Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32447 del 11/12/2019

Cassazione civile sez. II, 11/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 11/12/2019), n.32447

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 22220/17) proposto da:

AROMI E PROFUMI S.R.L., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a

margine del ricorso, dagli Avv.ti Antonio Franchina e Gaetano Basile

ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma,

v. Giovanni Pierluigi da Palestrina, 47;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA RINASCITA, (C.F.: (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 565/2016,

depositata il 20 luglio 2016;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10

ottobre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del

primo motivo del ricorso e per l’accoglimento del secondo.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con atto di citazione del 12 settembre 2001, ritualmente notificato, la s.r.l. Aromi e Profumi proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di Cagliari avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 8 giugno 2001 con il quale il giudice designato del suddetto Tribunale le aveva intimato il pagamento, in favore della società cooperativa Agricola Rinascita a r.l., della somma di Lire 14.385.280 (oltre interessi e spese del procedimento monitorio), per la fornitura di una partita di piante di basilico, deducendo l’inadempimento della società ingiungente per inidoneità del prodotto contenente quantità di procimidone in misura superiore ai limiti legali e chiedendo, perciò, la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni.

Nella costituzione dell’opposta società, il Tribunale adito rigettò l’opposizione con sentenza n. 86 del 2006.

Interposto appello da parte della predetta società opponente e nella resistenza dell’appellata, la Corte di appello di Cagliari, con sentenza n. 367 del 2010 (depositata il 21 luglio 2010), rigettava il gravame e, per l’effetto, confermava l’impugnata sentenza, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado. A sostegno dell’adottata decisione la Corte territoriale evidenziava, in primo luogo, che la società appellante non aveva dato prova della circostanza che la società appellata fosse la sua unica fornitrice delle piantine di basilico e che quelle effettivamente sottoposte ad esame provenissero dalla stessa appellata, così come non era rimasto univocamente riscontrato che essa appellante fosse l’unica fornitrice di tale prodotto in favore della società Esselunga. La Corte sarda rilevava, altresì, che non vi era stata alcuna inversione dell’onere probatorio così come non era stato acquisito alcun riscontro dell’assunto riconoscimento, da parte dell’appellata, del vizio che afferiva la partita di basilico oggetto di contestazione, ritenendo la superfluità delle prove testimoniali dedotte dalla medesima società appellante.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado proponeva ricorso per cassazione la s.r.l. Aromi e Profumi e questa Sezione, con sentenza n. 6787 del 2012, lo accoglieva.

In particolare, con quest’ultima sentenza di annullamento si osservava, innanzitutto, come non potesse mettersi in dubbio che la vendita di un prodotto affetto dalla suddetta caratteristica negativa (oltretutto destinato alla distribuzione alimentare), come tale idonea a renderlo incommestibile e, quindi, incommerciabile (anche ponendosi riferimento alla prescrizione imposta dalla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5, applicabile “ratione temporis”), configurava una ipotesi di vendita di “aliud pro alio”, sul rilievo che tale figura ricorre non solo quando la cosa consegnata appartenga ad un genere del tutto diverso da quello a cui appartiene la cosa pattuita, ma anche quando difetti delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale (e, quindi, a fornire l’utilità richiesta) o a quell’altra funzione che le parti abbiano assunto come essenziale.

Con la stessa sentenza si rilevava, altresì, che, alla stregua delle complessive carenze motivazionali prospettate con i motivi dal secondo al quarto del formulato ricorso, doveva affermarsi che la Corte sarda non era pervenuta, sul piano dell’adeguatezza e della complessiva logicità che deve caratterizzare il percorso argomentativo di una sentenza (anche alla stregua dell’applicazione del principio di diritto affermato con riguardo al primo motivo), ad una congrua e completa valutazione dei fatti decisivi della controversia orientati, nella specie, a comprovare il possibile inadempimento addebitabile alla Cooperativa Agricola Rinascita a r.l., con la correlata configurabilità di tutte le conseguenze giuridiche (sul piano risarcitorio) potenzialmente riconducibili a tale inadempimento da un punto di vista eziologico.

La s.r.l. Aromi e Profumi provvedeva a riassumere ritualmente il giudizio e, nella resistenza della s.c.a.r.l. Agricola Rinascita, la Corte di appello di Cagliari, con sentenza n. 565/2016, decidendo in sede di rinvio, in parziale riforma della sentenza n. 86/2006 del Tribunale di Cagliari, revocava il Decreto Ingiuntivo n. 1206 del 2001, emesso dallo stesso Tribunale, condannando la suddetta s.r.l. Aromi e Profumi al pagamento, in favore della s.c.a.r.l. Rinascita, della ridotta somma di Euro 5.432,38, oltre accessori, rigettando, tuttavia, la domanda di risarcimento dei danni formulata dalla s.r.l. Aromi e Profumi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Avverso la suddetta sentenza emessa in sede di rinvio ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. Aromi e Profumi, articolandolo in due motivi.

L’intimata Società cooperativa Agricola Rinascita a r.l. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

In un primo momento il ricorso veniva avviato per la sua definizione con la trattazione secondo il rito previsto dall’art. 380-bis c.p.c., dinanzi alla VI Sezione civile ma, all’esito della relativa Camera di consiglio, il collegio disponeva procedersi nelle forme dell’udienza pubblica, in prossimità della quale, fissata per la data odierna, la difesa della ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

1.1. Con il primo motivo la citata ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’assunta violazione del principio di non contestazione di cui all’art. 167 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva respinto la domanda risarcitoria sul presupposto che era suo onere dimostrare sia la sussistenza che l’entità dei danni, la cui prova, però, non era stata assolta, omettendo, tuttavia, di rilevare – ad avviso della stessa – che la controparte non aveva preso alcuna posizione in merito ai fatti costitutivi dell’esperita azione risarcitoria.

1.2. Con la seconda censura la s.r.l. Aromi e Profumi ha denunciato la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione allo stesso art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo l’illegittimità dell’impugnata sentenza nella parte in cui con la stessa essa ricorrente era stata condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione definito con la sentenza n. 6786/2012, malgrado la Società cooperativa Agricola Rinascita a r.l. fosse rimasta meramente intimata e, quindi, senza costituirsi in detto giudizio.

2. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato.

Come già evidenziato, esso si fonda sull’asserita “non contestazione” da parte della s.c.a.r.l. Agricola Rinascita – fin dal giudizio di primo grado – della pretesa risarcitoria da essa ricorrente fatta valere con la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto intercorso tra le parti sulla scorta del dedotto inadempimento della predetta società con riguardo ad una serie di forniture concernenti delle partite di piante di basilico incommerciabile, come tale ritenuto sussistente dalla Corte territoriale con la sentenza qui impugnata, pronunciata in sede di rinvio, ancorchè con riferimento solo ad alcune delle forniture.

Ritiene il collegio che deve escludersi la sussistenza di una condotta integrante propriamente una “non contestazione” in ordine alla suddetta domanda risarcitoria dalla quale la ricorrente vorrebbe far discendere il riconoscimento della fondatezza di detta ulteriore domanda.

Premesso che, nel caso di specie, trova applicazione “ratione temporis” la formulazione dell’art. 115 c.p.c., nella sua versione antecedente alla sostituzione intervenuta per effetto della L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 14, deve essere posto in risalto che l’interpretazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 20211/2012 e n. 8591/2014) concernente il precedente testo della citata norma imponeva che, affinchè un fatto allegato da una parte potesse considerarsi pacifico, non era sufficiente la semplice mancata contestazione ma occorreva che la controparte ammettesse esplicitamente il fatto o che impostasse l’apparato difensivo su circostanze ed argomentazioni logicamente incompatibili con la sua negazione.

Orbene, adattando tale principio alla fattispecie, è evidente che non ricorre un’ipotesi di “non contestazione”, dal momento che la difesa della s.c.a.r.l. Agricola Rinascita fu diretta, fin dall’inizio, a contestare in radice il suo inadempimento e, di conseguenza, la riconducibilità di un possibile danno prospettato dalla controparte ad una sua condotta.

In altri termini, deve ritenersi che la contestazione del diritto al soddisfacimento della pretesa risarcitoria vantata dalla s.r.l. Aromi e Profumi era logicamente implicita nella contestazione più ampia e ritenuta decisiva compiuta dalla parte avversa – della fondatezza della domanda di risoluzione o di inadempimento avanzate dalla odierna ricorrente.

Pertanto, non è venuta affatto a configurarsi la violazione dedotta con la censura in questione.

Per il resto, la Corte sarda – con la sentenza adottata in sede di rinvio – ha fornito (v. pagg. 8-9 di detta sentenza) una puntuale ed adeguata motivazione di merito (insindacabile in questa sede) sulle ragioni per cui le prove prodotte dalla s.r.l. Aromi e Profumi, volte a dimostrare la sussistenza del danno, non erano sufficienti o, comunque, quelle costituende si atteggiavano come inammissibili o inutilizzabili.

3. E’ fondato, invece, il secondo motivo a causa della palese illegittimità della condanna emessa dalla Corte di appello di Cagliari con la sentenza emanata all’esito del giudizio di rinvio (ed oggetto, appunto, del presente ricorso) con riferimento al disposto pagamento delle spese del giudizio di cassazione (per l’importo di Euro 2000,00), definito con la citata sentenza n. 6787/2012, in favore della Società cooperativa Agricola Rinascita a r.l., malgrado la stessa non avesse svolto alcuna attività difensiva in quella sede, essendo, invero, rimasta intimata.

Costituisce, infatti, principio pacifico che la condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto, ragion per cui essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poichè questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (v., tra le tante, Cass. n. 17432/2011 e n. 16174/2018).

4. In definitiva, deve essere respinto il primo motivo e va accolto il secondo. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto si può decidere nel merito con riferimento alla censura ritenuta fondata, disponendo l’eliminazione, nell’impugnata sentenza, della condanna posta a carico della s.r.l. Aromi e Profumi alle spese (per l’ammontare di Euro 2000,00) del pregresso giudizio di legittimità conclusosi con la sentenza di annullamento n. 6787/2012.

Per effetto dell’esito di questo giudizio comportante una ipotesi di soccombenza reciproca le spese vanno interamente compensate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, elide la condanna alle spese del precedente giudizio di legittimità disposta contro la ricorrente nell’impugnata sentenza.

Compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sezione Civile, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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