Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3240 del 10/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 10/02/2011, (ud. 18/01/2011, dep. 10/02/2011), n.3240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, BIONDI GIOVANNA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2,

presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, A.S.L. AZIENDA SANITARIA

LOCALE DI BERGAMO;

– intimati –

e sul ricorso 31294-2007 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

A.S.L. – AZIENDA SANITARIA LOCALE DI BERGAMO, S.D.;

– intimati –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, BIONDI GIOVANNA, PULLI CLEMENTINA, giusta

delega in calce alla copia notificata del controricorso e ricorso

incidentale;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 327/2007 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 07/08/2007 R.G.N. 452/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/01/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento di

entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Brescia, in riforma di decisione del Tribunale di Bergamo, ha affermato il diritto di S.D., gia’ titolare di rendita INAIL per infortunio, alla corresponsione (anche) dell’assegno di invalidita’ civile, interpretando la L. n. 407 del 1990, art. 3 nel senso della cumulabilita’ dei due trattamenti allorquando – come nel caso concreto – gli eventi menomativi della capacita’ di lavoro che hanno dato luogo alla rendita siano diversi dalle infermita’ considerate rilevanti dalla competente Commissione medica ai fini dell’attribuzione dei benefici economici per l’invalidita’ civile.

L’INPS chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso affidato a un unico motivo.

Resistono con controricorso S.D. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale propone, a sua volta, ricorso incidentale, affidato a due motivi.

Rispetto al ricorso incidentale l’INPS ha depositato la procura speciale ai propri difensori.

La ASL – Azienda sanitaria Locale di Bergamo, rimasta contumace nei giudizi merito, non ha svolto, anche in questa sede, attivita’ difensiva.

La parte privata ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso dell’INPS e quello proposto in via incidentale dal Ministero devono essere riuniti (art. 335 c.p.c.).

2. nell’unico motivo l’INPS deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 407 del 1990, art. 3, comma 1, come integrato dalla L. n. 412 del 1991, art. 12 (art. 360 c.p.c., n. 3) e sostiene che priva di ogni appiglio normativo e’ la tesi della Corte di merito, secondo cui e’ consentito cumulare l’assegno di invalidita’ civile con la rendita INAIL nel caso in cui l’evento invalidante che ha dato luogo alla liquidazione della rendita sia diverso da quello fatto valere per il riconoscimento del diritto all’assegno.

3. A sua volta, nel primo motivo del suo ricorso incidentale, il Ministero dell’Economia e Finanze deduce violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 42 (convertito nella L. n. 326 del 2003), censurando la sentenza impugnata per averlo condannato, in solido con l’INPS, al pagamento delle spese del doppio grado di merito.

4. Nel secondo motivo, con denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. ribadisce che solo l’INPS e’ titolare dal lato passivo del diritto controverso e, dunque, solo l’INPS puo’ risultare soccombente nei giudizi concernenti il suo riconoscimento.

5. Il ricorso dell’INPS e’ fondato.

6. la L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 3, comma 1, come integrato dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12 sancisce testualmente: “Le prestazioni pensionistiche eroga/e dal Ministero dell’interno, con esclusione di quelle erogate ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali, non sono compatibili con prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidita’ contratte per causa di guerra, di lavoro o di servizio, nonche’ con le pensioni dirette di invalidita’ a qualsiasi titolo erogate dall’assicurazione generale obbligatoria per invalidita’, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, dalle gestioni pensionistiche per i lavoratori autonomi e da ogni altra gestione pensionistica per i lavoratori dipendenti avente carattere obbligatorio. E’ comunque data facolta’ all’interessato di optare per il trattamento economico piu’ favorevole”.

Il successivo comma 1 bis – introdotto dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12 cit. – stabilisce, a sua volta, che: “Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai i cittadini che abbiano conseguito le prestazioni pensionistiche per i minorati civili erogate dal Ministero dell’interno alla data del 10 gennaio 1992”.

7. Ritiene la Corte che la formulazione letterale della disposizione in esame e la ratio che giustifica le diverse articolazioni in cui essa si struttura non consentano di condividere il risultato interpretativo cui e’ pervenuta la sentenza impugnata.

8. Il testo normativo e’, invero, inequivoco nell’affermare l’incompatibilita’ delle prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell’Interno con prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidita’ contratte per causa di guerra, ovvero (come nel caso della rendita vitalizia erogata dall’INAIL) contratte per causa di lavoro o di servizio, nonche’ con le pensioni dirette di invalidita’ a qualsiasi titolo erogate dalle gestioni previdenziali obbligatorie dei lavoratori dipendenti ed autonomi. Fanno eccezione alla regola – e sono, dunque, cumulabili le prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali.

9. Ne consegue che, mentre vanno senz’altro escluse dal novero delle prestazioni assistenziali incompatibili la pensione di inabilita’ erogata agli invalidi civili totali ai sensi della L. n. 118 del 1971, art. 12 la pensione non reversibile spettante ai ciechi civili di cui alla L. n. 382 del 1970, art. 1 nonche’ l’assegno mensile di assistenza per i sordomuti di cui alla L. n. 381 del 1970, art. 1 (poi definito pensione non reversibile dal D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies convertito nella L. n. 33 del 1980), ricade, invece, nella previsione di incompatibilita’ (e, percio’ stesso di incumulabilita’) l’assegno mensile di assistenza previsto per i soggetti solo parzialmente invalidi, del quale si discute nella presente controversia.

10. In realta’, il ragionamento della Corte di merito muove dal presupposto che anche alle prestazioni di invalidita’ civile sia riferibile la previsione della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 43, norma che e’ stata interpretata dalla giurisprudenza di legittimita’ nel senso di consentire il cumulo tra la rendita vitalizia liquidata a norma del D.P.R. n. 1124 del 1965 e le pensioni di inabilita’ di reversibilita’ ovvero l’assegno ordinano di invalidita’ liquidati a carico dell’assicurazione generale obbligatoria in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando sia diverso l’evento invalidante rilevante per l’una e per le altre prestazioni.

11. Ma si tratta di una conclusione non condivisibile non solo per l’esplicito dato testuale della L. n. 407 del 1990, art. 3 sopra citata, che prescinde da qualsiasi “distinguo” in ordine alla identita’ o meno degli eventi invalidanti, ma anche per la non comparabilita’ delle situazioni rispettivamente regolamentate, ove si consideri che la L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 43 e’ volto a disciplinare una fattispecie di incompatibilita’ con prestazioni di invalidita’ – quelle per i lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria – alla cui erogazione e’ sotteso il versamento di contributi (da parte del datore di lavoro e degli stessi lavoratori), mentre la fattispecie di incompatibilita’ cui fa riferimento il ripetuto L. n. 407 del 1990, art. 3 riguarda provvidenze poste a totale carico dello Stato per fornire alla persona invalida, priva di mezzi di “sostentamento”, un minimo – ma solo quello – atto ad assicurarne la sopravvivenza.

12. E, in effetti, la garanzia costituzionale (art. 38 Cost., comma 2) del diritto all’assistenza e’ garanzia di minimi e, come tale, ne consente – senza, tuttavia, imporre – la compatibilita’ con altre prestazioni. Coerentemente, compete al legislatore ordinario ogni scelta a tale proposito, anche in considerazione di comprensibili esigenze della finanza pubblica. Tra l’altro non puo’ non sottolinearsi come il regime di incompatibilita’ introdotto con la L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 3, comma 1, come integrato dalla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12 cit. non solo salvaguarda, in via transitoria, i diritti quesiti, ma, a tutela dei soggetti che vi sono coinvolti, riconosce loro la facolta’ di optare per il trattamento economico piu’ favorevole; si che, per le ragioni gia’ esposte e per questi ultimi rilievi che evidenziano l’assenza di una identita’ di rado tra le situazioni considerate dalle norme sopra citate, deve escludersi la possibilita’ di una interpretazione estensiva o, comunque, analogica, della previsione della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 43, che ne comporti l’applicazione al caso controverso, come pure la incostituzionalita’ della L. n. 407 del 1990, art. 3 prospettata dalla parte privata resistente con riferimento ai precetti di cui agli artt. 3 e 38 Cost..

13. Deve, da ultimo, rilevarsi che, contrariamente a quanto sostiene la stessa parte privata resistente, il ripetuto regime di incompatibilita’ non comporta la irriconoscibilita’ del diritto ai trattamenti assistenziali dichiarati incompatibili, ma soltanto il divieto di beneficiarne in cumulo con le prestazioni dalla legge espressamente e specificamente indicate (tra le quali la rendita INAIL in quanto prestazione a carattere diretto concessa a seguito di invalidita’ contratte a causa di lavoro). Ma, nella specie, questione controversa tra le parti non era l’accertamento del diritto all’attribuzione dell’assegno di invalidita’ civile in luogo della rendita INAIL di cui incontestatamente, fruiva S.D., bensi’ l’accertamento del diritto del medesimo a fruire cumulativamente delle due prestazioni in ragione della diversita’ dell’evento invalidante che vi era sotteso.

14. In conclusione, il ricorso dell’INPS va accolto e la sentenza della Corte d’appello di Brescia va cassata, restando, per l’effetto, assorbito il ricorso incidentale dei Ministero dell’Economia e delle Finanze, concernente la liquidazione delle spese processuali, per essere venuta meno, ex art. 336 c.p.c., comma 1, la relativa statuizione, che dovra’ essere rinnovata (cfr., fra tante, Cass. n. 13428 del 2007, n. 19305 del 2005,n. 15998 del 2003, Sez. un. n. 10615 del 2003).

15. La causa, peraltro, puo’ essere decisa direttamente nel merito da questa Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (art. 384 c.p.c.), nel senso del rigetto della domanda proposta da S.D..

16. Si compensano tra le parti le spese dell’intero processo in considerazione dell’esito complessivo della lite e della novita’ della questione controversa.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, restando assorbito quello incidentale: cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 18 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2011

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