Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32465 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2018, (ud. 15/11/2018, dep. 14/12/2018), n.32465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6361/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Società Uniqa Protezione s.p.a., già Friuli Venezia Giulia – La

Carnica s.p.a., in persona dei propri rappresentanti legali pro

tempore, rappresentata e difesa anche disgiuntamente, come da

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Dario Stevanato e

dall’Avv. Claudio Lucisano, elettivamente domiciliata presso lo

studio del secondo, sito in Roma, Via Crescenzio n. 91;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli

Venezia Giulia, n. 1/01/2011, depositata il 17 gennaio 2011.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15 novembre

2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della Uniqua Protezione s.p.a. (prima La Carnica), con rettifica della dichiarazione relativa all’anno 2003, per avere sovrastimato la riserva sinistri nel conto economico tra i componenti negativi di reddito, non avendo tenuto conto, in applicazione del principio di competenza, anche dei fatti intervenuti tra la chiusura del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2003 e la data di presentazione del progetto di bilancio da parte degli amministratori (29 febbraio 2004), costituiti da transazioni con indennizzo inferiore a quello ipotizzato al momento di quantificazione della riserva e da accertamenti definitivi della insussistenza di indennizzo (sinistri senza seguito). Inoltre, con l’avviso di accertamento l’Agenzia, per quel che ancora qui rileva, riteneva indeducibili i costi relativi al pagamento di sanzioni comminate dall’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private in assenza, quindi, del requisito della inerenza, stante il comportamento illecito della contribuente.

2. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso in quanto le negoziazioni effettuate dopo l’1 gennaio 2004, con la erogazione di rimborsi di minore importo costituivano operazioni gestorie destinate ad influenzare il conto economico del 2004 e non del 2003. Rigettava, invece, la richiesta di deducibilità dei costi sostenuti per il pagamento delle sanzioni inflitte dall’Isvap.

3. Proponeva appello principale l’Agenzia delle entrate, mentre la società articolava appello incidentale in ordine alla deducibilità dei costi per il pagamento delle sanzioni.

4. La Commissione tributaria regionale rigettava entrambi gli appelli, in quanto le liquidazioni di importi inferiori a titolo definitivo e la chiusura di sinistri senza seguito effettuate tra il 1 gennaio 2004 e il 29 febbraio 2004 costituivano eventi di competenza dell’esercizio 2004, traducendosi in maggiori ricavi tassabili in detto periodo. Inoltre, i costi potevano essere dedotti solo se derivavano da un’attività, oltre che inerente, anche legittima.

5. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

6. Resisteva la società con controricorso, contenente ricorso incidentale. La società depositava memoria scritta.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2423 c.c., comma 2, dell’art. 2423 bis c.c., comma 1, nn. 1, 4 e 4; del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 173, art. 7, comma 1, art. 8, comma 1, art. 33,commi 1, 2, 3, 4; del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, commi 1 e 4, art. 103, comma 1 (vecchio testo), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto la società, nel determinare la riserva sinistri al 2003 iscritta in bilancio e dedotta quale componente negativa di reddito non ha tenuto conto, in diminuzione, di alcuni eventi accaduti nel periodo dal 1 gennaio 2004 al 29 febbraio 2004, data in cui gli amministratori hanno presentato il progetto di bilancio da sottoporre all’approvazione dell’assemblea. In particolare, in tale periodo vi è stata la chiusura definitiva di alcuni sinistri, con il pagamento di un indennizzo inferiore a quello stimato al momento in cui era stata quantificata la riserva oltre all’esclusione definitiva di qualsiasi indennizzo (sinistri senza seguito). Tali eventi sarebbero di competenza dell’anno 2003 in quanto incidenti sulla valutazione di sinistri proprio di competenza di tale esercizio ed ancora rilevabili nel bilancio 2003. La differente prospettazione della società, che intende attrarre la diminuzione dell’importo della riserva nell’anno 2004 si scontrerebbe con le norme in tema di bilancio, con il principio di veridicità di cui all’art. 2423 c.c., comma 2, con l’art. 2423 bis c.c., comma 1, nn. 1 e 3, con il D.Lgs. n. 173 del 1997, art. 7, comma 1 e art. 8, comma 1, con il medesimo D.Lgs., art. 33, che fa riferimento a valutazioni fondate su elementi obiettivi al fine della iscrizione delle somme per la riserva sinistri in bilancio, con il criterio del “costo ultimo” di cui al D.Lgs. n. 173 del 1997, art. 33, comma 2, con la disciplina prevista per i sinistri “tardivi” ai sensi dell’art. 33, comma 4, con il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 103,all’epoca vigente, con il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, commi 1 e 4, in relazione al principio della competenza.

1.1. Tale motivo è infondato.

1.2. Invero, è pacifico tra le parti che nel periodo tra il 1 gennaio 2004 e il 29 febbraio 2004, data di deposito da parte degli amministratori del progetto di bilancio da sottoporre all’approvazione della assemblea dei soci, sono intervenuti alcuni eventi che hanno modificato l’importo delle somme iscritte in bilancio quali riserve sinistri.

In particolare, in alcuni casi vi è stata la diminuzione, in via definitiva, del valore del sinistro rispetto a quanto preventivato e stimato al momento della iscrizione in bilancio della riserva, mentre in altri casi è risultato non dovuto alcun indennizzo (sinistri senza seguito).

Non v’è dubbio che tali eventi debbano essere considerati nell’anno di imposta 2004, in quanto verificatisi quando il bilancio di esercizio era già chiuso al 3112-2003.

1.3. Il bilancio delle società di assicurazione ha un processo “industriale” invertito, in quanto prima vengono riscossi i premi dagli assicurati (i ricavi) e solo successivamente, si provvede ad iscrivere in bilancio le riserve “sinistri”, proprio per approntare le somme da versare come indennizzo nel momento in cui si saranno verificati i sinistri. La riserva svolge, dunque, una funzione di garanzia per il futuro adempimento dell’obbligo di pagamento degli indennizzi (Cass. Civ., 11 maggio 2018, n. 11443). Trattasi, quindi, di debiti veri e propri della società verso gli assicurati. Le riserve sono alimentate dagli accantonamenti stanziati in ciascun esercizio in relazione a sinistri che si sono già verificati nell’esercizio in corso o in esercizi precedenti, ma non sono stati ancora liquidati. Si tratta di una mera stima preventiva, in quanto il procedimento di liquidazione e il pagamento dell’indennizzo si svolgeranno solo in seguito dopo una complessa procedura.

1.4. Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 103, all’epoca vigente, dispone che “Nella determinazione del reddito delle società e degli enti che esercitano attività assicurative sono deducibili…gli accantonamenti destinati a costituire o ad integrare le riserve tecniche obbligatorie fino alla misura massima stabilita a norma di legge”, con un evidente rinvio alle norme speciali.

Il D.Lgs. n. 173 del 1997, art. 33, comma 1 (riserva sinistri dei rami danni) dispone che “Le imprese debbono costituire alla fine di ogni esercizio la riserva sinistri, iscrivendo nel bilancio l’ammontare complessivo delle somme che, da una prudente valutazione effettuata in base ad elementi obiettivi, risultino necessarie per far fronte al pagamento dei sinistri avvenuti nell’esercizio stesso o in quelli precedenti, e non ancora pagati, nonchè alle relative spese di liquidazione”.

Inoltre, al comma 2 si specifica che “La riserva deve essere valutata in misura pari al costo ultimo, per tener conto di tutti i futuri oneri prevedibili, sulla base di dati storici e prospettici affidabili…”.

Si aggiunge al comma 3 che “la riserva deve essere, in linea di principio, valutata separatamente per ciascun sinistro. Tuttavia…. il costo ultimo può essere determinato…mediante il criterio del costo medio per gruppi di sinistri omogenei sufficientemente numerosi…”.

Al comma 4 si specifica che “le imprese hanno l’obbligo di costituire una riserva anche per i sinistri avvenuti ma non denunciati alla data di chiusura dell’esercizio”.

1.5. Numerosi elementi depongono per imputare all’anno 2004 gli eventi verificatisi tra 1’1 gennaio 2004 ed il 29 febbraio 2004. Anzitutto, si rileva che le transazioni stipulate in tale periodo, con la diminuzione definitiva (liquidazione) dell’importo degli indennizzi rispetto a quelli preventivati e stimati al momento della iscrizione in bilancio delle riserve sinistri, come pure la definitiva esclusione dell’indennizzo in altri casi, sono appunto eventi successivi alla chiusura dell’esercizio, in alcun modo imputabili all’anno 2003.

Come sottolineato in un precedente di questa Corte (Cass. Civ., 26 settembre 2012, n. 16332), che si intende qui confermare, la questione che si pone non è stabilire quando sorge l’obbligazione risarcitoria, ma determinare il momento in cui l’obbligazione deve considerarsi giuridicamente e, soprattutto, economicamente, estinta, in quanto solo in quel momento il sinistro diviene irrilevante, salvo che ai fini statistico attuariali.

Non può, dunque, l’Agenzia ridurre le componenti negative di reddito dell’anno 2003 per eventi verificatisi nel 2004. Le transazioni si ricollegano ad obbligazioni sorte nel 2003 e negli anni precedenti, come detto, di cui si tiene conto tramite accantonamenti, ma sono state concluse dopo la chiusura dell’esercizio, sicchè i pagamenti in misura inferiore all’indennizzo e la negazione definitiva dell’indennizzo non possono che appartenere all’anno 2004.

1.6. Inoltre, l’art. 2423 bis c.c., n. 4, prevede che “Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi… 4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciute dopo la chiusura di questo”.

Pertanto, ciò di cui deve tenersi conto dopo la chiusura dell’esercizio non riguarda la diminuzione delle componenti negative di reddito, ma, in base al principio di “prudenza”, il sopraggiungere di “rischi” o di “perdite”, quindi l’incremento degli elementi passivi. L’ammontare delle riserve tecniche iscritte in bilancio al 31 dicembre, quindi, va modificato solo se la liquidazione o i pagamenti realizzati dopo la chiusura del bilancio palesino una sottovalutazione dell’ammontare delle stesse (Cass. Civ., 16332/2012).

Non si può, invece, procedere alla indicazione di utili “non realizzati” alla data di chiusura dell’esercizio ai sensi dell’art. 2423 bis c.c., comma 1, n. 2 (“si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio”).

Al principio della “prudenza” si collega anche il meccanismo di computo della riserva sinistri, ancorato sia al costo “ultimo”, in grado di tenere conto di tutti i futuri oneri prevedibili, sia al criterio del costo “medio” per gruppi di sinistri omogenei, ai sensi del D.Lgs. n. 173 del 1997, art. 33, commi 2 e 3, tanto che la circolare Isvap 360 D del 21 gennaio 1999 prevede che il valore della riserva sinistri “debba essere il risultato di una valutazione tecnica complessiva multifase”.

Infatti, la circolare Isvap citata muove dalla constatazione della duplice possibilità di calcolare il “costo ultimo”, che può individuarsi in via di principio “con riferimento al singolo sinistro”, e quindi nella somma complessiva corrisposta al beneficiario della prestazione assicurativa, oppure “con riferimento ad una intera generazione di sinistri”, e quindi “nell’ammontare complessivo corrisposto una volta esaurita la generazione sinistri stessa”. Nella circolare, poi, al punto A.2.2. lett. c), si chiarisce che il sistema delle stime di inventario delle “singole pratiche” non consente di norma, per buona parte dei danni, di pervenire con ragionevole attendibilità al “costo ultimo finale” di ogni singolo sinistro, mentre l’utilizzo di metodologie statistico-attuariali o di coefficienti proiettivi dell’esperienza trascorsa, conduce di fatto alla stima del “costo ultimo” per aggregazioni o generazioni di sinistri e non per singolo sinistro. Pertanto, si conclude che “questo Istituto ritiene che il valore della riserva sinistri a costo ultimo debba essere il risultato di una valutazione tecnica complessa multifase”, in cui ad una prima fase che trova il suo completamento con la redazione delle stime di inventario delle singole posizioni aperte, segue il processo, affidato alle strutture direzionali dell’impresa, caratterizzato dall’analisi e controllo dei dati dell’inventario e dall’impiego di metodologie statistico-attuariali, in modo da ottenere l’ammontare della riserva sinistri ragionevolmente più prossimo al “costo ultimo”.

Senza contare, che le liquidazioni definitive dei sinistri, anche se aperti entro il 31 dicembre 2003, ma avvenute dopo l’1 aprile 2004 e prima del deposito del progetto di bilancio da parte degli amministratori, sono eventi o circostanze fattuali di “competenza” dell’esercizio 2004 e non del 2003.

Non si tratta, allora, di meri accadimenti “finanziari” che integrano condizioni già esistenti alla data di chiusura del bilancio, ma di accadimenti del tutto nuovi.

1.7. L’art. 2428 c.c., comma 2, n. 5, poi, all’epoca vigente (abrogato dal D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 139 , art. 6, comma 11), dispone che “Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli amministratori” e che “dalla relazione devono in ogni caso risultare:…5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio”, ma tale relazione è destinata ai soci, mentre di tali fatti non deve essere data indicazione nel bilancio di esercizio anteriore. La nota integrativa è infatti, elemento del bilancio, mentre la relazione sulla gestione si colloca al di fuori di esso.

1.8. Il principio contabile nazionale n. 29 inserisce tra i “fatti che non devono essere recepiti nei valori di bilancio” quei fatti che “modificano situazioni esistenti alla data di bilancio, in quanto di competenza dell’esercizio successivo”. Nel paragrafo 59 lett. a si legge, invece, che sono “fatti successivi che devono essere recepiti nei valori di bilancio”, quei fatti “positivi e/o negativi che evidenziano condizioni già esistenti alla data di riferimento del bilancio, ma che si manifestano solo dopo la chiusura dell’esercizio e che richiedono modifiche ai valori delle attività e passività in bilancio, in conformità al postulato della competenza”, sicchè vi rientra “la definizione dopo la chiusura dell’esercizio di una causa legale in essere alla data di bilancio per un importo diversi da quello prevedibile a tale data”.

Tra detti fatti, dunque, dovrebbero rientrare anche le transazioni stipulate dopo la chiusura dell’esercizio che diminuiscono, in via definitiva, l’importo degli indennizzi, in precedenza solo stimati.

Tuttavia, si è osservato in dottrina che il principio contabile n. 29 non rileva nel caso in esame, trovando applicazione l’art. 2423 bis c.c., comma 1, n. 2, e non il n. 4, in quanto solo nell’art. 2423 bis c.c., comma 1, n. 4 si richiamano gli eventi “conosciuti dopo la chiusura dell’esercizio”.

Proprio la peculiarità della disciplina dei bilanci delle società di assicurazione, fondata sul principio di “prudenza” e, quindi, sul “costo ultimo”, in grado di consentire il pagamento futuro da parte della società per sinistri verificatisi nell’anno 2003 e negli esercizi precedenti, con un procedimento solo “presuntivo” e attuariale, a carattere “multifase”, impone di tenere conto esclusivamente dei rischi e delle perdite verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio precedente e fino al deposito del progetto di bilancio da parte degli amministratori.

Le riserve “sinistri”, quindi sono riserve tecniche, non assimilabili alle tradizionali riserve in senso proprio, in quanto non costituiscono componenti del patrimonio dell’impresa, ma sono strumentali a predisporre la “provvista”, in modo prudenziale, per far fronte agli impegni assunti verso la massa degli assicurati (in sostanza i “costi” della società o la “passività finanziaria” secondo la dottrina), nel momento in cui sarà determinato il quantum loro dovuto, all’esito del procedimento di liquidazione.

1.9. Il principio contabile internazionale n. 10 distingue i fatti che forniscono evidenze circa le situazioni esistenti alla data di riferimento del bilancio, e che comportano in bilancio una rettifica, dai “fatti che sono indicativi di situazioni sorte dopo la data di riferimento del bilancio”, e che non comportano una rettifica. Anche in questo caso, occorre tenere conto della applicazione dell’art. 2423 bis c.c., comma 1, n. 2, e non del n. 4, che solo fa riferimento espresso agli eventi “conosciuti dopo la chiusura dell’esercizio”.

Tra le situazioni “sorte dopo” la chiusura del bilancio devono inserirsi le transazioni, con conseguente liquidazione definitiva, che hanno comportato una diminuzione dell’importo della liquidazione degli indennizzi rispetto all’importo in precedenza stimato. Tra le medesime situazioni si colloca anche l’esclusione definitiva della liquidazione e del conseguente pagamento. In un precedente di questa Corte (Cass. Civ., 16332/2012) si è affermato, infatti, in ordine alla questione della rilevanza di pagamenti o liquidazioni effettuati tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di approvazione del bilancio, che il pagamento non fornisce affatto l’evidenza di condizioni già esistenti alla data di chiusura dell’esercizio, perchè “a quella data non esisteva alcuna condizione dell’estinzione del debito, che si verifica solo con il pagamento o per altra causa estintiva certa”.

1.10. Inoltre, se si dovessero indicare in bilancio tutte le variazioni che accadono dopo la chiusura dell’esercizio diverrebbe assai arduo procedere alla redazione del bilancio “definitivo”. Senza contare che, pure considerando la possibilità di ricomprendere nel bilancio anche le movimentazioni effettuate sui sinistri in data successiva alla chiusura dell’esercizio, vi sarebbe comunque un periodo di scopertura durante il quale l’attività gestionale sui sinistri non potrebbe essere presa in considerazione, sia che si faccia riferimento alla data di approvazione del bilancio, sia alla data di presentazione del bilancio (Cass. Civ., 16332/2012 che conferma la decisione del giudice di appello).

1.11. Il bilancio in esame, poi, ha superato tutti i controlli cui è stato sottoposto, sia quindi la revisione legale dei conti, sia il controllo dell’Isvap, sia quello dell’attuarlo, dovendosi tenere conto della relazione della società di revisione, che rappresenta un mezzo di prova rilevante e confutabile solo mediante la produzione di documenti che dimostrino l’errore o l’inadempimento del revisore (Cass. Civ., 12 marzo 2009, n. 5926), pur con la precisazione che tale relazione va considerata, in relazione ai profili di controllo pubblicistico ed alla responsabilità penale e civile del revisore, un documento incorporante enunciati che, pur senza dare luogo ad una presunzione relativa di veridicità delle scritture, posso essere inficiati solo con una prova contraria, da fornire con la produzione di documenti idonei a dimostrare l’errore o l’inadempimento suddetti (Cass. Civ., 26 febbraio 2010, n. 4737).

1.12. Infine, deve rilevarsi che della diminuzione degli importi della riserva sinistri, a seguito delle intervenute transazioni ed accertamenti di sinistri non indennizzabili (sinistri senza seguito) dopo la chiusura dell’esercizio, se ne terrà conto nell’anno di imposta successivo, in quanto la riduzione della riserva sinistri, comportando una “sostanziale” riduzione dei costi, darà luogo ad una sopravvenienza attiva tassabile, della quale si darà conto nella nuova relazione del collegio sindacale ai sensi dell’art. 2428 c.c.. Insomma, le riserve “entranti” nell’esercizio successivo, costituiranno componenti positive di reddito di competenza di tale anno, con conseguente assoggettabilità a tassazione.

2. La società propone ricorso incidentale e deduce “illegittimità della sentenza impugnata nella parte in cui ritiene indeducibili le sanzioni irrogate alla contribuente dall’Isvap. Violazione e falsa applicazione del Tuir, art. 75 (ora 109) e art. 53 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, sussistendo il requisito della inerenza all’attività della impresa, in quanto le sanzioni sono state irrogate per la condotta tenuta dalla società, che ha minimizzato i propri esborsi differendo le comunicazioni degli importi delle somme offerte in risarcimento o le relative corresponsioni, in modo da porre in essere ulteriori trattative per ridurre l’indennizzo, quindi con condotte anticoncorrenziali, ma poste in essere nell’esercizio dell’attività di impresa. Tra l’altro, L. n. 537 del 1993, l’art. 14, comma 4 bis, considera indeducibili solo i costi e le spese per beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero ha esercitato l’azione penale.

2.1. Tale motivo è infondato.

Invero, questa Corte intende adeguarsi al consolidato orientamento per cui sono indeducibili gli importi corrisposti a titolo di sanzione pecuniaria irrogata dall’Autorità garante in materia di tutela della concorrenza e del mercato (disciplina antitrus), in quanto la sanzione è circostanza che non influisce sulla nascita della obbligazione tributaria, derivando da attività, non solo autonoma ed esterna rispetto al corretto esercizio dell’impresa, ma antitetica a questa, non potendosi qualificare come fattore produttivo. Pertanto, tale sanzione non costituisce costo deducibile dal reddito di impresa, perchè diversamente si neutralizzerebbe interamente la ratio punitiva della penalità, controbilanciandola con un corrispondente risparmio di imposta che, in quanto espressione della violazione di normativa imperativa, si rivelerebbe del tutto ingiustificato (Cass. Civ., 3 marzo 2010, n. 5050; Cass. Civ., 3 febbraio 2011, n. 2594;).

Pertanto, le sanzioni sono prive di nesso funzionale con l’attività imprenditoriale, avendo una finalità repressiva del comportamento illecito; originano dalla reazione dell’ordinamento fondata sulla legge; costituiscono un costo per cui non è possibile configurare, neanche indirettamente, alcun rapporto funzionale con i ricavi realizzati.

Insomma, l’illecito commesso “spezza”, in ogni caso, il nesso di inerenza, in quanto “la spesa non nasce più nell’impresa”, ma in un atto o fatto, quello antigiuridico, che per sua natura si pone al di là della sfera aziendale (Cass. Civ., 8135/2011).

3. Le spese del giudizio di legittimità vanno interamente compensate tra le parti, stante la reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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