Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3244 del 10/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/02/2021, (ud. 08/10/2020, dep. 10/02/2021), n.3244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6147-2018 proposto da:

PONTIFICIO ISTITUTO TEUTONICO DI SANTA MARIA DELL’ANIMA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 2, presso lo

studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PASQUALE RUSSO;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in ROMA, V. DEL TEMPIO DI

GIOVE 21, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO ROSSI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4136/2017 della COMM. TRIB. REG. LAZIO,

depositata il 10/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. DARIO CAVALLARI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Pontificio Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima ha impugnato un avviso di accertamento in rettifica con il quale Roma Capitale aveva accertato il maggior debito per insufficiente versamento dell’ICI per l’anno 2011, oltre a sanzioni amministrative ed interessi.

La CTP di Roma, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 10248/11/16, ha respinto il ricorso.

Il Pontificio Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima ha presentato appello che la CTR Lazio, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 4136/6/2017, ha respinto il gravame.

Il Pontificio Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Roma Capitale si è difesa con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed il secondo motivo, che possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta connessione, il Pontificio Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), e dell’art. 115 c.p.c., comma 1, in quanto la CTR avrebbe errato nel ritenere non provato lo svolgimento, nell’immobile oggetto del contendere, di una attività non commerciale, nonostante non fosse contestato che il medesimo Pontificio Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima era un ente non commerciale che svolgeva in loco una attività istituzionale.

I motivi sono infondati.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione dall’imposta prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i); è subordinata alla compresenza di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali e di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l’attività al quale l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità un’attività commerciale (Cass., Sez. V, n. 13970 dell’8 luglio 2016; Cass., Sez. V, n. 14226 dell’8 luglio 2015).

Ne consegue che la titolarità del bene in capo ad un ente non commerciale che ivi svolga in astratto la propria attività istituzionale (anch’essa non commerciale) non è sufficiente, di per sè, a giustificare il riconoscimento del beneficio in esame, essendo necessario che la rispondenza di detta attività ad una di quelle che, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), consentono di godere dell’esenzione in questione, sia dimostrata in concreto.

Nella specie, per stessa ammissione di parte ricorrente (e come accertato nella sentenza impugnata) tale prova non è stata fornita dal contribuente, soggetto che a ciò sarebbe stato tenuto.

2. Il ricorso è, quindi, respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza come da dispositivo ex art. 91 c.p.c..

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite in favore di Roma Capitale, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, oltre accessori come per legge e spese generali nella misura del 15%;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 Sezione Civile, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2021

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