Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3250 del 09/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 3250 Anno 2018
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: CRISTIANO MAGDA

ORDINANZA
sul ricorso n. 16686/015 proposto da:

Data pubblicazione: 09/02/2018

C JJ, c _

BANCA MONTE dei PASCHI di SIENA s.p.a, in persona del legale rapp.te pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Antonio Bosio 2, presso
lo studio dell’avvocato Massimo Luconi, che la rappresenta e difende giusta
procura in calce al ricorso;
-ricorrente contro
FALLIMENTO di BIGONI PRIMO;
-intimato avverso il decreto del TRIBUNALE di FERRARA, depositato il 26/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/09/2017
dal cons. MAGDA CRISTIANO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale dr. LUIGI SALVATO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RILEVATO CHE:
Il Tribunale di Ferrara, con decreto del 2.12.013, ha respinto l’opposizione
proposta da Banca Monte dei Paschi di Siena (in seguito MPS) s.p.a. contro il
provvedimento del G.D. al Fallimento di Bigoni Primo che aveva dichiarato
inammissibile, in quanto proposta dopo la scadenza del termine di cui all’art.
101 u. comma I. fall., la domanda dell’opponente di ammissione allo stato

dall’imprenditore poi fallito con Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. (poi
fusasi per incorporazione in MPS).
Il giudice del merito ha rilevato che la raccomandata ex art. 92 I.fall., pur
se diretta a Banca Antonveneta, era stata spedita dal curatore all’indirizzo
presso il quale l’originaria creditrice aveva eletto domicilio nel contratto
(rimasto immutato anche dopo il subentro di MPS) ed era stata ivi ritirata, da
persona evidentemente addetta al servizio della banca. Ha inoltre accertato
che l’opponente era già a conoscenza del fallimento, in quanto era intervenuta
in un procedimento esecutivo immobiliare promosso a carico di Primo Bigoni
da altro creditore, che era stato dichiarato improcedibile proprio a seguito
dell’apertura della procedura concorsuale, ed aveva successivamente
notificato al debitore un atto di pignoramento, che le aveva dato modo di
verificare che la sentenza dichiarativa era stata regolarmente trascritta.
Il decreto è stato impugnato da MPS con ricorso per cassazione affidato a
tre motivi, cui il Fallimento di Primo Bigoni ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1) Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità del controricorso, depositato
da difensore privo della procura speciale richiesta dall’art. 365 c.p.c., che si
assume conferita dal curatore in calce all’atto, ma che in realtà non vi risulta
apposta.
2) Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione degli artt. 92 e
101 I. fall., lamenta che il tribunale abbia ritenuto ad essa imputabile il
ritardo nella presentazione della domanda di ammissione, nonostante fosse
pacifico che il curatore aveva inviato la comunicazione di cui all’art. 92 I. fall. a
Banca Antonveneta, soggetto ormai estinto, e ad un indirizzo diverso dalla

passivo del credito ipotecario di C 362.610,67, derivante dal mutuo stipulato

propria sede legale. A sostegno della censura MPS deduce che nell’attuale
sistema, in cui la domanda di ammissione al passivo è soggetta a rigidi termini
di decadenza, detta comunicazione deve essere indirizzata, a pena di
inesistenza, al soggetto effettivamente legittimato e non può essere sostituita
da avvisi o da notizie a questo pervenuti in via informale, non potendo essere
posto a carico del creditore, tantomeno ai fini della valutazione della sua

3) Il motivo deve essere respinto.
3.1) Come già affermato da questa Corte (Cass. nn. 21316/015, 4310/012),
con principio cui il collegio intende dare continuità, l’omesso invio da parte del
curatore del fallimento dell’avviso al creditore previsto dall’art. 92 I. fall. é
fatto di per sé idoneo a dimostrare l’inimputabilità del ritardo nella
presentazione della domanda di ammissione al passivo, e dunque impeditivo
della decadenza sancita dall’u. comma dell’art. 101 I. fall., ferma però
restando la facoltà del curatore di provare il colpevole ritardo del creditore,
per aver questi, pur in mancanza del predetto avviso, avuto comunque notizia
del fallimento.
3.2) In questa sede va aggiunto che il principio, lungi dal finire con
l’addossare al creditore un insussistente dovere di informarsi del fallimento del
proprio debitore, trova il suo logico fondamento nel disposto dell’art. 2697 c.c.
Va infatti per un verso rilevato che, ai sensi dell’art. l’art. 101 u. comma
cit., spetta comunque al creditore di provare che il ritardo nella presentazione
della domanda non è dipeso da sua colpa e, per l’altro, che non v’è alcuna
norma che ponga una presunzione assoluta di inimputabilità del ritardo nel
caso di mancato invio dell’avviso di cui all’art. 92 I. fall: ne consegue che,
qualora detta evenienza si sia in concreto verificata e sia allegata dal creditore
ad assolvimento dell’onere probatorio che gli incombe, è senz’altro consentito
al curatore di fornire la prova contraria.
3.3) La ricorrenza, o meno, della prova del ritardo incolpevole è invece
oggetto di un accertamento in fatto riservato al giudice del merito, che sfugge
al sindacato di legittimità.

inerzia, l’onere di informarsi sul fallimento del proprio debitore.

Nella specie, peraltro, MPS ha contestato in via del tutto generica – e senza
indicare, secondo quanto richiesto dall’attuale testo dell’art. 360 n. 5 c.p.c., il
fatto storico controverso e decisivo di cui sarebbe stato omesso l’esame – la
valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal tribunale, che ha
ampiamente motivato in ordine alle ragioni del proprio convincimento,
rilevando come la prova che la banca avesse avuto sicura, tempestiva

della raccomandata contenente l’avviso ex art. 92 I. fall., nonostante il
curatore l’avesse erroneamente indirizzata alla sede dell’incorporata Banca
Antonveneta, sia dall’intervento dell’incorporante in una procedura esecutiva
immobiliare promossa contro Primo Bigoni che era stata successivamente
dichiarata improcedibile proprio a seguito del sopravvenuto fallimento
dell’imprenditore.
4)Col secondo e con il terzo motivo MPS solleva questione di legittimità
costituzionale dell’art. 101 u. comma I. fall., in riferimento agli artt. 76, 3, 24
e 47 Cost.: sotto il primo profilo, la ricorrente deduce che la disposizione non
troverebbe fondamento nell’art. 1

(recte: art. 6 lett. a sub 9) della legge

delega n. 80 del 2005 che, ove non ritenuto esso stesso in contrasto con l’art.
76 Cost. per la sua genericità, poneva gli unici obiettivi di abbreviare i tempi
della procedura e di semplificare le modalità di presentazione delle domande
di ammissione al passivo, ma non conteneva alcuna direttiva in materia
processuale; sotto il secondo, rileva che la norma, nel prevedere
l’inammissibilità della domanda depositata oltre il termine di un anno (o, nei
casi più complessi, di diciotto mesi) dalla data di esecutività dello stato
passivo, comporterebbe una disparità di trattamento fra creditori muniti di
privilegio o ipoteca, che, se concorsuali, per poter partecipare al riparto
devono insinuarsi al passivo prima che sia maturato il termine di decadenza,
mentre se intervengono in una procedura esecutiva immobiliare prima
dell’udienza di cui all’art. 596 c.p.c., concorrono alla distribuzione della somma
ricavata dalla vendita in ragione dei loro diritti di prelazione.
5) La prima questione è manifestamente infondata.

conoscenza della sentenza dichiarativa fosse ricavabile sia dall’avvenuto ritiro

Secondo il costante orientamento della Corte Costituzionale, la previsione di
cui all’art. 76 Cost. non osta all’emanazione, da parte del legislatore delegato,
di norme che rappresentino il coerente sviluppo ed il completamento delle
scelte espresse dal legislatore delegante, dovendosi escludere che la funzione
del primo sia limitata ad una mera scansione linguistica di previsioni stabilite
dal secondo (da ultimo, fra molte, sentenze C.Cost. nn. 278/016, 59/016,

Il sindacato costituzionale sulla delega legislativa deve così svolgersi
attraverso un confronto fra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli,
riguardanti, da un lato, le disposizioni che determinano l’oggetto, i principi e i
criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione e dall’altro le disposizioni
stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile
con i principi ed i criteri direttivi della delega. Il che, se porta a ritenere del
tutto fisiologica quell’attività normativa di completamento e sviluppo delle
scelte del delegante, circoscrive, d’altra parte, il vizio di incostituzionalità in
esame ai casi di dilatazione dell’oggetto indicato dalla legge delega, sino
all’estremo di ricomprendervi materie che vi erano escluse (sentenza n.
194/015 cit.).
Tenuto conto di tali principi, va escluso che la norma censurata si ponga in
contrasto od esuli dalla ratio e dalle finalità della I. n. 80 del 2005, che all’art.
5 delegava il Governo a realizzare una riforma organica delle procedure
concorsuali, ed al successivo art. 6 autorizzava il legislatore delegato a
modificare la disciplina del fallimento ed, in particolare, alla lett. a sub 9) « a
modificare la disciplina dell’accertamento del passivo abbreviando i tempi della
procedura e semplificando le modalità di presentazione delle relative domande
di ammissione… ».
I criteri direttivi in ordine al profilo in esame risultano, d’altro canto, precisi
e chiari, tanto più se si tiene conto del loro inserimento nell’ambito di una
delega interamente improntata agli obiettivi della semplificazione e della
maggiore celerità e concentrazione della procedura fallimentare, il cui
raggiungimento è stato ritenuto necessario al fine di favorire lo sviluppo
economico del paese.

194/015, 146/015, 98/015).

Infine, attesa l’ampia discrezionalità e l’insindacabilità delle scelte
legislative adottate nella disciplina degli istituti processuali (cfr., fra molte,
C.Cost. nn. 243/014, 182/014), la conformità della disposizione censurata al
parametro costituzionale di cui all’art. 76 Cost. non può porsi in dubbio in
ragione della mancanza, nella I. delega, di più puntuali e dettagliate direttive
in ordine alle modalità attraverso le quali attuare la semplificazione e la

6)

Il

principio

appena

richiamato,

dell’ampia

discrezionalità

e

dell’insindacabilità delle scelte legislative adottate nella disciplina degli istituti
processuali, che recede solo nel caso della loro manifesta irragionevolezza, è
di per sé sufficiente a sorreggere il giudizio di manifesta infondatezza anche
della seconda questione di costituzionalità posta dalla ricorrente. Questa Corte
ha peraltro già rilevato, con la sentenza n. 23302/015, l’erroneità
dell’assunzione, quale tertium comparationis, della norma di cui all’art. 596
c.p.c., atteso che la natura collettiva del concorso comporta l’adozione di
regole organizzative dell’accertamento del passivo prodromiche ad un’ordinata
fase distributiva, con conseguente necessità che sia anticipata la soluzione dei
potenziali conflitti fra i creditori anche attraverso un sistema fondato sulla
priorità nella presentazione della domanda e sulla previsione di termini di
decadenza; tale sistema, che comunque prevede la possibilità per il cd.
creditore ultra- tardivo di ottenere la rimessione in termini, non comporta del
resto il sacrificio assoluto del diritto di credito, ma solo ne bilancia l’esercizio
con le concomitanti esigenze di speditezza e di funzionamento del concorso.
Il ricorso, in conclusione, deve essere integralmente respinto.
Stante l’inammissibilità del controricorso, non v’è luogo alla liquidazione
delle spese del giudizio.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater d.P.R. n. 115/2002, introdotto dall’art. 1, 17°
comma, della I. n. 228 del 24.12.2012, si dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo
a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Roma, 14 settembre 2017.
j_

concentrazione del processo di accertamento del passivo.

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