma dell’incapacità della prima di allevare ed educare i nipoti i quali versavano in una condizione particolarmente compromessa, come descritta in motivazione, e richiedevano costante e continua attenzione, coerenza educativa e stabilità.

La Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione degli zii materni G. e B. circa l’affidamento dei minori, rilevando pure che: gli istanti non avevano colto l’impellente esigenza d’immediata collocazione dei nipoti in un contesto sereno e tranquillo e non avevano costruito con loro un rapporto significativo ma, anzi i relativi incontri avevano contribuito ad alimentare nei minori uno stato di confusione emotiva; il ctu aveva espresso valutazione negativa in ordine alla capacità dei coniugi istanti di farsi carico dei bambini.

G.R. e V.P. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Con successivo separato atto, i coniugi G.C. e B.S. hanno proposto autonomo ricorso (qualificabile come incidentale) avverso la stessa sentenza, affidato a tre motivi.

Hanno resistito gli avv.ti P., quale curatrice speciale, e l’avv. M., quale tutrice dei minori, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza degli avversi ricorsi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso principale è stata denunziata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè degli artt. 6 e 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, avendo i ricorrenti lamentato che la Corte d’appello avesse desunto l’elemento sintomatico della condizione di abbandono morale e materiale dei minori dal disagio manifestato all’ingresso in comunità nell’ottobre 2015, non ponendolo a raffronto per rapporto causale con le condizioni di vita degli stessi minori al tempo in cui avevano vissuto con la nonna V.R..

Al riguardo, i ricorrenti hanno dedotto anche che: nel periodo in cui i minori erano stati accuditi dalla nonna non avevano manifestato i problemi evidenziati nella sentenza impugnata; lo stato di disagio dei minori era insorto nell’ambito della loro collocazione presso la comunità del Servizio sociale; dal verbale di audizione degli operatori del Servizio sociale, in data 27.2.15, era invece emerso che nel periodo in cui i minori erano stati accuditi dalla nonna non si erano verificati elementi di grave criticità del loro comportamento, risultando ben inseriti nel gruppo di classe e apparendo curati nell’aspetto e nell’igiene; nelle relazioni di aggiornamento del 5.10.15 e 20.1.16 gli operatori del Servizio sociale attestarono che i minori avevano intrattenuto un ottimo rapporto con la nonna con la quale vi era confidenza e vicinanza affettiva e di condivisione.

Con il secondo motivo è stata dedotta la nullità ex art. 360 c.p.c., n. 3, per omessa e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1, 4, 8 e 12, e della L. n. 173 del 1915, nonchè dell’art. 8 della suddetta Convenzione, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto la V. inidonea all’affido vicariante dei minori per le ragioni a sostegno del primo motivo, risultando violato il diritto alla continuità affettiva dei bambini in affido familiare, costituendo il ricorso all’adozione un estremo rimedio in caso di comprovata impossibilità di crescere il minore nella propria famiglia.

Con il terzo motivo è stata denunziata nullità, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per omessa e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, predetti artt. 1,4,8 e 12, per aver la Corte d’appello erroneamente ritenuto gli zii dei minori, Br.Cr. e B.S., persone incapaci di assumerne l’affido e di offrire un idoneo sostegno parentale ai minori.

Con il primo motivo del ricorso incidentale i ricorrenti – nella qualità di zii materni dei due minori – hanno denunziato violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1,8 e 10, avendo la Corte d’appello escluso che potessero farsi carico dei minori, tenendo conto delle relazioni di aggiornamento sulla situazione degli stessi, in contrasto con quanto disposto con l’ordinanza del 7.10.16 (in cui fu ritenuto che non ricorressero ragioni per sospendere i loro rapporti con i minori).

Con il secondo motivo è stata denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo, della Convenzione Europea di Strasburgo sull’esercizio dei diritti dei fanciulli e della Carta fondamentale dell’Unione Europea per non aver la Corte d’appello valutato il preminente interesse dei minori a vivere nell’ambito della propria famiglia.

Con il terzo motivo è stata denunziata violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 7, non avendo la Corte d’appello ascoltato i minori, emergendo dalla ctu che era stato ritenuto di non incontrarli vista la condizione critica dei minori a livello psichico ed emotivo e il corposo lavoro di osservazione e valutazione compiuto dagli operatori della comunità in cui i bambini alloggiavano.

Il ricorso principale è inammissibile.

Anzitutto, non è accoglibile l’eccezione d’inammissibilità proposta dalle parti controricorrenti le quali hanno rilevato che la decisione impugnata è del tutto conforme ai precedenti della Corte in materia e non sarebbero stati offerti nuovi elementi di valutazione. Al riguardo, la sentenza impugnata verte, piuttosto che su precedenti specifici, sull’esame complessivo di una serie di fatti e documenti (tra cui relazioni dei Servizi sociali aggiornate al 2017; ctu, colloquio tra operatore dei Servizi sociali e coordinatore della comunità cui furono affidati i minori).

Il primo motivo del ricorso è tuttavia inammissibile perchè tendente al riesame dei fatti. Invero, i ricorrenti hanno criticato le ragioni della sentenza impugnata in ordine all’inadeguatezza di G.R. a svolgere le competenze genitoriali; la Corte territoriale ha effettuato una dettagliata ricostruzione dell’iter della complessa vicenda, esaminando il complesso delle emerse risultanze, i vari fatti e le relazioni dei Servizi sociali e del ctu da cui ha attendibilmente tratto il convincimento per cui è causa. Pertanto, la critica è diretta a conseguire una valutazione favorevole del merito della causa attraverso una diversa ricostruzione ed interpretazione dei vari elementi probatori acquisiti nei primi due gradi del giudizio e, come tale, è inammissibile.

Il secondo motivo è strettamente connesso al primo, nel senso che i ricorrenti si dolgono del mancato affido vicariante alla nonna, V.M.P., lamentando la violazione delle norme richiamate (sul diritto alla continuità della vita in famiglia dei minori e dell’affido a soggetti esterni alla famiglia d’origine quale extrema ratio). Il motivo è parimenti inammissibile essendo diretto al riesame dei fatti di causa e ad una diversa valutazione degli elementi valorizzati dalla Corte d’appello, in base ai quali è stata espressamente e plausibilmente esclusa la possibilità di affidare i minori alla stessa V., pure ipotizzando il sostegno di suo figlio C. con la moglie, genitori di una bambina nata nel 2015.

Il terzo motivo è connesso al secondo e riguarda la posizione degli zii dei minori, ricorrenti in via autonoma; appare del pari inammissibile perchè diretto al riesame dei fatti e a prospettare una diversa interpretazione degli elementi vagliati anche dal giudice d’appello che hanno evidenziato l’inidoneità degli stessi ricorrenti in ordine al richiesto affido.

Il ricorso incidentale è inammissibile.

Il primo motivo – che è connesso al terzo del ricorso principale esprimendo in sostanza la medesima critica – tende al riesame dei fatti in quanto la Corte d’appello ha motivatamente escluso, come detto, l’affidamento dei minori ai ricorrenti data l’inadeguatezza degli stessi, alla luce delle relazioni di aggiornamento che avevano evidenziato che le uscite con gli zii procuravano ai bambini un’ulteriore sofferenza emotiva e psicologica, rilevando altresì che da quando erano stati sospesi i rientri dai parenti pure le crisi di encopresi di uno dei due minori erano diminuite.

Il secondo motivo è inammissibile perchè la censura è stata formulata genericamente (in ordine alla violazione del preminente interesse dei minori) e comunque, la doglianza è infondata avendo la Corte territoriale ampiamente e esaustivamente argomentato sulla necessità di escludere ogni affidamento dei minori all’interno della famiglia proprio al fine di garantirne il preminente interesse.

Il terzo motivo è parimenti inammissibile.

Occorre richiamare il condiviso orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di adozione, la L. n. 184 del 1983, art. 15, come modificato dalla L. n. 149 del 2001, per il quale il minore di età inferiore ai dodici anni, se capace di discernimento, deve essere sentito in vista della dichiarazione di adottabilità, conferisce al giudice un potere discrezionale di disporne l’ascolto, anche al fine di verificarne la capacità di discernimento, senza tuttavia imporgli di motivare sulle ragioni dell’omessa audizione, salvo che la parte abbia presentato una specifica istanza con cui abbia indicato gli argomenti ed i temi di approfondimento, ex art. 336 bis c.c., comma 2, su cui ritenga necessario l’ascolto del minore (Cass., n. 5676/17).

Nel caso concreto, i minori sono stati sentiti dagli operatori sociali e non risulta che le parti abbiano richiesto di sentire gli stessi su specifici argomenti, sicchè l’omesso ascolto da parte del giudice non ha comportato alcuna violazione di legge.

Implicando la controversia la concomitante incidenza di problematici aspetti personali, familiari e sociali va disposta la compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra tutte le parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa le spese del giudizio.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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