Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 325 del 12/01/2010

Cassazione civile sez. II, 12/01/2010, (ud. 30/09/2009, dep. 12/01/2010), n.325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26131/2004 proposto da:

SACA SRL, in persona dell’Amministratore Unico S.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CUNFIDA 20, presso lo studio

dell’avvocato OLIVATI Francesco, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SANTI SILVANA;

– ricorrente –

contro

C.R., C.A., C.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NARNI 16, presso lo studio

dell’avvocato ROMAGNINO Anna Maria, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1930/2 004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza de

30/09/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato OLIVETI Francesco, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento;

adito il P.M., in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha conclusa per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato l’8.6.1988 la S.r.l. SACA conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma C.R., C. A. e C.F. chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 59.213.138 quale saldo dei lavori di ristrutturazione, ampliamento e migliorie della villa dei convenuti in (OMISSIS).

Questi ultimi, costituendosi in giudizio chiedevano il rigetto della domanda attrice e, in via riconvenzionale, chiedevano la condanna della SACA al pagamento della somma di L. 31.000.000 a titolo di risarcimento danni ed alla restituzione della maggior somma di L. 19.622.862 che assumevano di aver versato rispetto all’importo preventivato.

Il Tribunale adito con sentenza n. 18763 del 2000, premesso come elemento pacifico tra le parti che la SACA avrebbe provveduto ai lavori di ristrutturazione e restauro suddetti senza ricevere alcun utile di impresa, dietro pagamento delle sole spese vive per manodopera e materiali, rigettava la domanda riconvenzionale, accoglieva per quanto di ragione quella principale e condannava i convenuti in solido al pagamento in favore della SACA della somma di L. 14.128.531 oltre interessi legali dalla domanda quale residuo corrispettivo dovuto, tenuto conto degli acconti già ricevuti per L. 169.622.862.

Proposto gravame da parte della SACA cui resistevano R., A. e C.F., la Corte di Appello di Roma con sentenza del 22.4.2004 ha rigettato l’impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza la S.r.l. SACA ha proposto un ricorso affidato ad un unico motivo cui R., A. e C.F. hanno resistito con controricorso depositando successivamente una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione dei controricorrenti di inammissibilità del ricorso per difetto di specialità della procura in quanto rilasciata sull’ultimo foglio del ricorso stesso, legato a quelli precedenti da semplice “spilletta” ed in quanto priva di data nella copia notificata.

L’eccezione è infondata.

Sotto un primo profilo è appena il caso di rilevare, alla luce dell’art. 33 c.p.c., come novellato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141, che la procura per il ricorso per Cassazione è validamente conferita, soddisfacendo il requisito di specialità di cui all’art. 365 c.p.c., anche se apposta su di un foglio separato, purchè materialmente unito al ricorso, come appunto nella fattispecie.

Quanto alla mancanza poi nella copia notificata del ricorso della relativa data del rilascio, carenza che, secondo i controricorrenti, precluderebbe di stabilire se la procura sia stata rilasciata prima o dopo il deposito del provvedimento impugnato, è sufficiente osservare che la posteriorità del rilascio della procura rispetto alla sentenza gravata si ricava dalla intima connessione con il ricorso al quale accede nel quale la sentenza stessa è menzionata.

venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con l’unico motivo formulato la S.r.l. SACA, denunciando violazione e falsa applicazione all’art. 1655 c.c., e segg., nonchè vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata perchè, pur avendo correttamente affermato che nella specie era stata pattuita l’esecuzione di lavori in economia, ha disatteso la richiesta dell’appellante per una diversa quantificazione del corrispettivo dei suddetti lavori ad essa spettante, aderendo alle conclusioni della C.T.U. che aveva fatto riferimento, quanto al prezzario, ai prezzi adottati per le opere pubbliche e, quanto alla descrizione dei lavori, alla C.T. di controparte, trascurando le univoche risultanze testimoniali.

La ricorrente sostiene che contraddittoriamente la Corte territoriale, dopo aver aderito all’assunto del Giudice di primo grado, che non aveva escluso che la fattispecie fosse riconducibile all’appalto, ha ritenuto congruo il dato fornito dal C.T.U., relativo al “costo puro e semplice delle opere escluso l’utile di impresa”.

Infine la SACA assume che erroneamente la sentenza impugnata ha escluso, sulla base di quanto rilevato dal C.T.U., che le modalità di lavorazione “in economia” si fossero tradotte in una particolare difficoltà di esecuzione, posto che tale difficoltà può riguardare qualsiasi tipo di lavoro.

Il motivo è infondato.

Il Giudice di Appello, premesso che tra le parti era stata pattuita l’esecuzione di lavori in economia in considerazione della determinazione del corrispettivo con riguardo alle sole spese vive, ha aderito al dato contabile fornito dal C.T.U. secondo cui il costo puro e semplice delle opere escluso l’utile di impresa ammontava a L. 170.835.722 maggiorate dell’importo di L. 12.918.671 relativo alle fatture per gli impianti termoidraulici; la Corte territoriale ha poi evidenziato che il C.T.U. ha svolto la propria indagine in continua collaborazione con i tecnici di entrambe le parti, concordando con essi i prezzar di riferimento, individuati per i singoli lavori ora nei prezzari DEI lavori ora in quelli regionali.

Tale ultima statuizione, non oggetto di alcuna censura da parte della ricorrente, costituisce una “ratio decidendi” pienamente idonea a dare fondamento alla sentenza impugnata, considerato che i profili di censura in esame, comunque generici ed anche inconcludenti, attengono alla determinazione del corrispettivo dovuto alla SAGA per l’esecuzione dei suddetti lavori; se infatti vi era stato un accordo in ordine ai prezzari di riferimento dei lavori anche da parte del consulente di parte dell’attuale ricorrente, ogni successiva contestazione in proposito appare manifestamente contraddittoria.

Del pari neppure è stata censurata l’ulteriore affermazione della Corte di merito secondo cui i rilievi critici del nuovo consulente di parte della SACA in merito ai criteri di stima adottati dal C.T.U. erano infondati anche sulla base della verificata non corrispondenza dei conteggi ivi riportati alle originarie pretese della parte, cosicchè ciò aveva comportato un inammissibile ampliamento del “petitum” nel secondo grado di giudizio.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2000,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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