Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32442 del 11/12/2019

Cassazione civile sez. II, 11/12/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 11/12/2019), n.32442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26488/2015 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANGELO

EMO, 106, presso lo studio dell’avvocato CIRO CASTALDO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE LA PESA;

– ricorrente –

contro

P.L., rappresentato e difeso dall’avvocato GIORGIO

POLVERINO;

– controricorrente –

e contro

C.M.P.A., M.G., C.P.,

C.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1956/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 04/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 1794/06 il Tribunale di Foggia, in accoglimento della domanda svolta da P.L. trasferiva, ex art. 2932 c.c., in capo all’attore la piena proprietà degli immobili siti in (OMISSIS), in atti specificamente individuati ai patti ed alle condizioni di cui alla scrittura privata intercorsa il 18.10.1999 con la convenuta G.E. e, accertato l’inadempimento di quest’ultima anche in ordine ad altra domanda di restituzione, la condannava al pagamento in favore del P. della somma di Euro 9.547,30 con condanna della convenuta alle spese eccetto quelle compensate nella sola misura di un terzo.

L’originaria attrice interponeva avverso la suddetta decisione del Tribunale di prima istanza appello resistito dal P., che proponeva appello incidentale.

A seguito del decesso della G. il giudizio era proseguito dalla sola erede C.M..

L’adita Corte di Appello di Bari, con sentenza n, 1956/2014, rigettava l’appello principale e quello incidentale con condanna alle spese (salvo un terzo compensate) a carico dell’appellante principale.

Per la cassazione della succitata sentenza della Corte territoriale ricorre la C. con atto affidato a due ordini di motivi e resistito con controricorso dal P..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

Pater corrente lamenta, in sostanza, il preteso errore compiuto dalla Corte di Appello nell’aver dichiarato inammissibile una eccezione sollevata.

Trattasi, in ispecie, della eccezione sollevata (per espressa affermazione di cui al ricorso stesso innanzi a questa Corte) in relazione ad una pretesa “parziale ed inesatta lettura effettuata dal giudice di primo grado”.

Orbene, premesso che questa Corte non annovera fra i propri compiti quello di effettuare l’eventuale “inesatta lettura del giudice di primo grado”, deve osservarsi quanto segue.

L’eccezione cui il motivo fa rifermento attiene ad una rivalutazione e nuova interpretazione del contratto preliminare inter partes che -secondo parte appellante ed odierna ricorrente – doveva comportare l’inammissibilità della domanda attorea ex art. 2932 c.c..

Senonchè, poichè la detta parte appellante aveva – in primo grado – concluso per il solo rigetto dell’avversa domanda attorea – la Corte territoriale non ha errato nel ritenere il carattere innovativo ed inammissibile della tardiva eccezione di inammissibilità.

In ogni caso la pretesa inammissibilità era ancorata, nella prospettazione dell’odierna parte ricorrente ad una nuova interpretazione di una clausola del contratto preliminare che prevedeva l’esperibilità dell’azione ex art. 2932 c.c. “solo dopo una eventuale infruttuosa richiesta di restituzione”: tale clausola -con adeguata intrepretazione data nella competente sede dal Giudice del merito – non è stata ritenuta come rinuncia preventiva ed ostativa all’esperibilità nella fattispecie della detta azione.

Il motivo è, quindi, infondato e va respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per esclusione della condanna alle spese altri eredi G.E..

Il motivo non può essere accolto.

La Corte territoriale ha spiegato e dato conto della “soccombente sostanziale” della solo C.M.. Vi è stata, conseguentemente, corretta applicazione della norma in materia di regolamentazione delle spese di lite per soccombenza.

Il motivo è, quindi, infondato e va respinto.

3.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano così come in dispositivo.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 5.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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