Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32457 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2018, (ud. 14/11/2018, dep. 14/12/2018), n.32457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9331/14 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

BOREA QUATTRO S.P.A, già Idrosanitaria Beltrami S.p.A.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Mario Savini n. 7, presso lo

Studio dell’Avv. Egidio Romagna, che con l’Avv. Eva Castagnoli, PEC

(OMISSIS), la rappresenta e difende anche disgiuntamente, giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Emilia Romagna n. 88/10/13, depositata il 23 dicembre 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 14 novembre

2018 dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

Fatto

RILEVATO

1. che con l’impugnata sentenza la CTR, dopo aver “chiarito che l’avviso risultava sufficientemente motivato”, non essendosi l’ufficio “adagiato sul PVC” della G.d.F., accoglieva nel merito il ricorso promosso dalla S.p.A. contribuente, che svolgeva attività dí commercio di prodotti idraulici, avverso l’accertamento con il quale veniva ripreso a tassazione un maggior imponibile ai fini IVA IRPEG IRAP 2004;

2. che la CTR, dopo aver ritenuto provata, “perchè non smentita dall’ufficio”, la natura mista del magazzino della contribuente, “servente il proprio punto vendita e soltanto parzialmente le altre filiali”, stabiliva che lo stesso non era “un magazzino centralizzato” comportante, “per la pluralità di unità operative in luoghi non limitrofi”, l’obbligo della tenuta delle scritture contabili di magazzino ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 14, comma 1, lett. d); e che, da ciò, derivava la inoperatività della presunzione legale di cessioni e acquisti “in nero” D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, ex art. 4, quest’ultima basata sulla differenza contabile tra scritture obbligatorie e merce in magazzino; osservava poi la CTR che, non trovando appunto luogo la ricordata presunzione legale, doveva aversi riguardo alle sole presunzioni semplici offerte dall’ufficio; presunzioni semplici, così concludeva la CTR, che però erano da ritenersi da sole insufficienti a dare dimostrazione della pretesa erariale; e questo perchè, oltre ad essere mancato un “inventario fisico” dei beni in magazzino, sarebbe stata altresì necessaria la conferma di altre scritture contabili, atteso che la prova fornita dall’ufficio era esclusivamente basata su inidonee “presunzioni ricavate dalle limitatissime rilevazioni eseguite dai verificatori”;

3. che l’ufficio proponeva ricorso affidato a tre motivi, a cuiresisteva la contribuente con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14, comma 1, lett. d) e del D.P.R. n. 441 del 1997, artt. 1 e 4”, l’ufficio deduceva che la CTR era caduta in errore per non aver considerato che la natura mista del magazzino, in relazione all’attività di vendita al minuto e all’ingrosso di materiale idraulico, natura mista peraltro condivisa dalla Regionale, nonchè ammessa dalla contribuente, comportava ai sensi del D.P.R. n. 600 cit., art. 14, comma 1, l’obbligatoria tenuta delle scritture di magazzino, trattandosi pur sempre di vendita “al minuto”; e questo perchè, secondo la ricostruzione normativa fatta dall’ufficio, il D.P.R. cit., art. 14, comma 1, lett. d), stabiliva, per le attività di commercio “al minuto” elencate nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 22, comma 1, n. 1, che per i “magazzini interni centralizzati che forniscono due o più negozi o altri punti di vendita”, come era in effetti pacifico per la contribuente che aveva filiali e negozi ín ben tre diverse regioni, dovessero essere obbligatoriamente tenute le scritture di magazzino, tranne che per il caso, qui non in discussione, previsto dal D.P.R. n. 600 cit., medesimo art. 14, comma 1, lett. d), mediante rinvio al D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 4, comma 1, n. 4, in cui i diversi negozi fossero ubicati nello stesso Comune o in Comuni limitrofi;

1.1. che il motivo è però infondato alla luce dell’unico condivisibile precedente, secondo cui: “il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 14, nell’elencare le scritture contabili obbligatorie per le società, gli enti e gli imprenditori commerciali di cui al precedente art. 13, comma 1 – tra i quali le società soggette all’imposta sulle persone giuridiche – prescrive, alla lett. d), le “scritture ausiliarie di magazzino”, da tenere in forma sistematica e secondo norme di ordinata contabilità dirette a seguire le variazioni intervenute tra le consistenze negli inventari annuali delle merci destinate alla vendita e di altri beni e prodotti specificamente indicati (semilavorati, materie prime, imballaggi, ecc.); prevede poi, per quanto qui interessa, che “per le attività elencate nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni, art. 22, comma 1, ai nn. 1) e 2), le registrazioni vanno effettuate solo per i movimenti di carico e scarico dei magazzini interni centralizzati che forniscono due o più negozi o altri punti di vendita, con esclusione dí quelli indicati nel D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, art. 4, al punto 4”; a sua volta il D.P.R. n. 633 del 1972, richiamato art. 22 (rubricato “Commercio al minuto e attività assimilate”) contempla, al comma 1, nn. 1) e 2), rispettivamente, le “cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione automatica, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante”, e “le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate dai pubblici esercizi, nelle mense aziendali o mediante apparecchi di distribuzione automatica”; ne deriva, in conclusione, che l’obbligo della tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, citato art. 14, comma 1, lett. d), (la cui omissione legittima l’Ufficio al ricorso all’accertamento induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2: cfr. Cass. nn. 13816 del 2003, 16499 del 2006) non è imposto, in virtù del richiamo operato dal D.P.R. n. 633 del 1972, medesimo art. 14, comma 1, lett. d), all’art. 22, comma 1, n. 1 (richiamo da intendersi effettuato ai soli fini di individuare e qualificare le attività oggetto della disciplina derogatoria), ai soggetti che operano nel settore del commercio al minuto (o al dettaglio), qual è, per quanto detto sopra, la società contribuente” (Cass. sez. trib. n. 3771 del 2015);

2. che il secondo motivo di ricorso, con il quale la sentenza veniva censurata dall’ufficio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sia con riferimento alla sua previgente versione, sia con riferimento a quella attuale, deducendo che la Regionale aveva omesso di valutare la circostanza, considerata dall’ufficio fondamentale ai fini dell’obbligo di tenuta delle scritture di magazzino, che i negozi della contribuente erano ubicati in comuni e regioni diversi; sia il terzo motivo, con il quale ancora si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sia con riferimento alla sua previgente versione, sia con riferimento a quella attuale, deducendo che la CTR sarebbe caduta in un vizio motivazionale, laddove aveva ritenuto che gli elementi sui quali era stata fondata la ripresa erariale non fossero gravi, precisi e concordanti e quindi tali da costituire la prova presuntiva semplice delle cessioni e degli acquisti “in nero”; sono inammissibili, ex art. 348 ter c.p.c., a cagione della “doppia conforme” realizzatasi sull’accertamento dei medesimi fatti; nè l’ufficio ha prospettato fatti diversi, da quelli ancora in questa sede prospettati;

4. che le spese devono essere tuttavia integralmente compensate, per la circostanza che la ricordata giurisprudenza, è intervenuta a chiarimento solo in epoca successiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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