Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32498 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 14/12/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 14/12/2018), n.32498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4818-2017 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EUSTACHIO

MANFREDI 8, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VIRBANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato EMANUELE MAGANUCO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO ASI CONSORZIO PER AREA SVILUPPO INDUSTRIALE DI GELA IN

LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 67, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE BERRETTA, che lo rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 267/2016 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 05/08/2016 R.G.N. 742/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/09/2018 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per inammissibilità, in subordine

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. G.S. aveva, convenuto in giudizio l’IRSAP, ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48 per chiedere l’accertamento della illegittimità della Delib. commissariale 7 giugno 2012 con la quale erano state annullate in autotutela le delibere relative alla stipula ed alla proroga del contratto di assunzione a tempo determinato ed era stata disposta la risoluzione del rapporto di lavoro originariamente stipulato il 7.6.2006 e successivamente prorogato l’8.7.2011.

2. Il G. aveva anche domandato la reintegrazione nel posto di lavoro per tutta la durata del rapporto quinquennale del contratto di lavoro e la condanna del Consorzio al pagamento delle retribuzioni “medio tempore” maturate.

3. Il Tribunale di Gela dichiarò l’illegittimità del recesso perchè elusivo dell’ordinanza cautelare che aveva dichiarato l’illegittimità del precedente provvedimento di destituzione dal servizio disposto il 12.10.2011.

4. La Corte di Appello di Caltanissetta, adita ai sensi della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 58 in via principale dal Consorzio ASI di Gela in liquidazione – Gestione separata Irsap – e dall’Irsap e in via incidentale dal G., ha confermato la sentenza di primo grado limitatamente alla affermata illegittimità dell’atto di recesso intimato al G. in data 7.6.2012.

5. La Corte territoriale, rigettando l’appello incidentale proposto dal G., ha respinto le domande risarcitorie sul rilievo che il rapporto di lavoro dedotto in giudizio doveva ritenersi ormai risolto sulla scorta del precedente provvedimento di destituzione dal servizio che essa Corte, con la sentenza del 13.7.2016, confermando la sentenza di primo grado, aveva ritenuto legittimo.

6. Avverso questa sentenza G.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi al quale ha resistito con controricorso il Consorzio ASI di Gela in liquidazione. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c.. Addebita alla Corte territoriale di avere omesso di esaminare il “punto decisivo” costituito dalla eccepita inammissibilità degli atti di reclamo per mancanza di formulazione di puntuali censure.

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L.R. n. 21 del 2003, art. 25 della L.R. n. 2 del 2001, art. 2 e del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 85, comma 1, lett. B). Deduce la natura privata del rapporto dedotto in giudizio e assume la illegittimità del provvedimento di destituzione dal servizio.

Esame dei motivi.

9. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

10. Il ricorrente trascrive solo uno stralcio dell’atto di reclamo, non riproduce nelle parti significative e rilevanti la sentenza di primo grado e i verbali delle udienze del giudizio di merito, atti tutti che non deposita unitamente al ricorso per cassazione e non fornisce indicazioni utili per il loro facile rinvenimento.

11. Tali omissioni si pongono in contrasto con i principi sanciti dall’art. 366 c.p.c., comma 2, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 1, n. 4, che onerano la parte ricorrente, quando siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di un error in procedendo, ai sensi dei nn. 1, 2 e 4 medesima norma, di riprodurre in ricorso, nelle parti salienti e rilevanti il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale, di allegarli al ricorso e di indicarne l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 14200/2018, 5696/2018, 24883/2017, 13713/2015, 19157/2012, 23420/2011).

12. Il secondo motivo è inammissibile.

13. Come innanzi evidenziato (cfr. punti nn. 4 e 5), con la sentenza impugnata con il ricorso in esame la Corte territoriale ha definito il giudizio che aveva ad oggetto non il provvedimento di destituzione dal servizio ma il successivo atto di recesso adottato il 7.6.2012 dagli organi del Consorzio.

14. Con riferimento a tale recesso la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado che ne aveva dichiarato la illegittimità e ha richiamato il precedente atto di destituzione dal servizio, oggetto di altro e diverso giudizio, al solo fine di spiegare le ragioni per le quali le domande reintegratorie, economiche e reali, proposte dal G. dovevano ritenersi infondate.

15. Ebbene, con questo impianto motivazionale il ricorrente non si è confrontato affatto ma ha sviluppato censure e prospettazioni difensive volte a sostenere la illegittimità del provvedimento di destituzione dal servizio, estraneo, come già evidenziato, al giudizio definito con la sentenza oggetto del ricorso in esame.

16. Sulla scorta delle argomentazioni svolte va dichiarata la inammissibilità del ricorso.

17. Le spese seguono la soccombenza.

18. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Allo stato vi e ammissione al gratuito patrocinio.

P.Q.M.

LA CORTE

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.500,00, per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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