Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3251 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2020, (ud. 02/07/2019, dep. 11/02/2020), n.3251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5438/2018 R.G. proposto da:

R.P. e R.E., rappresentati e difesi dall’avv.

Giuseppe Ciaramella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.

Pierpaolo Bagnasco, sito in Roma, via Donatello, 71;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Campania, n. 6573/22/17, depositata il 12 luglio 2017;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2019

dal Consigliere Catallozzi Paolo.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– R.P. e R. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata del 12 luglio 2017, di reiezione dell’appello dai medesimi proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il loro ricorso per l’annullamento di un avviso di pagamento avente ad oggetto la maggiore accisa pretesa per la destinazione di gasolio ad uso agricolo – e, dunque, ad aliquota agevolata – ad altri usi soggetti ad aliquota ordinaria;

– il giudice di appello ha respinto il gravame dei contribuenti evidenziando che dagli elementi probatori acquisiti emergeva la prova del loro coinvolgimento nell’evasione delle accise, perpetrata mediante emissione di fatture e altri documenti falsi al fine di celare l’identità dei cessionari del gasolio;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;

– i ricorrenti depositano memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;

– il pubblico ministero conclude chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso i contribuenti denunciano la violazione degli artt. 1742 e 2049 c.c. e del T.U. 26 ottobre 1995, n. 504, artt. 2 e 25, per aver la sentenza impugnata affermato la loro responsabilità benchè avessero operato, in esecuzione di un rapporto di rappresentanza commerciale, in nome e per conto del Consorzio Agrario Provinciale di Caserta s.coop. a r.l., soggetto che aveva rivestito la qualità di cedente del gasolio nelle operazioni rilevate;

– il motivo è inammissibile;

– la Commissione regionale, pur riconoscendo che le cessioni di gasolio rilevato sono state formalmente poste in essere dal Consorzio Agrario Provinciale di Caserta s.coop. a r.l., titolare del deposito fiscale dal quale avveniva l’immissione in consumo, ha rilevato che dagli elementi probatori acquisiti si ricavava “un quadro indiziario univoco sullo svolgimento dell’attività delittuosa di evasione delle accise da parte degli odierni appellanti in concorso tra loro utilizzando solo come schermo fittizio il Consorzio”;

– ha, dunque, evidenziato – con accertamento di fatto non aggredito in questa sede – che tale consorzio costituisse un soggetto giuridico dissimulante un’attività imprenditoriale esercitata, in via di fatto, dai ricorrenti;

– pertanto, la doglianza in esame non coglie la ratio decidendi, poichè omette di considerare l’assunto fattuale posto dal giudice di appello a fondamento della sua decisione e postula, implicitamente, una diversa ricostruzione dei fatti storici, ponendosi così in relazione di incompatibilità giuridica con la prospettazione del vizio di violazione di legge che, invece, pone l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione (cfr. Cass., ord., 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);

– con il secondo e ultimo motivo di ricorso i contribuenti deducono la violazione dell’art. 2909 c.c., per aver la sentenza impugnata disatteso il giudicato esterno formatosi nel giudizio di impugnazione dai medesimi instaurato per l’annullamento dell’avviso d’accertamento emesso ai fini Iva e delle imposte dirette;

– il motivo è infondato, in quanto il giudicato invocato risulta essere intervenuto nei confronti di un diverso soggetto, l’Agenzia delle Entrate;

– diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, ciascuna agenzia fiscale ha una propria soggettività, così come desumibile dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 61, secondo cui le agenzie fiscali hanno propria personalità giuridica di diritto pubblico (comma 1) e una propria autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria (comma 2);

– il riconoscimento dell’autonoma soggettività giuridica è coerente con la scelta legislativa di separare la titolarità dell’obbligazione tributaria, tuttora riservata allo Stato, e l’esercizio dei poteri statali in materia d’imposizione fiscale, il cui trasferimento all’Agenzia, previsto dal D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, esula dallo schema del rapporto organico, non essendo l’Agenzia un organo dello Stato, sia pure dotato di personalità giuridica, ma un distinto soggetto di diritto (così, Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2006, n. 3116);

– l’assenza del presupposto dell’identità delle parti tra il presente giudizio e quello cui si riferisce l’eccepito giudicato esterno osta all’applicazione degli effetti preclusivi di tale giudicato, atteso che l’efficacia soggettiva del giudicato è circoscritta, ai sensi dell’art. 2909 c.c., ai soggetti posti in condizione di intervenire nel processo (cfr. Cass. 15 settembre 2008, n. 23658; Cass. 8 febbraio 2006, n. 2786);

– il ricorso, pertanto, non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in via solidale, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.500,00, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in via solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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