Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32510 del 12/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 12/12/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 12/12/2019), n.32510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10305-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ADDA, 55,

presso lo studio dell’avvocato MANDARA ALFONSO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE. ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE III DI ROMA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5660/10/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 02/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, accogliendo l’appello proposto dall’ufficio, riformava la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso di M.G., esercente la professione di avvocato, contro il diniego di rimborso di Irap per gli anni dal 2004 al 2011, ritenendo che l’attività di avvocato dal contribuente svolta e l’impiego di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile costituivano prova dell’autonoma organizzazione, anche indipendentemente dalla collaborazione di terzi. Peraltro, la circostanza che il professionista presenziasse anche in Fori diversi e in un ambito in cui vi erano altri professionisti, contribuiva ad aumentare la possibilità di offerta professionale, costituendo un quid pluris rilevante ai fini dell’imposta.

Il M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, al quale non ha resistito l’Agenzia delle entrate.

Con il primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 23 e 3. La CTR non si sarebbe attenuta ai principi espressi da questa Corte che avrebbero agevolmente consentito di escludere la sussistenza del presupposto dell’autonoma organizzazione rispetto alla vicenda concreta, in relazione alla minimalità dei costi ed alla sussistenza di beni strumentali minimi.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dei medesimi parametri normativi indicati nel primo motivo stigmatizzando la decisione impugnata, laddove avrebbe valorizzato elementi irrilevanti ai fini dei presupposti richiesti per l’applicazione del tributo Irap.

Con il terzo motivo si deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, rappresentando che la CTR avrebbe tralasciato di considerare la documentazione prodotta – quadri RE che dimostravano l’assenza dei presupposti per l’applicazione del tributo IRAP.

I tre motivi di ricorso, stante la loro stretta connessione, meritano un esame congiunto e sono tutti fondati.

Ed invero, giova ricordare che in tema di IRAP nel caso di attività professionale, questa Corte ha già ritenuto che tale imposta coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da “un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto ecc.)”, cosicchè è “il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista (…) ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale” (Cfr. Cass. n. 22969/2018, che richiama Cass. n. 15754 del 2008; Cass., S.U., n. 12109 del 2009; Cass. n. 23370 del 2010; Cass. n. 16628 del 2011).

In questo contesto, si è ritenuto che “La locazione di uno studio, da parte di un avvocato, l’utilizzazione di software per il collegamento ad una banca dati, la formazione di un archivio, non costituiscono elementi idonei a configurare la sussistenza dei presupposti impositivi, poichè detti elementi, quali che siano il loro valore o le loro caratteristiche, rientrano nelle attrezzature usuali, o che dovrebbero essere usuali, per il suddetto professionista” (vedi Cass. n. 24117 del 2012; Cass. n. 9692 del 2012 e n. 13048 del 2012).

Peraltro, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., S.U., n. 9451 del 2016) hanno ulteriormente specificato che il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 – il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Orbene, la CTR ha totalmente tralasciato di applicare i superiori principi, ritenendo che ai fini della sussistenza dei presupposti richiesti ai fini IRAP potesse avere autonomo rilievo l’esercizio in sè dell’attività professionale e le modalità di svolgimento della stessa- in diversi fori- anche in assenza di collaborazioni esterne, peraltro considerando in via astratta e non concreta gli elementi rappresentati dai beni strumentali, senza alcun riferimento ai dati forniti dal contribuente.

Sulla base di tali considerazioni, la sentenza impugnata, in accoglimento dei tre motivi di ricorso va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2019

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