Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3246 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. un., 12/02/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 12/02/2010), n.3246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso per regolamento di giurisdizione proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia del Territorio,

domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

Z.A. e F.A.M., elettivamente domiciliati

in Roma, via Edoardo D’Onofrio 43, presso lo studio dell’avv. CASSANO

Umberto, che li rappresenta e difende per procura in atti;

– controricorrenti –

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – I.N.P.S., elettivamente

domiciliato in Roma, Via della Frezza 17, presso la propria

Avvocatura Centrale, rappresentato e difeso per procura in atti dagli

avv. COLLINA Pietro e Gaetano De Ravo;

– controricorrente –

Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici – SCIP srl e Consorzio

G1;

– intimati –

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/1/2010 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Tirelli;

Letta la requisitoria del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per la dichiarazione

della giurisdizione del giudice amministrativo.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che Z.A. e F.A.M. hanno a suo tempo ottenuto la locazione di una unità immobiliare di proprietà dell’INPS, sita in (OMISSIS);

che a seguito del suo inserimento in un programma di dismissione, con nota del 31 agosto 2006 è stato dato avviso ai conduttori della possibilità di acquistarla per il prezzo complessivo di Euro 526.300,00;

che non ritenendolo proporzionato, i coniugi Z. hanno citato il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Agenzia del Territorio, l’INPS, la srl SCIP e il Consorzio G1 davanti al Tribunale di Roma per sentirli condannare, previa dichiarazione della non congruità della stima sopra indicata, “all’applicazione del prezzo di vendita” che sarebbe “emerso in corso di causa a mezzo di consulenza tecnica di ufficio”;

che le Amministrazioni convenute hanno eccepito il difetto di giurisdizione dell’AGO, ma dopo essersi riservato il G1 ha depositato ordinanza con la quale ha disposto il cambiamento di rito perchè trattavasi di controversia in materia locatizia da istruire e decidere ai sensi dell’art. 447 bis c.p.c., e segg.;

che il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Territorio hanno allora presentato istanza ex art. 41 c.p.c., sottolineando in proposito che gli attori avevano instaurato un altro identico giudizio davanti al TAR del Lazio e che la determinazione del prezzo ad essi comunicato era dipesa dal fatto che con decreto ministeriale del 16/9/2005, l’appartamento in questione era stato riconosciuto come immobile di pregio e, per l’effetto, classificato in A/10 con conseguente aumento della rendita catastale;

che alla luce di quanto sopra e considerato, altresì, che “la richiesta di abbattimento del prezzo passa(va necessariamente) attraverso la modifica” del predetto accatastamento e presupponeva, comunque, l’esistenza di un diritto soggettivo che invece non sussisteva, il Ministero e l’Agenzia hanno chiesto a questa Suprema Corte di voler dichiarare la giurisdizione delle Commissioni Tributarie o, quanto meno, del giudice amministrativo; che mentre la SCIP ed il Consorzio G1 non hanno svolto attività difensiva, l’INPS ha depositato controricorso con il quale ha sostenuto che la causa non rientrava fra quelle azionabili davanti al giudice ordinario;

che anche lo Z. e la F. hanno depositato controricorso con il quale hanno, al contrario, insistito per la dichiarazione della giurisdizione dell’AGO;

che il PG ha, invece, concluso per la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo; che così riassunte le rispettive posizioni delle parti, osserva innanzitutto il Collegio che anche se abbiano riguardato la giurisdizione o la competenza, le pronunce del giudice monocratico possono assumere il valore di sentenza e precludere così la proposizione del regolamento di cui all’art. 41 c.p.c., soltanto nel caso in cui le parti siano state previamente invitate a precisare le conclusioni in modo da separare nettamente la fase istruttoria da quella decisoria (C. Cass. SU 2008/11657);

che riconosciuta, di conseguenza, l’ammissibilità del presente regolamento anche perchè con l’ordinanza sopra ricordata il G1 si è, oltretutto, limitato soltanto a disporre il cambiamento del rito, non sembra inutile ricordare che con sentenza n. 5593/2007 le Sezioni Unite hanno chiarito che la L. n. 1034 del 1971, art. 23 bis, che ha incluso le procedure di privatizzazione e dismissione di beni pubblici fra i possibili oggetti della giustizia amministrativa, non ha modificato i normali criteri di riparto della giurisdizione, ai fini della quale occorre perciò distinguere all’interno delle varie fasi del procedimento per verificare se quelli coinvolti dal particolare segmento di cui si tratta siano dei semplici interessi legittimi oppure dei veri e propri diritti soggettivi;

che a questo proposito bisogna tener presente che la dismissione del patrimonio degli enti previdenziali pubblici ha formato oggetto di ripetute disposizioni di legge, fra le quali anche quella, applicabile ratione temporis, di cui al D.L. n. 351 del 2001, art. 3, convertito dalla L. n. 410 del 2001 e succ. mod., che nel mantenere ferma la previsione di un maggior prezzo di acquisto per gli immobili di pregio, ha stabilito che l’individuazione di quest’ultimi sarebbe stata fatta con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze su proposta dell’Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali di concerto con l’Agenzia del Territorio;

che simile differenza di regime rappresenta il risultato, favorevole all’erario, del bilanciamento d’interessi che il Legislatore ha dovuto compiere fra l’aspirazione dei conduttori ad acquistare ad un valore inferiore a quello di mercato e l’esigenza degli enti previdenziali a non svendere proprietà prestigiose che, del resto, avevano precedentemente acquisito a prezzo pieno con il denaro dei contribuenti;

che mirando a porre le basi per l’attuazione pratica della riconosciuta prevalenza di tale superiore interesse, anche il decreto con cui il Ministro dell’Economia e delle Finanze individua gli immobili di pregio presenta uno spiccato contenuto pubblicistico, a fronte del quale i conduttori delle unità interessate non possono che trovarsi in posizione di mero interesse legittimo;

che nel caso di specie lo Z. e la F. non hanno richiesto l’annullamento o la modifica dell’inquadramento in A/10 e della rendita catastale per l’effetto attribuita all’appartamento in conseguenza del suo inserimento fra gli immobili di pregio, ma si sono limitati a contestare la congruità di tale qualifica e del prezzo conseguente-mente derivato, di cui hanno invocato la rideterminazione anche a mezzo di consulenza tecnica di ufficio;

che trattandosi di domanda non riguardante in via immediata e diretta la classe od il valore catastale dell’immobile, va pertanto esclusa la giurisdizione dei giudici tributari e, tenuto conto delle precedenti considerazioni, affermata quella del giudice amministrativo, non vantando i conduttori alcun diritto soggettivo capace d’incardinare la giurisdizione del giudice ordinario; che le parti vanno di conseguenza rimesse davanti al TAR del Lazio;

che lo Z. e la F. vanno infine condannati al pagamento delle spese dell’intero giudizio, liquidate per i ricorrenti in complessivi Euro 5.200,00, Euro 200,00 dei quali per esborsi, oltre le spese prenotate a debito e, per l’INPS, in complessivi Euro 4.100,00, Euro 200,00 dei quali per esborsi, oltre gli accessori come per legge.

PQM

LA CORTE A SEZIONI UNITE pronunciando sul ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, rimette le parti davanti al TAR del Lazio e condanna Z.A. e F.A.M. al pagamento delle spese dell’intero giudizio, liquidate per i ricorrenti in complessivi Euro 5.200,00, Euro 200,00 dei quali per esborsi, oltre le spese prenotate a debito e, per l’INPS, in complessivi Euro 4.100,00, Euro 200,00 dei quali per esborsi, oltre gli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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