Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32420 del 11/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/12/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 11/12/2019), n.32420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19374-2017 proposto da:

FONDAZIONE TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato MARAZZA

MAURIZIO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MARAZZA MARCO, DE FEO DOMENICO;

– ricorrente –

contro

D.M.M., DE.CE.BA., C.P.,

CA.FR., B.C., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato SORRENTINO GIUSEPPE RAFFAELE;

– controricorrenti –

e contro

R.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA

DONIGI 57 presso lo studio dell’avvocato LUCENTE PIERFRANCESCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato SCROCCA EUGENIO;

– controricorrente –

e contro

CI.AL., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 57 presso lo studio dell’avvocato LUCENTE PIERFRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SCROCCA EUGENIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1472/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata l’01/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DORONZO

ADRIANA.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – B.C. e altri lavoratori hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma chiedendo che fosse dichiarata la nullità del termine apposto ai contratti di lavoro a tempo determinato da ciascuno di essi stipulati con la Fondazione e la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, oltre al risarcimento dei danni;

il Tribunale ha rigettato la domanda, ritenendo inapplicabile alle fondazioni lirico-sinfoniche il meccanismo della conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato;

1.2.- su appello dei lavoratori, la Corte d’appello di Roma ha riformato la sentenza e ha dichiarato la nullità dei termini apposti ai contratti stipulati tra le parti, con la conseguente conversione dei rapporti di lavoro dalle seguenti date: dal 30/9/1998 per la B. e la Ca.; dal 1/1/2000 per C.; dal 1/6/1998 per De.Ce.; dal 1/7/1998 per D.M.; dal 21/3/2006 per R.; dal 3/1/2008 per Ci.; ha inoltre condannato la Fondazione al pagamento di un’indennità onnicomprensiva pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ciascuno degli appellanti;

1.3.- a fondamento del decisum, la Corte territoriale ha rilevato che tutti i contratti a tempo determinato prodotti in giudizio recavano, quale causa giustificativa, “una serie specifica di spettacoli” e nel contempo prevedevano la possibilità di utilizzazione dei lavoratori, quali maschere, per rappresentazioni diverse ed ulteriori, non previste nella programmazione ufficiale al momento della sottoscrizione; ha quindi ritenuto che questa causale fosse priva del requisito di specificità sia in difetto del carattere temporaneo delle esigenze del datore di lavoro e della riconducibilità delle prestazioni ad una specifica ragione organizzativa o produttiva, sia in considerazione della possibilità di utilizzare il lavoratore in qualsiasi futura manifestazione inserita nella programmazione della Fondazione;

1.4. – contro la sentenza la Fondazione Teatro Dell’opera ha proposto ricorso per cassazione sulla base dei motivi che di seguito si illustrano; gli intimati hanno resistito con controricorso;

1.5. – la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata;

1.6. – la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. – con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la Fondazione denuncia la violazione degli artt. 346,414 e 112 c.p.c.: assume che, nonostante l’espressa eccezione formulata, la Corte d’appello aveva esaminato nel merito le doglianze degli appellanti nonostante che il loro ricorso fosse limitato a censurare la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto inammissibile la domanda di conversione;

2.- con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la Fondazione denuncia la “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 595, (legge finanziaria 2006), della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 392, (legge finanziaria 2008) e del D.L. n. 64 del 2010, art. 3, comma 5, convertito in legge dalla L. 29 giugno 2010, n. 100, art. 1, comma 1: assume che, con riferimento ai periodi di efficacia dei contratti dichiarati nulli, le norme indicate impedivano la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in virtù del cosiddetto blocco delle assunzioni operante sia con riguardo alle assunzioni in via amministrativa sia con riguardo alla costituzione giudiziale dei rapporti di lavoro;

3. – con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione del D.L. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19, convertito nella L. n. 112 del 2013”: osserva che in forza di detta norma le assunzioni di personale con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso le fondazioni lirico sinfoniche dovevano avvenire solo a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche;

4. – con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 5 e 4, in relazione agli artt. 115,116 e 132 c.p.c., la Fondazione denuncia l’omesso esame di un fatto oggetto di discussione tra le parti, nonchè l’assenza testuale di motivazione; sostiene che, con riferimento alle posizioni di C., De.Ce. e D.M., la Corte territoriale avrebbe dichiarato la nullità di contratti mai dedotti in giudizio e mai sottoscritti dalle parti; in particolare, tanto il D.M., quanto la De.Ce. e la C. non avevano mai sottoscritto contratti con la decorrenza indicata in sentenza (rispettivamente, il 1/7/2008, il 1/6/1998 ed il 1/1/2000), e le causali in essi indicati, contrariamente a quanto asserito in sentenza, erano diverse;

5. – con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la Fondazione denuncia la “violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 1, lett. e), nonchè del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1); assume che i contratti rispondevano ai requisiti previsti dalla norma indicata: in particolare, essi specificavano l'”oggettiva esigenza concreta di produzione di uno o più specifici spettacoli, circoscritti in un ambito temporale determinato e coincidente con la durata degli spettacoli medesimi”, laddove la necessità diretta che deve connotare la prestazione dei lavoratori a termine doveva ritenersi insita nella limitazione per gli enti lirici di procedere liberamente alle assunzioni a tempo indeterminato in ragione dei vincoli di bilancio, unitamente con le esigenze produttive legate alla notevole mole di rappresentazioni operistiche poste in cartellone; tali ragioni valevano a più forte ragione per i contratti disciplinati dal D.Lgs. n. 368 del 2001, il quale consente l’apposizione del termine quando ricorrano ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo “anche se riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro”;

6. il primo motivo è inammissibile;

la sentenza impugnata non fa cenno all’eccezione di genericità dell’appello e di mancanza di doglianze mosse dai lavoratori con riguardo alla nullità dei contratti a termine, che la Fondazione assume di aver sollevato nelle sue memorie di costituzione in quel giudizio: in mancanza di ciò, era onere della ricorrente, in ossequio al principio di specificità del ricorso per cassazione, riportare nei suoi esatti termini l’eccezione proposta, il modo ed il tempo della sua deduzione (Cass. 04/03/2013, n. 5344Cass. 09/08/2018, n. 20694; Cass. 13/11/2018, n. 29093);

6.1.- se infatti è vero che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un “error in procedendo”, è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, ciò nondimeno, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (Cass. 02/02/2017, n. 2771; Cass. Sez. Un. 22/5/2012, n. 8077);

6.2. – deve aggiungersi, per completezza, che la devoluzione al giudice dell’appello della questione relativa alla convertibilità dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato implica necessariamente la devoluzione della questione presupposta, ossia la nullità del contratto: il vizio di extra-petizione ricorre solo quando la pronuncia alteri la corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato e non anche quando il giudice, senza superare il limite fissato dalle parti relativamente ai fatti costituenti il presupposto della pretesa, attribuisca alla domanda un fondamento giuridico diverso da quello ravvisato dal giudice di primo grado; in particolare, non incorre in extra-petizione il giudice d’ appello se procede alla valutazione di profili giuridici che, pur riferendosi alle questioni sottoposte alla sua cognizione, non risultino espressamente contemplate nei motivi d’impugnazione e ciò in quanto la ricerca e l’applicazione della norma astratta al caso concreto rientrano nei suoi compiti istituzionali (Cass. 27/02/1970, n. 496);

7. – il secondo e il terzo motivo sono manifestamente infondati alla luce dei precedenti di questa Corte, – ai quali intende darsi qui continuità (da ultimo, Cass. 14/5/2019, n. 12776; v. pure Cass. 20/4/2018, n. 9896; Cass. 17/10/2018, n. 25959; Cass. 28/9/2016, n. 19189; Cass. 20 marzo 2014, n. 6547; coni. pure Cass. n. 10924 del 2014) -, enunciati in materia di blocco delle assunzioni, di cui alle leggi finanziarie del 2006 e del 2007, trattandosi di norme esterne alla fattispecie dedotta in giudizio, siccome riguardanti il funzionamento e l’autorganizzazione del datore di lavoro che, pur potendo incidere indirettamente sulla esistenza del rapporto di lavoro invocata dal privato, non possono far degradarne la posizione di diritto soggettivo sorta in conseguenza di atti di gestione del rapporto di tipo privatistico (cfr., Cass. Sez.Un. 894 del 1999) e non potendo, dunque, incidere sulla decisione giurisdizionale che intervenga in seguito all’entrata in vigore della disposizione normativa considerata;

7.1. – questa conclusione risulta ora imposta dalla interpretazione della normativa considerata resa dalla Corte di giustizia nella causa Sciotto (Corte di giust. 25 ottobre 2018, causa C-331/17) dalla necessità di evitare gravi disparità di trattamento anche alla luce della dottrina Milkova (V. Corte Giust. 9 marzo 2017, Causa C- 406/15, Milkova) dovendo scongiurarsi il rischio che la distinzione operata da una normativa nazionale tra i lavoratori subordinati a tempo determinato alle dipendenze di un qualsiasi datore di lavoro privato e quelli che svolgano le medesime mansioni alle dipendenze di una Fondazione lirica, non risulti adeguata al fine perseguito da tale normativa (Cass. n. 12776/2019, cit.);

7.2.- altrettanto infondata è la tesi difensiva della Fondazione secondo cui la conversione del contratto sarebbe impedita dal D.L. n. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19, che prevede per il personale in esame le assunzioni per concorso, in quanto la circostanza che le assunzioni a tempo indeterminato di personale artistico avvengano di norma per concorso pubblico (disposizione ben diversa da quella di cui all’art. 97 Cost.) non pone limitazioni al giudice in caso di accertata sussistenza dei presupposti per la conversione del rapporto a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato (Cass. n. 9896/2018, cit.; Cass. 9 gennaio 2017, n. 208);

7.3.- sul punto, deve darsi atto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 260 del 11 dicembre 2015, condividendo la ricostruzione del quadro normativo compiuto da questa Corte, ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 40, comma 1-bis, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, art. 1, comma 1, nella parte in cui prevede che il D.L. 30 aprile 2010, n. 64l, art. 3, comma 6, primo periodo, convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della L. 29 giugno 2010, n. 100, si interpreta nel senso che alle fondazioni lirico-sinfoniche, fin dalla loro trasformazione in soggetti di diritto privato, non si applicano le disposizioni di legge che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine”;

7.4. – aggiunge la sentenza n. 260 del 2015 che “con riguardo ai lavoratori dello spettacolo, la Corte di giustizia ha valorizzato il ruolo della “ragione obiettiva” come mezzo adeguato a prevenire gli abusi nella stipulazione dei contratti a tempo determinato e come punto di equilibrio tra il diritto dei lavoratori alla stabilità dell’impiego e le irriducibili peculiarità del settore (sentenza 26 febbraio 2015, nella causa C-238/14, Commissione contro Granducato di Lussemburgo, che riprende le affermazioni della sentenza della Corte di giustizia, 26 novembre 2014, nelle cause riunite C-22/13 e da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri)”;

7.5. – questi principi valgono a respingere i motivi di ricorso in esame non potendosi attribuire rilievo ad una norma (D.L. n. 91 del 2013, art. 11, comma 19), che secondo la stessa Corte costituzionale è “antesignana” dell’art. 40, dichiarato poi illegittimo e che, in mancanza di una diversa indicazione normativa, non può avere effetto che per l’avvenire (art. 11 preleggi);

8. – il quarto motivo di ricorso è solo in parte fondato;

il rilievo che i contratti stipulati dalla D.C. e dalla C. avevano una causale diversa da quella indicata nel contratto stipulato dalla R. non è conferente con la decisione impugnata la quale, con riferimento alle causali apposte ai contratti, le ha ritenute “similari” non già perchè riferite ad una stessa rappresentazione teatrale, ma perchè tutte facenti riferimento alla possibilità di impiego dei lavoratori ad ulteriori e diverse manifestazioni, non previamente specificate nel contratto; si tratta, dunque, di un rilievo, che in quanto privo di decisività, non inficia la validità e la correttezza della decisione;

8.1. – il motivo è invece fondato con riguardo alle date di inizio dei rapporti di lavoro erroneamente indicate in sentenza, la quale, pertanto, deve essere corretta: risulta, invero, dai contratti trascritti il ricorso – senza che sul punto vi sia stata contestazione ex adverso – che il rapporto di lavoro tra la Fondazione e la D.C. è iniziato il 5 agosto 1998, mentre quello con la C. ha avuto inizio il 1 aprile 2000; quanto alla posizione del D.M., il motivo difetta di autosufficienza, non avendo la parte riportato il contratto nè il ricorso introduttivo del giudizio sicchè l’affermazione riportata sentenza non risulta adeguatamente t specificamente censurata, ove peraltro si consideri che nel controricorso del D.M. l’inizio della attività di lavoro viene fatta risalire al 1998 (v. pag. 11 del controricorso);

9. – anche il quinto motivo è manifestamente infondato;

conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, i giudici romani hanno ritenuto che il richiamo all’esigenza di produrre determinati programmi o spettacoli, ancorchè nominativamente indicati, non è sufficiente al rispetto del principio di specificità, risolvendosi in una clausola di stile che riproduce la formula legislativa, senza evidenziare nè quale sia l’effettiva e obiettiva esigenza che ha giustificato il ricorso all’assunzione a termine – essendo evidente che la produzione di programmi e spettacoli che si succedono nel tempo costituisce una stabile e ineliminabile finalità aziendale- nè il nesso tra le esigenze in questione la specifica assunzione del singolo lavoratore, di cui non è stato nemmeno dedotto il possesso di competenze professionali non sostituibili con le prestazioni del personale stabilmente alle dipendenze dell’azienda;

9.1. – questo giudizio si pone in linea con il consolidato orientamento di questa Corte, che ha affermato, con riferimento all’ipotesi prevista dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. e) – che, nel testo sostituito dalla L. 23 maggio 1977, n. 266, consente l’assunzione a termine di personale per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, con disposizione poi riprodotta negli stessi termini nel D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, comma 7, lett. c), nel testo applicabile ratione temporis – che “il prescritto requisito della specificità esige che le caratteristiche oggettive dello spettacolo o del programma richiedano un apporto peculiare e temporaneo, che non possa essere fornito dal personale assunto in pianta stabile; pertanto, va esclusa la liceità dell’apposizione del termine nell’ipotesi di mera individuazione nel contratto dello spettacolo o del programma per la cui realizzazione il dipendente sia assunto, senza alcuna specificazione circa la natura e lo scopo di essi e prescindendo dalla temporaneità delle esigenze che rendono necessaria l’assunzione” (Cass. 11 dicembre 2012, n. 22657, ed ivi ulteriori richiami; Cass. 24 gennaio 2000, n. 774; Cass. 14 settembre 2012, n. 15455; Cass. 21 agosto 2015, n. 17064; v. pure Cass. n. 12776/2019, cit.);

9.2. – la Corte romana, con congrua e logica motivazione, si è attenuta ai suindicati principi avendo ritenuto che i contratti a termine in questione, contenenti oltre alla indicazione degli spettacoli cui il lavoratore avrebbe dovuto collaborare la possibilità di un loro impiego in altri spettacoli, anche non previsti in cartellone, non rispetta quella specificità della causale di assunzione richiesta sia dalla L. n. 230 del 1960 sia dal D.Lgs. n. 368 del 2001, risultando così illegittimi (cfr. Cass. 6 febbraio 2016, n. 2331);

10. in conclusione il ricorso deve essere accolto limitatamente al quarto motivo, nei sensi su indicati, la sentenza cassata in parte qua e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decisa nel merito dichiarando costituito un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra la Fondazione e D.C.B. dal 5/8/1998 e tra la medesima Fondazione e C.P. dal 1/4/2000; il parziale accoglimento del ricorso induce a compensare tra le parti le spese del presente giudizio, ferma restando la regolamentazione delle spese tra le parti data nel giudizio d’appello;

10.1. – la Fondazione deve invece essere condannata al pagamento, in favore degli altri controricorrenti, delle spese del presente giudizio, in applicazione del principio della soccombenza e nella misura liquidata in dispositivo, in cui si è tenuto conto della pluralità di parti rappresentate dall’avvocato Sorrentino e della identità delle difese svolte in favore degli altri controricorrenti;

10.2. – il sia pur parziale accoglimento del ricorso esclude di ravvisare i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La corte accoglie il quarto motivo ricorso nei limiti di cui in motivazione, rigettati gli altri; dichiara costituito un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra la Fondazione e De.Ce.Ba. dal 5 agosto 1998 e tra la Fondazione e Patrizia C. dal 1/4/2000; compensa tra le dette parti le spese del presente giudizio;

condanna la Fondazione al pagamento, in favore degli altri controricorrenti, delle spese del presente giudizio, che liquida per in Euro 4.000,00 per compensi e Euro 200,00 per i controricorrenti difesi dall’avv. Sorrentino ed in Euro 2.100,00 per ciascuno degli altri contro ricorrenti, oltre al 15/0 di rimborso forfettario delle spese generali e altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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