Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32426 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2018, (ud. 12/04/2018, dep. 14/12/2018), n.32426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4682-2011 proposto da:

A.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIA MONTE DELLE

GIOIE 22, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA TIRABOSCHI,

che la rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA GERIT SPA, BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 470/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata l’08/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2018 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato COCOLA per delega dell’Avvocato

TIRABOSCHI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI che richiama il

contenuto del controricorso e chiede il rigetto e la conferma della

sentenza impugnata.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La contribuente A.A.M. impugnava la cartella di pagamento n. (OMISSIS) relativa a somme dovute a seguito del controllo della dichiarazione dei redditi riguardante l’anno 1995, presentata nel 1996 in forma congiunta con il coniuge, eccependo la non debenza dell’importo per carenza del presupposto impositivo, non avendo mai sottoscritto tale dichiarazione congiunta, eccependo poi il difetto di notifica della cartella ed inoltre la decadenza dal potere impositivo dell’amministrazione.

La CTP di Roma accoglieva il ricorso, ed in un primo tempo la CTR del Lazio dichiarava l’appello dell’ufficio inammissibile per difetto di notifica.

A seguito dell’annullamento da parte di questa Corte, con sentenza n. 3669 del 2009, della suddetta decisione, l’ufficio riassumeva il giudizio e la CTR del Lazio accoglieva l’appello dell’ufficio, ritenendo sussistente la soggettività passiva della contribuente e ritenendo emessa la cartella nei termini.

Contro tale sentenza ricorre la contribuente a questa Corte sulla base di cinque motivi.

Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

La contribuente ha, successivamente, presentato memoria del 4.4.2018.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art 25, così come modificato dal D.L. n. 106 del 2005, art. 5-bis, convertito dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR infatti, pur avendo dato atto della nuova normativa che ha fissato il termine per la notifica delle cartelle al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione, che nel caso di specie si doveva identificare nel 31.12.2001, e pur avendo dato atto che la cartella in questione era stata notificata nel 2002, e quindi oltre tale termine, concludeva nel senso che la stessa era tempestiva.

Con il secondo motivo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. In conseguenza del malgoverno delle risultanze istruttorie, avendo la CTR affermato, senza motivazione, che la contribuente aveva sottoscritto la dichiarazione congiunta, senza che in giudizio sia stato prodotto l’originale della stessa.

Con il terzo motivo deduce falsa applicazione della L. 114 del 1977, art. 17, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in conseguenza del malgoverno delle risultanze istruttorie, avendo al CTR ritenuta corretta la notifica della cartella al marito della contribuente sul presupposto che egli avesse lasciato Roma, luogo della notifica, nel 2002, mentre era stato dimostrato documentalmente che il cambio di residenza in provincia di Cosenza era avvenuto nel 1999.

Con il quarto motivo deduce omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia relativamente all’applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non essendosi la CTR pronunciata sull’eccezione secondo cui la cartella era stata notificata oltre l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo a quello della consegna del ruolo, e quindi nella specie il 31.5.2002, mentre la cartella era stata notificata il 24.7.2002

Con il quinto motivo deduce omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia relativamente all’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non essendosi la CTR pronunciata sul fatto che l’ufficio non potesse ricorrere alla procedura ex art. 36-bis per l’iscrizione a ruolo di interessi e pene pecuniarie.

Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.

Come affermato da questa Corte in precedenti decisioni, il termine per la notifica, a pena di decadenza, delle cartelle relative a dichiarazioni presentate prima del 31.12.2001 è il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione:

In tema di riscossione delle imposte sui redditi, il D.L. n. 106 del 2005, art. 1, convertito con modificazioni nella L. n. 156 del 2005 – dando seguito alla sentenza della Corte cost. n. 280 del 2005, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, nella parte in cui non prevedeva un termine di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alle imposte liquidate dal D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, – ha fissato, al comma 5-bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, ed ha stabilito all’art. 5-ter, sostituendo il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 2, che, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. La norma, di carattere transitorio, trova applicazione non solo alle situazioni tributarie, anteriori alla sua entrata in vigore, pendenti presso l’ente impositore, ma anche a quelle che (come nel caso di specie) siano ancora “sub iudice”. (Sez. 5, n. 29845 del 2017 (Rv. 646572 01).

Nel caso di specie, non è contestato che la dichiarazione cui si riferisce la cartella è quella relativa all’anno 1995, presentata nel 1996, e quindi anteriormente al 31.12.2001. Il termine per la notifica era, pertanto, il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (il 1996), e scadeva, quindi, il 31.12.2001.

Ugualmente non contestato è il fatto che la notifica è avvenuta nel 2002; lo stesso ufficio in controricorso nulla eccepisce sul punto.

La CTR ha, pertanto, errato quanto meno sulla decorrenza del termine di decadenza laddove, pur dando atto che la cartella è stata notificata nel 2002, ha ritenuto la notifica tempestiva.

Più che di un errore di fatto, appare, quindi, trattarsi di un errore di diritto, perchè la CTR non ha errato sulla ricostruzione dei fatti, ma ha tratto da essi una conclusione non conforme a diritto; si è trattato, quindi, di un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali che non costituisce errore revocatorio, come invece eccepito dall’ufficio in udienza.

Il primo motivo deve, quindi, essere accolto, con assorbimento degli altri, e la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata. Ugualmente assorbite sono le argomentazioni di cui alla memoria della contribuente del 4.4.2018, atteso che l’esame della conformità alla legge della cartella impugnata nel presente giudizio è preliminare a tutte le vicende successive.

Non richiedendo, poi, la questione ulteriori accertamenti di fatto, la stessa può essere decisa nel merito.

Poichè dagli atti emerge che fin dal primo grado la ricorrente aveva impugnato la cartella eccependo la decadenza dal potere impositivo, alla luce delle considerazioni sopra esposte il ricorso introduttivo della stessa appare fondato, con conseguente annullamento della cartella impugnata.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza; sono pertanto a carico del controricorrente ufficio, e si liquidano in Euro 2.500.

Alla luce delle complesse vicende della disciplina del problema in questione e del fatto che la normativa che ha regolato la vicenda era una normativa transitoria relativa alle cartelle riguardanti dichiarazioni già presentate, sussistono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di merito.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa le spese del giudizio di merito.

Condanna l’ufficio al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, liquidate in Euro 2.500.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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