Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32409 del 11/12/2019

Cassazione civile sez. I, 11/12/2019, (ud. 18/10/2019, dep. 11/12/2019), n.32409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4552/2018 proposto da:

P.C.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Pio

XI n. 13, presso lo studio dell’avvocato Croce Vincenzo,

rappresentato e difeso dall’avvocato Trussardi Roberto, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Sistina n.

42, presso lo studio dell’avvocato Giorgianni Francesco, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Galizia Danovi Anna,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Ufficio del Pubblico Ministero, presso la Procura Generale della

Repubblica presso la Corte di Appello di Milano;

– intimato –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il

06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Trussardi Roberto che ha chiesto

l’accoglimento;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Alessia Giorgianni, con

delega, che si riporta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto dell’8/28 febbraio 2017, il giudice tutelare del Tribunale di Milano: i) dichiarò estinto il procedimento di amministrazione di sostegno intrapreso dal Pubblico Ministero nei confronti di P.C.M., nel quale era intervenuto P.F., unico fratello del primo; ii) ritenne inammissibile la condanna del Pubblico Ministero alla rifusione delle spese del giudizio; iii) lasciò a definitivo carico di P.C.M. le spese dell’espletata c.t.u..

Avverso questo decreto P.C.M. ha proposto reclamo, ex art. 720-bis c.p.c., chiedendo, in applicazione del principio di soccombenza processuale di cui all’art. 91 c.p.c., la condanna del Pubblico Ministero e del terzo interveniente, in solido tra loro, o almeno di quest’ultimo, alla rifusione delle spese processuali e di quelle di c.t.u..

L’adita Corte di appello di Milano lo ha giudicato inammissibile, con provvedimento del 29 novembre/6 dicembre 2017, in cui, per quanto ancora di interesse, ha rimarcato la “natura di norma speciale, quindi eccezionale” del rimedio ex art. 720-bis c.p.c., comma 2, rispetto a quello previsto dall’art. 739 c.p.c.; ha ritenuto che avverso l’impugnato decreto del giudice tutelare era proponibile il reclamo al tribunale, a norma dell’art. 739 c.p.c.; ha osservato che il rimedio del reclamo alla corte d’appello ex art. 720-bis c.p.c., è utilizzabile soltanto contro i decreti che dispongono l’apertura o la chiusura dell’amministrazione di sostegno, perchè aventi contenuto corrispondente alle sentenze pronunciate in materia di interdizione e di inabilitazione; ha precisato che il reclamo di P.C.M. aveva investito esclusivamente la regolamentazione delle spese processuali di quel procedimento e che il provvedimento impugnato, benchè di “natura definitoria (dichiara estinta la procedura)”, era inidoneo ad incidere sullo status del reclamante, esulando, pertanto, dalla tipologia dei provvedimenti cui doveva intendersi riferito l’art. 720-bis c.p.c..

Avverso questo provvedimento P.C.M. propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria, cui resiste, con controricorso, P.F.. La Procura Generale di Milano non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con la prospettata doglianza, rubricata “violazione e falsa applicazione degli artt. 720-bis e 739 c.p.c.”, il ricorrente assume che, contrariamente a quanto opinato dalla Corte distrettuale, il provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Milano non aveva natura ordinatoria ed amministrativa, bensì definitiva, quindi era reclamabile dinanzi alla Corte d’appello ex art. 720-bis c.p.c., avendo deciso sull’intera vicenda ivi puntualmente analizzata, sia in punto di richiesta di nomina dell’amministratore di sostegno, avendo dichiarato estinta la procedura attesa la rinuncia del Pubblico Ministero alla corrispondente domanda svolta, sia in punto di spese.

La censura è fondata per le ragioni che si illustreranno di seguito.

La giurisprudenza di legittimità, in tema di amministrazione di sostegno, distingue tra i provvedimenti di apertura e chiusura della procedura, assimilabili per loro natura alle sentenze emesse nei procedimenti d’interdizione ed inabilitazione, e quelli riguardanti le modalità di attuazione della tutela e la concreta gestione del patrimonio del beneficiario (ai quali riconduce i provvedimenti di designazione, revoca e sostituzione dell’amministratore, in quanto non incidenti sullo status o su diritti fondamentali del beneficiario), circoscrivendo ai primi, aventi carattere decisorio ed idonei ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus, la ricorribilità per cassazione che ha invece escluso per gli altri, trattandosi di provvedimenti modificabili e revocabili in base ad una rinnovata valutazione degli elementi acquisiti, con una portata ordinatoria ed amministrativa (cfr. Cass. n. 9839 e 5123 del 2018, n. 22693 del 2017, n. 2985 del 2016, n. 4701 del 2015, n. 13747 e 10187 del 2011).

Questo paradigma, elaborato evidentemente per delineare l’ambito della ricorribilità per cassazione dei provvedimenti diversi dalle sentenze – quali sono quelli adottati dalla corte d’appello nella materia in esame, a norma dell’art. 720-bis c.p.c., comma 3, è stato impropriamente seguito dalla Corte territoriale per giudicare inammissibile il reclamo avverso il provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Milano che aveva dichiarato estinto il procedimento di amministrazione di sostegno e provveduto sulle spese. E’ un esito che, sebbene seguito da alcune pronunce di questa Corte (n. 32071 del 2018, n. 784 del 2017), non può condividersi.

Ed infatti l’art. 720-bis c.p.c., comma 2, prevede espressamente che contro i decreti del giudice tutelare “in materia di amministrazione di sostegno” il reclamo sia proposto non dinanzi al tribunale, bensì alla corte d’appello, disposizione che, pertanto, prevale, avendo carattere speciale, su quella generale risultante dall’art. 739 c.p.c. e art. 45 disp. att. c.c. (cfr. Cass. n. 18634 del 2012, che ha cassato il decreto della corte d’appello che aveva dichiarato inammissibile il reclamo, sul presupposto che fosse proponibile al tribunale, contro il decreto del giudice tutelare di rigetto dell’istanza di nomina dell’amministratore di sostegno). Con la disposizione in esame (art. 720-bis, comma 2), che nella sua chiarezza è insuscettibile di una diversa interpretazione, il legislatore ha inteso concentrare presso la corte d’appello le impugnazioni avverso i provvedimenti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno, senza necessità di dover indagare sulla natura (decisoria o ordinatoria) dei relativi provvedimenti, diversamente da quanto accade ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, rispetto al quale viene in rilievo la diversa tematica riguardante l’interpretazione dell’art. 111 c.c., comma 7, in relazione all’art. 720-bis c.p.c., comma 3.

E tuttavia, perchè il ricorso per cassazione in esame possa essere accolto sulla base delle suddette valutazioni, avendo il provvedimento qui impugnato erroneamente dichiarato inammissibile il reclamo, si deve valutare prioritariamente se esso sia ammissibile. Tale valutazione è positiva sulla base di una duplice considerazione.

In primo luogo, l’art. 720-bis c.p.c., comma 3, prevede testualmente che “contro il decreto della corte d’appello pronunciato ai sensi del comma 2, può essere proposto ricorso per cassazione”. E’ questa una disposizione con la quale il legislatore ha dato attuazione alla regola costituzionale della proponibilità del ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, all’esito di una valutazione legale-tipica che, nella specifica materia in esame, esonera questa Corte dalla valutazione del carattere decisorio e definitivo del provvedimento impugnato (diversamente opinando, la suddetta disposizione sarebbe inutile se la proponibilità del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti della corte d’appello, in materia di amministrazione di sostegno, dipendesse da una valutazione caso per caso della natura dei provvedimenti impugnati).

In secondo luogo, il provvedimento con cui la Corte milanese ha dichiarato estinto il procedimento è comunque assimilabile ad un provvedimento di chiusura della procedura di amministrazione di sostegno, in relazione al quale la sopra richiamata giurisprudenza di legittimità ammette la ricorribilità per cassazione. Nè rileva che con il ricorso in esame sia impugnata direttamente la decisione sulle spese del giudizio dinanzi al giudice tutelare (destinata altrimenti a stabilizzarsi a seguito dell’inammissibilità del reclamo pronunciata dalla Corte territoriale) e del giudizio di reclamo, trattandosi di provvedimento accessorio e intrinsecamente decisorio, in quanto suscettibile di arrecare pregiudizio alle parti.

In conclusione, in accoglimento del ricorso, l’ordinanza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2019

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