Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32423 del 14/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2018, (ud. 12/04/2018, dep. 14/12/2018), n.32423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 25658-2011 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato PAOLO FIORILLI, rappresentato e difeso dagli Avv.ti

MARCO MICCINESI e FRANCESCO PISTOLESI giusta procura speciale estesa

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 108/31/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata l’8 settembre 2010, non

notificata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12

aprile 2018 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale UMBERTO

DE AUGUSTINIS che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 24 maggio 2010 la Commissione Tributaria Regionale della Toscana ha respinto l’appello avverso la sentenza n. 157/02/2007 della Commissione tributaria provinciale di Lucca, che aveva respinto il ricorso, proposto dal contribuente indicato in epigrafe, contro l’avviso di accertamento IRPEF ed IRAP 2001, difesosi deducendo “che tale accertamento era stato effettuato dall’Agenzia di Lucca esclusivamente con l’applicazione dei parametri senza alcun controllo, per cui la discordanza tra ricavi dichiarati e quelli accertati era da considerare una presunzione semplice contestabile con il fatto che, trattandosi di mandato in esclusiva con il Credito Italiano, i proventi erano soggetti a ritenute d’acconto ed erano notevolmente diminuiti per il crollo della borsa, e che l’autovettura era stata acquistata nell’anno 1998 in leasing con conseguente diminuzione del valore a seguito dell’ammortamento”.

Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, notificato in data 27 ottobre 2011, affidato a sei motivi di ricorso.

Con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “nullità della sentenza di appello perchè non si…(era)… pronunciata in merito all’eccezione relativa all’omessa motivazione dell’avviso di accertamento” con violazione dell’art. 112 c.p.c..

Con il secondo motivo ha denunciato “violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e del D.P.R. n. 2, art. 56, in relazione all’art 360, comma 1, n. 3”, per avere la sentenza di appello ritenuto sufficiente la motivazione dell’avviso di accertamento nonostante avesse recepito “acritica mente le risultanze dei parametri”.

Con il terzo motivo ha denunciato “violazione e falsa applicazione della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 181 e ss., nonchè degli artt. 2697 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè la sentenza di appello…(aveva)… attribuito al contribuente l’onere della prova senza verificare se l’Ufficio avesse assolto il proprio, dimostrando l’applicabilità dei parametri al caso concreto e adducendo ulteriori elementi di prova a conferma della propria pretesa”.

Con il quarto motivo ha denunciato “violazione e falsa applicazione della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 181 e ss., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c., alla luce dei principi enunciati dalle sezioni Unite della Corte di Cassazione con le sentt. nn. 26635, 26636, 26637 e 26638 del 18 dicembre 2009, poichè la sentenza di appello si…(era)… limita(ta) ad applicare le risultanze dei parametri, ritenendole insindacabili e non vagliandole alla luce delle considerazioni svolte dal contribuente”.

Con il quinto motivo ha denunciato “omessa motivazione circa un punto di fatto decisivo per la controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè la sentenza di appello non…(aveva)… fornito alcuna motivazione in merito che alla natura esclusiva del rapporto tra il contribuente e il Credito Italiano s.p.a. e al fatto che tutti i compensi da questo erogati fossero soggetti a ritenuta”.

Con il sesto motivo ha denunciato insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto di fatto decisivo per la controversia “poichè la sentenza di appello non…(aveva)… spiegato adeguatamente le ragioni per le quali la dimostrata crisi finanziaria non avrebbe avuto alcun effetto sull’attività del contribuente”.

L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. E’ infondato il primo motivo di ricorso.

1.2. Il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia, da parte della CTR, relativamente al motivo di appello con cui aveva chiesto, in riforma della sentenza di primo grado, di dichiarare la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per non avere l’Ufficio finanziario “esplicitato le ragioni per le quali…(aveva)… ritenuto di non condividere le circostanze esimenti addotte dal contribuente, come il contratto di locazione finanziaria del bene strumentale (autovettura) e soprattutto l’invocata crisi settoriale e i particolari vincoli contrattuali regolanti lo svolgimento della sua attività …(essendosi)… limitato, con motivazione meramente di stile, a riportare nell’atto impositivo le risultanze dello strumento statistico”.

1.3. Sul punto, la CTR, nella sentenza impugnata, ha affermato che, in sede di contraddittorio con il contribuente, quest’ultimo aveva unicamente contestato “il metodo di valutazione dei beni strumentali”, avendo poi, solo in sede di ricorso, dedotto “la carenza di introiti e la insussistenza di redditi alle difficoltà operative conseguenti a crisi del mercato finanziario”.

1.4. Ne consegue che il suddetto motivo di appello deve ritenersi essere stato implicitamente respinto dalla CTR, che ha poi esaminato nel merito le suddette circostanze fattuali al fine di verificare la legittimità dell’accertamento nei confronti del contribuente.

2.1. La seconda censura è infondata.

2.2. Il ricorrente lamenta l’omessa motivazione della CTR in merito alla doglianza circa la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, sostenendo che l’Ufficio avrebbe applicato “i parametri in modo automatico, con una motivazione di mero stile e senza esplicitare le ragioni per le quali…(aveva)… ritenuto di non condividere le circostanze esimenti addotte dal contribuente, come il fatto che i parametri determinino i ricavi in funzione del “costo storico” anzichè del valore attuale ed effettivo (cioè ammortizzato) dei beni strumentali (in particolare l’autovettura) o l’invocata crisi settoriale o, infine, i particolari vincoli contrattuali regolanti lo svolgimento della specifica attività”, deducendo altresì di aver depositato allo scopo “in sede di contraddittorio pre-accertamento… due memorie istruttorie”.

2.3. Orbene, la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, atteso che, come dianzi illustrato, la CTR ha affermato che in sede di contraddittorio il contribuente aveva contestato unicamente “il metodo di valutazione dei beni strumentali”, ed ha altresì ritenuto “che l’incidenza del valore dell’automezzo sull’ammontare dei ricavi presunti non costituisce un fatto inerente all’applicabilità dei parametri nella fattispecie concreta, ma un elemento insito nella tabella degli indicatori normativamente predisposti e, conseguentemente, insindacabile”.

3.1. Sono infondati anche il terzo ed il quarto motivo di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente, in quanto strettamente connessi.

3.2. I parametri o studi di settore previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi da 181 a 187, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39,comma 1, lett. d, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, in quella contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 10242/2017, 3415/2015).

3.3. Tanto premesso in punto di diritto, va rilevato come la CTR – con apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità – abbia, nel merito, escluso che il contribuente abbia fornito prova idonea a vincere la presunzione legale, ritenendo, come si è detto, che l’incidenza del valore dell’automezzo sull’ammontare dei ricavi presunti non costituisse “un fatto inerente alla applicabilità dei parametri nella fattispecie concreta, ma un elemento insito nella tabella degli indicatori normativamente predisposti e, conseguentemente, insindacabile”, e che la crisi del mercato finanziario costituisse parimenti solo un “elemento generico e generalizzato”, senza alcuna “prova che tale fatto…(avesse)… sostanzialmente inciso sull’attività di intermediazione dell’operatore”.

4.1. Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente lamenta omessa motivazione della CTR “in merito alla natura esclusiva del rapporto tra il contribuente e il Credito Italiano e al fatto che tutti i compensi da questo erogati fossero soggetti a ritenuta”, deducendo che in base al contratto il promotore finanziario non poteva lavorare per più soggetti.

4.2. La censura risulta in primo luogo inammissibile, non avendo il ricorrente specificato, in ossequio al principio di autosufficienza, la sede in cui il contratto di mandato tra lo stesso ed il Credito Italiano era rinvenibile (fascicolo d’ufficio o di parte).

4.3. Le doglianze, comunque, risultano anche infondate atteso che l’esclusività del rapporto professionale non costituisce in ogni caso, per se sola, un fattore idoneo a giustificare lo scostamento rispetto ai dati risultanti dallo studio di settore applicato.

5.1. Parimenti infondato è il sesto motivo di ricorso avendo la CTR espressamente rimarcato che la parte non aveva validamente contestato gli studi di settore con riferimento alla crisi di settore, individuandone l’incidenza sulla propria attività.

5.2. La censura sostanzialmente sollecita, quindi, una rivalutazione nel merito inammissibile in sede di legittimità, non illustrando peraltro alcun concreto ed idoneo elemento a difesa (tali non potendo ritenersi i prospetti redatti dallo stesso ricorrente “sulla base delle pubblicazioni della stampa specializzata”) che sarebbe stato pretermesso o trascurato dalla CTR.

6. In conclusione il ricorso va integralmente rigettato.

7. Nulla sulla spese stante la mancanza di difese dell’Agenzia delle

Entrate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, il 12 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2018

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