Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32513 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 14/12/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 14/12/2018), n.32513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3462-2017 proposto da:

B.G., nella qualità di legale rappresentante della

Cooperativa “Castello”, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PULVIRENTI GRAZIA;

– ricorrente –

contro

V.G.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 414/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 4/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’ 11/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. SCRIMA

ANTONIETTA.

Fatto

CONSIDERATO

che:

B.G., nella qualità di presidente pro tempore e legale rappresentante della Cooperativa Castello, ha proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi, nei confronti di V.G.M. (o M.C.) e avverso la sentenza n. 414/2016 della Corte di appello di Messina, pubblicata il 4 luglio 2016, che ha rigettato l’appello proposto dal B., nella predetta qualità, avverso la sentenza del Tribunale di Messina, sezione distaccata di Taormina, del 20 maggio 2011, con la quale era stata rigettata la domanda avanzata dalla Cooperativa Castello e volta al rilascio di un immobile asseritamente occupato senza titolo dalla V.G., essendo stato il marito della stessa, successivamente deceduto, espulso come socio dall’attrice;

l’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede;

la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;

rilevato che:

con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2533 c.c. in relazione all’art. 14555 c.c. e dello statuto Cooperativa Castello, art. 14 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 2567 c.c. – Morosità del socio accertata con delibera del consiglio di amministrazione – Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.”, si sostiene che erroneamente la Corte territoriale abbia ritenuto che il Castiglione non fosse moroso e avesse provveduto al pagamento di quanto richiesto dalla Cooperativa edilizia, deducendosi al riguardo che: a) il predetto era stato escluso dalla cooperativa per morosità, b) la relativa delibera non era mai stata impugnata o revocata ed era stata comunicata a mezzo raccomandata al Castiglione, c) questi non era più socio quando aveva effettuato ulteriori pagamenti in favore della cooperativa, d) la V.G. non poteva subentrare nella posizione del marito deceduto, non essendo più il Castiglione socio della cooperativa, in quanto espulso per morosità;

con il secondo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2534 c.c. inesistenza del subingresso della V. quale socio della cooperativa inosservanza dell’art. 17 dello statuto nessuna domanda nuova in appello violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.”, si lamenta che la Corte di merito abbia errato “a ritenere domanda nuova (quella di rilascio sotto il profilo della mancanza di subingresso nella qualità di socio per assenza della relativa istanza da parte della V. e degli altri eredi di Castiglione”, trattandosi, invece, “di semplice censura mossa alla sentenza di primo grado e volta a dimostrare l’assenza di valido titolo in capo alla V. per occupazione dell’alloggio di e.r.p.”; si sostiene, inoltre, che la Corte di merito avrebbe violato l’art. 2534 c.c., richiamato dallo statuto della cooperativa edilizia, art. 17, ritenendo che la V. fosse subentrata ipso iure nella qualità di socio del C., espulso quale socio dalla cooperativa sei anni prima della sua morte, avvenuta nel (OMISSIS);

ritenuto che:

entrambi i motivi difettano di specificità, con conseguente violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non essendo stato riportato, nel primo di nessi, il tenore letterale degli atti cui ivi si fa riferimento, almeno per la parte che rileva in questa sede, precisandosi che il doc. n. 4) (lettera in data 31 dicembre 2001 del Banco di Sicilia), indicato a p. 9 del ricorso, non corrisponde al documento n. 4) (statuto della Cooperativa Castello) indicato a p. 12 del ricorso, non essendo stata neppure specificata, in relazione alla dedotta attività di contestazione delle fotocopie delle ricevute di versamento di somme a favore della cooperativa, la data dell’udienza in cui tale contestazione sarebbe stata effettuata e non essendo stata, altresì, riportata, nel secondo motivo, la censura così come formulata in appello e che si assume non costituente domanda nuova;

il primo motivo, inoltre, non si correla alla decisione impugnata in punto di sindacato sulla legittimità della delibera di esclusione quale socio del C., atteso che, con il detto mezzo, non si critica in alcun modo l’affermazione della sentenza impugnata (v. p. 7) circa la legittimità di quel sindacato quale conseguenza della “non contestata e non più discutibile giurisdizione ordinaria”;

con riferimento, infine, al secondo motivo, deve aggiungersi che risulta peraltro pretestuoso e indicativo della palese infondatezza del mezzo in parola sostenere che il mancato subentro nella qualità di socio per assenza della relativa istanza da parte della V. e degli altri eredi del C. costituisca “semplice censura mossa alla sentenza di primo grado”, essendo tale mancato subentro fatto costitutivo dell’azione;

alla luce di quanto sopra evidenziato, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso;

non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo l’intimata svolto attività difensiva in questa sede;

va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1-quater, , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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