Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32438 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2018, (ud. 16/11/2018, dep. 14/12/2018), n.32438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO A.P. Pasqualina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24512/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi

n. 12;

– ricorrente –

contro

G.D. e B.J., rappresentati e difesi dall’Avv.

Nicola Minervini, elettivamente domiciliati presso lo studio

dell’Avv. Andrea Defonte, sito in Roma, Via Garigliano n. 11, giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrenti-ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana n. 101/1/2011 depositata il 24 febbraio 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16 novembre 2018

dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale dott. De Matteis Stanislao, che ha concluso chiedendo il

rigetto del primo motivo di ricorso principale e l’accoglimento del

secondo motivo, oltre al rigetto del ricorso incidentale.

udito l’Avv. Roberta Guizzi per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate di Lucca, in data 28-8-2007, emetteva avviso di accertamento “unitario” nei confronti della Associazione Real Time Motor Sport, ritenuta società commerciale “di fatto”, e dei soci P.R., B.J., G.D., Pe.An., P.G. e Po.Mi., per gli anni 2003, 2004 e 2005, rettificando i redditi della “società”.

2. La Commissione tributaria di Lucca, con sentenza del 13-4-2010 (48-2-2010), annullava gli avvisi impugnati.

3. L’Agenzia delle entrate di Pistoia, in data 5-5-2009, emetteva avvisi di accertamento solo nei confronti dei soci G.D. e B.J., sia per le rettifiche dei redditi della “società”, per le medesime annualità, sia per l’omessa dichiarazione dei redditi da lavoro dipendente. Tali avvisi divenivano definitivi per mancata impugnazione dei soci, con emissione di cartelle di pagamento, impugnate dai due soci dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Pistoia, che rigettava i ricorsi (sentenza 93/01/2010).

4. La Commissione tributaria regionale, pronunciando sulla impugnazione di quest’ultima sentenza (93-1-2010), accoglieva l’appello dei soci, in quanto “l’impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto del ruolo travolge con sè il ruolo e coinvolge automaticamente gli avvisi…notificati ai soci”.

5. Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

6. Resistono i contribuenti con controricorso, contenente ricorso incidentale, depositando anche memoria scritta e documentazione, attestante l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lucca (48/2/2010).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “violazione dell’art. 295 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, rilevando che al momento della instaurazione dei due giudizi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Pistoia (13-5-2010 B. e 26-5-2010 G.) era già stata pronunciata la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lucca (14-4-2010), con cui era stato annullato l’avviso di accertamento emesse nei confronti della società, con la partecipazione alla causa di tutti i soci, che i due processi non potevano, dunque, essere riuniti, che la sentenza del Tribunale di Lucca non era però passata in giudicato, che, quindi, l’assenza di giudicato non poteva travolgere le cartelle di pagamento, emesse per la mancata impugnazione da parte dei due soci delle cartelle di pagamento, che sussisteva, invece, un “nesso di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società e di tutti i soci e quello in esame, in quanto soltanto l’intervenuto passaggio in giudicato di una sentenza di annullamento (per ragioni sostanziali) dell’avviso emesso nei confronti della associazione avrebbe potuto travolgere i ruoli, stante la possibilità del socio di avvalersi del giudicato favorevole alla società (Cass. Civ., sez. un., 14815/2008)”.

1.1. Il primo motivo è infondato.

1.2. Invero, deve premettersi che, in base all’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Cass. Civ., sez. un., 24 luglio 2013, n. 17931; Cass. Civ., Cass. Civ., 7 maggio 2018, n. 10862).

In particolare, si ritiene, sul punto, che l’onere della specificità dei motivi di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, non deve essere inteso come assoluta necessità dì formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle elencate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, cui si ritiene di ascrivere il vizio, nè di precisa individuazione di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, degli articoli codicistici o di altri testi normativi, comportando, invece, l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo, delle ragioni per le quali la censura è stata formulata e del tenore della pronuncia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di individuare la volontà dell’impugnante e di stabilire se la stessa, per come esposta nel giudizio di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente, ma inequivocabilmente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c..

Il giudice, infatti, non è vincolato al nomen iuris indicato dalla parte e dalle norme giuridiche, dovendo invece procedere alla relativa riqualificazione, con particolare riferimento alla causa petendi, desumendola, al di là della terminologia più o meno appropriata adoperata dall’attore o dal convenuto, dal sostanziale contenuto del fatto o della situazione, giuridicamente rilevante, esposti a sostegno delle stesse.

In sede di legittimità il “motivo” integra la causa petendi della domanda processuale di impugnazione, posta a base della richiesta caducatoria della decisione (petitum).

1.3. Nella specie, anche se la ricorrente ha intestato la rubrica del motivo in modo erroneo (“violazione dell’art. 295 c.p.c.in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 4”) ed anche se nel paragrafo 1.3. dello stesso motivo pare adombrare la violazione dell’art. 295 c.p.c. per mancata sospensione del processo pendente dinanzi alla Commissione tributaria di Pistoia con oggetto le cartelle di pagamento nei confronti dei due soci -, in attesa del passaggio in giudicato della decisione di annullamento dell’avviso nei confronti della società, adotta dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca (“sussisteva un nesso di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nei confronti dell’associazione e il CTP di Lucca e il presente”), ha però, nella sostanza, mostrato di impugnare la decisione della Commissione tributaria regionale per avere erroneamente ritenuto che la decisione assunta dinanzi alla CTP di Lucca, pur non passata in giudicato, potesse travolgere gli avvisi e le conseguenti cartelle di pagamento emesse nei confronti dei due soci, tra l’altro anche per l’omessa dichiarazione dei redditi da lavoro dipendente.

Infatti, la Commissione regionale ha lapidariamente affermato che “l’impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto del ruolo travolge con sè il ruolo e coinvolge automaticamente gli avvisi individualmente notificati ai soci. Pertanto, l’iscrizione a ruolo deve essere annullata, fermo restando che il rapporto tributario sostanziale sarà regolato dal giudicato che si formerà in ordine al procedimento di Lucca (e che per ora ha dato luogo ad una sentenza non definitiva di accoglimento)”.

La censura formulata dalla ricorrente va proprio a censurare la ratio decidendi della pronuncia della Commissione regionale, in quanto evidenzia che solo la sentenza passata in giudicato di annullamento dell’avviso di accertamento nei confronti della società, può travolgere anche gli avvisi di accertamento non impugnati dai singoli soci e le relative cartelle di pagamento, emesse in assenza di impugnazione degli avvisi.

Si legge, infatti, a pagina 5 paragrafo 1.1. lett. e “al momento della pronuncia della sentenza qui impugnata, la sentenza n. 48/02/2010 della CTP di Lucca non era ancora passata in giudicato”, aggiungendo al paragrafo 1.2. che “in tale quadro, sembra evidente l’errore in cui è incorsa la CTR allorchè, pur dando atto della non ancora intervenuta definitività dell’appena citata sentenza, ha annullato l’iscrizione a ruolo effettuata a seguito della mancata impugnazione da parte dei contribuenti degli avvisi di accertamento con cui era stato accertato (anche) il reddito da partecipazione) sul solo presupposto che l’impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto del ruolo travolge con sè il ruolo e coinvolge automaticamente gli avvisi individualmente notificati”.

Prosegue, poi, la motivazione evidenziando al paragrafo 1.3. che “soltanto l’intervenuto passaggio in giudicato di una sentenza di annullamento (ovviamente per ragioni sostanziali) dell’avviso emesso nei confronti dell’associazione avrebbe potuto travolgere i ruoli, stante la possibilità dì avvalersi del giudicato favorevole della società (cfr. la sentenza n. 14815/2008 delle Sezioni Unite)”.

Pertanto, le errate indicazioni delle norme violate e del riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (error in procedendo) sono superate dall’inequivoco tenore sostanziale del motivo di impugnazione.

Invero, per la pronuncia delle Sezioni Unite citata, quando sono impugnati sia l’avviso di accertamento nei confronti delle società di persone che gli avvisi emessi nei confronti dei singoli soci, a seguito di avviso “unitario” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 40, comma 2, non trova applicazione il principio della “sospensione” necessaria del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. Infatti, quando le parti del processo non sono le stesse (nel processo pregiudiziale: la società e l’amministrazione finanziaria; in quello pregiudicato: i soci e l’amministrazione finanziaria), la sentenza avente ad oggetto il reddito della società non può avere l’efficacia (vincolante) propria del giudicato nei confronti dei soci che non abbiano partecipato (e non abbiano avuto la possibilità dì partecipare) al relativo processo, sicchè l’eventuale sospensione del processo relativo ai soci si risolverebbe in una inutile pausa processuale, ma ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario originario.

Se è decorso il termine di decadenza per impugnare l’avviso notificato ai soci, tuttavia la parte può essere chiamata in giudizio in causa legittimamente, per l’integrazione del contraddittorio, sicchè la sentenza favorevole al contribuente può essere opposta all’ufficio (nonostante la definitività dell’accertamento nei suoi confronti), per impugnare la cartella esattoriale e gli atti successivi della riscossione.

Si precisa nella motivazione della sentenza delle Sezioni Unite che “il giudicato di annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società, fa stato nel processo relativo ai soci, in ragione del carattere oggettivamente pregiudiziale dello stesso, in relazione al quale la mancata partecipazione al giudizio dei soci non è stata di alcun pregiudizio”.

L’unico caso in cui il giudicato di annullamento della società non si estende ai soci (non in causa), è quello in cui sia intervenuto, nel frattempo, un giudicato diretto di segno contrario, che abbia avallato l’accertamento effettuato dall’ufficio (Cass. Civ., 3306/2003; Cass. Civ., 21 maggio 2014, n. 11149).

Inoltre, si evidenzia che “quanto agli accertamenti divenuti definitivi perchè non impugnati, vale la regola…della non autonoma impugnabilità… e della opponibilità all’amministrazione finanziaria del giudicato favorevole al contribuente, che si formi nel giudizio nel quale lo stesso intervenga come litisconsorte” (Cass. Civ., Sez. Un., 2008/14815).

Nella specie, i due soci, che non hanno impugnato gli avvisi di accertamento emessi nei loro confronti dalla Agenzia delle entrate di Pistoia, con successiva emissione delle cartelle di pagamento, hanno partecipato al giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società.

1.4. I ricorrenti hanno prodotto con la memoria scritta anche la copia della sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 102/25/2013, pronunciata in data 16-10-2013, passata in giudicato, come da attestazione di cancelleria, con cui sono stati dichiarati inammissibili, in dispositivo, gli appelli, principale ed incidentale, presentati avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lucca n. 48/2/2010, con il conseguente passaggio in giudicato anche della sentenza di prime cure. In motivazione si dà atto del mancato ottemperamento all’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti del socio Po.Mi., litisconsorte necessario, impartito dalla Commissione regionale, per inesistenza della notifica.

Gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei due soci dalla Agenzia delle entrate di Salerno, in data 5-5-2009, sono anteriori all’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lucca (48/2/2010, depositata il 13-4-2010), a seguito della dichiarazione di inammissibilità degli appelli principale ed incidentale da parte della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 102/25/2013, depositata il 16-10-2013.

1.5. Pertanto, l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, con riferimento alla asserita attività commerciale espletata, fa stato nel processo relativo ai soci, per quanto riguarda i redditi di natura societaria.

2.Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate di Pistoia nei confronti dei due soci avevano ad oggetto, oltre ai redditi di partecipazione alla società, anche l’omessa dichiarazione dei redditi da lavoro dipendente. La Commissione regionale non ha motivato sulla circostanza se con gli avvisi erano stati accertati anche redditi da lavoro dipendente non dichiarati. Pertanto, per l’Agenzia “in assenza del dedotto vizio motivazionale, la decisione, quindi, sarebbe stata diversa da quella assunta e favorevole all’Ufficio”.

2.1. Tale motivo è fondato.

Infatti, il giudicato di annullamento dell’avviso relativo alla società ha sì travolto gli avvisi destinati ai due soci nella parte in cui contenevano l’accertamento della partecipazione societaria, ma non la parte degli avvisi che aveva ad oggetto l’omessa dichiarazione dei redditi da lavoro dipendente dei due soci.

La Commissione regionale, sul punto, non ha in alcun modo motivato, essendosi limitata ad affermare che la sentenza della Commissione provinciale di Lucca, non ancora passata in giudicato, aveva annullato l’avviso nei confronti della società, sicchè venivano conseguentemente travolti anche gli avvisi di accertamento nei confronti dei due soci, emessi dalla Agenzia delle entrate di Pistoia, anche in riferimento alla omessa dichiarazione dei propri redditi da lavoro dipendente.

La Commissione regionale, in sede di rinvio, dovrà valutare se gli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei due soci, non impugnati (con l’emissione delle conseguenti cartelle di pagamento), ricomprendevano anche l’omessa dichiarazione di redditi da lavoro dipendente dei due soci.

3.Con il primo motivo di ricorso incidentale i soci deducono “violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, (nella versione novellata dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11) e 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, non sussistendo le gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale i soci si dolgono “in subordine” della “omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, avendo la Commissione regionale disposto la compensazione solo per la “natura della questione che può prestare margini di incertezza”.

4.1. I due motivi di ricorso incidentale, che possono essere trattati insieme per ragioni di connessione, sono assorbiti, in quanto la Commissione regionale, cui è rinviata la causa, dovrà nuovamente provvedere sulle spese.

5. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione al secondo motivo di impugnazione, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

In accoglimento del secondo motivo di ricorso principale, rigettato il primo ed assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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