Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3240 del 09/02/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 09/02/2018, (ud. 18/01/2018, dep.09/02/2018),  n. 3240

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Milano nel giudizio di opposizione promosso da G.A. avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore dell’arch. F.L. per il pagamento delle competenze professionali maturate in relazione all’incarico svolto per conto dell’opponente, revocava il decreto opposto, riconoscendo in favore del ricorrente un credito di importo largamente inferiore a quello richiesto in via monitoria.

A seguito di appello proposto dal F., la Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 2163 del 31 maggio 2016 dichiarava inammissibile il gravame.

Rilevavano i giudici di appello che l’appellato si era costituito solo alla successiva udienza del 10/2/2016 contestando la validità della notifica effettuata a mezzo PEC dell’atto di appello, e deducendo di avere avuto conoscenza della proposizione dell’impugnazione solo in occasione della diversa procedura di correzione di errore materiale promossa dinanzi al Tribunale di Milano dallo stesso F., in quanto nel relativo ricorso si dava atto che avverso la sentenza era stato proposto anche appello.

Secondo la Corte distrettuale, laddove la notifica sia stata effettuata in via telematica, come accaduto nella fattispecie, la prova della regolarità impone la produzione in giudizio della copia analogica del documento informatico trasmesso in via telematica, e nella specie la riproduzione analogica dell’avviso di consegna esibita dal F. risultava difettosa, in quanto non erano riportati il testo del messaggio nè la rappresentazione grafica dei files allegati, ma solo la rappresentazione grafica della busta postale digitale (e-mail in formato msg o eml) e del file di dati di trasmissione (in formato xml).

Inoltre la ricevuta di consegna era a sua volta incompleta in quanto mancava l’apposizione di marche temporali agli atti allegati.

Tali vizi, secondo la sentenza, determinano quantomeno la nullità della notifica ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 11, norma che deve intendersi riferita anche alle notifiche a mezzo Pec, giusta il rinvio operato dall’art. 3 bis della stessa legge.

La nullità della notifica fa quindi venire meno la presunzione di conoscenza dell’atto notificato, ed inoltre, poichè l’appellato ha dimostrato di avere avuto conoscenza del processo aliunde (nell’ambito della procedura di correzione di errore materiale) la tardiva costituzione in giudizio di quest’ultimo non poteva avere efficacia sanante dell’invalidità, in quanto l’atto non aveva raggiunto il suo scopo.

In presenza di una notifica affetta da nullità non sanata nè più sanabile, l’appello andava dichiarato inammissibile.

F.L. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza sulla base di un motivo.

G.A. non ha svolto difese in questa fase.

L’unico motivo di ricorso denunzia la nullità della sentenza per la violazione degli artt. 137,164 e 156 c.p.c. nonchè delle previsioni di cui alla L. n. 53 del 1994, nella parte in cui la decisione d’appello ha ritenuto che la notifica telematica effettuata fosse affetta da nullità, escludendo poi che l’avvenuta costituzione dell’appellato avesse prodotto la sanatoria della contestata nullità ai sensi dell’art. 156 c.p.c.. Ritiene il Collegio che, in applicazione del principio della ragione più liquida, il ricorso debba essere accolto in relazione al profilo concernente la dedotta violazione dell’art. 156 c.p.c., senza esaminare la questione della validità o non della notifica dell’atto di appello.

Ed, infatti, la sentenza gravata ha incontestabilmente ritenuto che, sulla base della anomalie riscontrate in motivazione, la notifica telematica dell’appello fosse affetta da nullità, e non anche da giuridica inesistenza. Tale conclusione, volta ad escludere la ricorrenza di un’ipotesi di inesistenza, deve ritenersi peraltro in linea con quanto di recente ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 14916/2016 vale a dire che l’inesistenza della notificazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità.

Anche a voler ritenere quindi che fossero presenti alcune anomalie (mancata rappresentazione grafica dei files allegati, mancata indicazione del testo del messaggio nella copia analogica della ricevuta di consegna, mancata apposizione delle marche temporali agli atti allegati) le stesse non potrebbero che determinare al più la nullità della notifica.

Peraltro risulta pacifico che l’appellato, sebbene alla successiva udienza del 10/2/2016, si è costituito contestando l’invalidità della notifica ed assumendo che la conoscenza dell’appello sarebbe avvenuta aliunde, a seguito della proposizione di una richiesta di correzione di errore materiale dinanzi al Tribunale. La decisione gravata ha però escluso la possibilità di poter ricondurre effetto sanante a tale costituzione ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3 assumendo che, poichè la conoscenza della pendenza del procedimento di appello non era stata favorita dalla notifica, era da escludersi che fosse stato raggiunto lo scopo dell’atto.

Trattasi di affermazione che risulta evidentemente in contrasto con i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte.

Ed, invero, deve ribadirsi che (cfr. Cass. n. 4399/1997) poichè lo scopo della notificazione degli atti di “vocatio in ius” è quello di attuare il principio del contraddittorio, tale finalità è raggiunta con la costituzione in giudizio del destinatario dell’atto, rimanendo conseguentemente sanato con effetto “ex tunc” qualsiasi eventuale vizio della notificazione stessa (conf. Cass. n. 10495/2004).

Ne consegue che se lo scopo della notifica è sì quello di portare a conoscenza della controparte l’atto introduttivo del giudizio ovvero dell’impugnazione, come nel caso in esame, il fine ultimo è però quello di assicurare l’attuazione del contraddittorio, fine che deve reputarsi raggiunto mediante la costituzione in giudizio della controparte.

Pertanto, se come affermato in varie occasioni (cfr. Cass. n. 8777/1995) la sola conoscenza extraprocessuale dell’atto da parte del destinatario non determina la sanatoria del vizio di cui è affetta la notificazione, alla costituzione in giudizio deve comunque attribuirsi efficacia sanante, e con effetto ex tunc (cfr. da ultimo Cass. n. 4935/2016), ancorchè avvenga, come accaduto nel caso in esame, a seguito di una conoscenza che prescinda dall’esito della notifica, ed al solo scopo di far valere la nullità della notifica (cfr. Cass. n. 1676/2015).

L’affermata esclusione dell’effetto sanante a seguito della costituzione dell’appellato, che peraltro non risulta avere addotto contestazioni diverse da quelle della nullità della notifica, adducendo e provando altre specifiche limitazioni o compressioni del diritto di difesa (cfr. Cass. n. 10327/2014, a mente della quale la sola allegazione della nullità risulta in ogni caso sanata, ove la parte non si premuri di allegare lo specifico pregiudizio al diritto di difesa patito), deve quindi ritenersi erronea, con la conseguenza che, una volta ribadito l’effetto sanante della intervenuta costituzione, il giudice di appello non poteva pervenire alla declaratoria di inammissibilità del gravame (e ciò in disparte la considerazione per cui, ove anche si fosse escluso effetto sanante alla costituzione, la riconduzione della patologia della notifica al novero delle nullità, avrebbe dovuto comunque imporre al giudice di disporre la rinnovazione della notifica dell’atto di appello ex art. 291 c.p.c., attività che si rivela peraltro superflua, proprio in ragione della già avvenuta costituzione della controparte, a conferma quindi della correttezza del suesposto principio in termini di applicabilità dell’art. 156 c.p.c., comma 3).

La sentenza impugnata deve essere cassata e rinviata per un nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Milano.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2018

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