Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3243 del 09/02/2018


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3243 Anno 2018
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

SENTENZA

sul ricorso 8438/2016 proposto da:

co~c .l

Gargiulo Francesco Saverio, elettivamente domiciliato in Roma, Via
Tommaso D’Aquino n. 116,

presso lo studio dell’avvocato

Carlo, rappresentato e difeso dall’avvocato

Corte di Casazione – copia non ufficiale

Data pubblicazione: 09/02/2018

Mi lardi

Sguanci Alfredo, giusta

procura in calce al ricorso;

ricorrente –

contro
Avino Paola, Gargiulo Antonio, Gargiulo Ersilia, Gargiulo Federico,
domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della

~l

Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Di Nanni
Carlo, giusta procura a margine del controricorso;

controricorrenti –

CASSAZIONE di ROMA, depositata il ZS/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
14/07/2017 dal cons. LOREDANA NAZZICONE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO
IMMACOLATA che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito, per il

ricorrente,

l’Avvocato A.

Sguanci che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato C. Di Nanni che ha chiesto
l’inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente ha proposto ricorso per revocazione, sulla base di

J

due moti’.A{ ai sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ., della sentenza
di questa Corte del 25 settembre 2015, n. 19075, con la quale è /
stato respinto il ricorso per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello

di

Napoli

del

18

ottobre

2010,

di

rigetto

dell’impugnazione del lodo.
Resistono con controricorso gli intimati, che hanno depositato
anche la memoria di cui all’art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
l. – Il primo motivo denunzia, quale ragione di revocazione per

errore di fatto ex art. 395, n. 4, cod. proc. civ., l’avere la sentenza
di questa Corte, nell’ambito della decisione sul terzo motivo di
ricorso ivi proposto, affermato che era stato rispettato il quorum
assembleare

nella

deliberazione

clL modifica

della

1

clausola

l

1

2

t

Corte di Casazione – copia non ufficiale

avverso la sentenza n. 19075/2015 della CORTE SUPREMA DI

compromissoria

statutaria

della

Salit

s.r.l.,

in

tal

modo

dimostrando di non avere letto il relativo verbale, essendo stata
invece quella delibera assunta col 65°/o, invece che con i due terzi
del capitale sociale, come richiesto dall’art. 34 d.lgs. n. 5 del 2003.

l’ottavo motivo di ricorso, avendo omesso ogni lettura del lodo,
abbia affermato come gli arbitri avessero ritenuto irrilevante il
documento impugnato con la querela di falso, mentre essi avevano
considerato

non

necessaria

la

sospensione

del

procedimento

arbitrale, contrariamente al disposto dell’art. 819-bis cod. proc.
civ.
2. – Il ricorso è inammissibile.
La sentenza oggi impugnata per revocazione, nel respingere il
ricorso fondato su quindici motivi, aveva ritenuto che: a) il terzo
motivo, con cui il ricorrente lamentava la falsa applicazione dell’art.
829, n. l, cod. proc. civ., per avere la corte d’appello escluso
l’invalidità della clausola arbitrale senza considerare la mancanza di
quorum nell’assemblea che l’aveva modificata, ex art. 34 d.lgs. n.
5 del 2003, fosse inammissibile: ciò in quanto il ricorrente non
colse la ratio decidendi della impugnata decisione, che non si era
pronunciata sul merito, ma accertato invece l’assenza di censure
specifiche

alle

sostanzialmente

argomentazioni
rilevando

del

lodo,

l’inammissibilità

in
di

tal
quel

modo
motivo

d’appello; b) l’ottavo motivo, il quale lamentava la violazione
dell’art. 819-bis cod. proc. civ. per avere la corte d’appello escluso
la sospendibilità necessaria del processo arbitrale in relazione alla
pendenza di un giudizio di querela di falso, fosse inammissibile,
perché ivi il ricorrente non colse parimenti la ratio decidendi,
fondata non sul carattere non obbligatorio di quella sospensione,
3

Corte di Casazione – copia non ufficiale

Il secondo motivo censura come questa Corte, nel decidere

ma sulla valutazione, da parte degli arbitri, circa l’insussistenza del
rapporto di

pregiudizialità,

attesa

l’irrilevanza

in giudizio del

documento impugnato con querela di falso.
Nell’esaminare il sesto motivo di ricorso, questa Corte –

e di

ebbe, poi, a rilevarne l’infondatezza, avendo la modifica previsto la
nomina degli arbitri a soggetto estraneo alla società, secondo la
nuova disposizione, senza rilievo del dissenso del ricorrente,
“essendo stati rispettati il procedimento ed il quorum prescritti
dalla legge ai fini della modifica statutaria, la quale, d’altronde, non
attribuiva il potere di designazione ad una persona fisica di fiducia
dei

soci

di

maggioranza”.

Questa

affermazione

viene

oggi

individuata come affetta da errore di fatto.
Ma l’assunto non ha pregio.
La sentenza n. 19075 del 2015 ritenne entrambi i menzionati
motivi inammissibili: alla stregua del noto principio secondo cui è
inammissibile il motivo del ricorso per cassazione che manchi di
sottoporre,

tanto

sul

piano

processuale

quanto

su

quello

sostanziale, a una critica puntuale l’autentica ratio decidendi della
sentenza impugnata che risulti

idonea a sostenerla, siccome

insuscettibile di essere vagliata d’ufficio nel giudizio di legittimità (e
plurimis, Cass. 20 ottobre 2010, n. 21514).
Si trattò, dunque, di valutazione di puro diritto, e non di fatto.
La successiva affermazione, sopra riportata, che si collocava
nell’ambito dell’esame del sesto motivo di quel ricorso, è rimasta

Corte di Casazione – copia non ufficiale

ciò si duole oggi il ricorrente, in particolare, col primo motivo –

dunque del tutto irrilevante nella decisione.
Entrambi i motivi, in definitiva, non denunziano un errore di
fatto, ma lamentano inammissibilmente che la Corte di cassazione
non abbia, da un lato, esaminato la deliberazione assembleare, e,
4

J/)

dall’altro, il lodo arbitrale: compiti affatto estranei al giudice di
legittimità, che non compie il giudizio di fatto, né, parimenti,
esamina il lodo, pacifico essendo (e multis, Cass. 8 giugno 2007,
n. 13511) che in sede di ricorso per cassazione avente ad oggetto

lodo, il giudice di legittimità non esamina la pronuncia arbitrale,
ma solo la decisione emessa in sede di impugnazione, unico
oggetto del giudizio.
3. – Le spese seguono la soccombenza.
Sussistono i presupposti della condanna ex art. 385, 3° comma,
cod. proc. civ., introdotto dall’art. 13 d.lgs. n. 40 del 2006 ed in
seguito abrogato dall’art. 46, comma 20, della legge 18 giugno 2009,
n. 69, con decorrenza dal 4 luglio 2009 (quindi, in vigore dal 2 marzo
2006 al 3 luglio 2009), applicabile ratione temporis.
Costituisce abuso del diritto all’impugnazione, integrante “colpa
grave” – quale stato soggettivo che si concreta nel mancato doveroso
impiego di quella diligenza che consenta di avvertire agevolmente
l’ingiustizia della propria domanda –

la proposizione di un ricorso per

revocazione di una sentenza della corte di cassazione, prospettandosi
come vizio revocatorio un preteso errar in iudicando commesso dalla
corte stessa, in presenza di una consolidata e costante giurisprudenza
che esclude l’errore di giudizio dai vizi revocatori di cui all’art. 395, n.
4, cod. proc. civ., per le sentenze di legittimità (in tal senso, cfr. sin
da Cass. 18 febbraio 1994, n. 1592; 30 settembre 1989, n. 3948).
In

tal

caso

invero,

il

ricorso

per

cassazione

integra

un

ingiustificato aggravamento del sistema giurisdizionale (cfr. Corte
Cost.

23

giugno

2016,

n.

152, che

ha confermato la tenuta

costituzionale dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.), in quanto si
tratta di condotta di chi, abusando del proprio diritto di azione e di
5

Corte di Casazione – copia non ufficiale

una sentenza che abbia deciso sull’impugnazione per nullità del

difesa,

si

serva

contribuendo

dello

così

ad

strumento
aggravare

processuale

a

l’entità

contenzioso

del

fini

dilatori,
e,

conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi.
Per quel che concerne il quantum della condanna da irrogare,
ragionevole

assumere

come

parametro

di

riferimento

l’importo liquidato per le spese dovute alla parte vittoriosa per il
grado di giudizio, onde si stima equo condannare il ricorrente al
pagamento in favore della controparte della ulteriore somma di €

3.500,00.
Deve provvedersi altresì all’accertamento di cui all’art. 13, comma

l quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. l, comma
17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, applicabile ai procedimenti iniziati
dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della
legge, avvenuta il 30 gennaio 2013.
P.Q.M.
La

Corte dichiara

inammissibile il

ricorso e condanna

la

ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore solidale dei
controricorrenti, liquidate in € 7.200,00, di cui € 200,00 per
esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15°/o ed agli
accessori, come per legge, nonché al risarcimento del danno per
lite temeraria nella misura di € 3.500,00.
Dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del
versamento del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma l

quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 luglio

2017.

6

Corte di Casazione – copia non ufficiale

appare

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